Nell’ambito dell’imposta registro, ai fini della qualificazione di una erogazione in denaro da parte di un socio, enunciata in un atto di scissione, come finanziamento, con conseguente applicazione dell’imposta in misura proporzionale (aliquota del 3%), è dirimente la modalità di contabilizzazione adoperata in concreto dalla società in seno al bilancio di esercizio, quale documento contabile atto a rendere opponibile ai terzi, tra cui l’Amministrazione finanziaria, l’operazione posta in essere.
Così si esprime la Corte di Cassazione con la pronuncia in oggetto (ed in termini sostanzialmente identici, in fatto ed in diritto, con l’ordinanza 6158/2020), in continuità con i principi espressi, e testualmente richiamati, dalla sentenza n. 6104/2020.
Una contribuente, socia di una S.r.l., veniva raggiunta da avviso di liquidazione per l’imposta di registro, avente ad oggetto l’imposizione in misura proporzionale di un finanziamento infruttifero iscritto nelle passività dell’ente partecipato, enunciato all’interno di un atto di scissione.
Impugnato il citato provvedimento impositivo, entrambi le corti di merito accoglievano le motivazioni della contribuente; in particolare, la C.T.R. competente riqualificava l’atto enunciato, rubricato testualmente quale conferimento, come aumento di capitale e non come finanziamento, escludendo pertanto l’applicazione dell’aliquota proporzionale.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva dunque in Cassazione, deducendo violazione dell’articolo 22, d.P.R. 131/1986, avendo il giudice di appello errato nel considerare il menzionato conferimento in denaro quale aumento di capitale.
Nell’accogliere la formulata doglianza la Corte richiama il principio fissato da Cass. 6104/2019, in ossequio al quale la qualificazione in termini di finanziamento della dazione di denaro effettuata dal socio alla società deve determinarsi in ragione dell’effettiva modalità di contabilizzazione dell’operazione in bilancio, nel caso di specie imputata a debiti verso altri, stante la natura fondamentale dello stesso documento contabile sia in termini descrittivi dell’attività svolta dall’ente sia in quanto in grado di rendere opponibili ai terzi, compresa l’Amministrazione, le operazioni ivi descritte.
Peraltro, nella fattispecie in oggetto, rimarca il Collegio, la riqualificazione in aumento di capitale del conferimento avrebbe comunque richiesto la formale deliberazione assembleare in tal senso.
Per l’effetto, la Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata.