La delibera assembleare di aumento di capitale di una società non è mai in contrasto con l’interesse della società stessa, “se gli amministratori evidenziano quanto meno l’intenzione di ridurre l’esposizione finanziaria verso terzi, o ampliare l’impegno operativo e di disporre di maggiori disponibilità economiche per raggiungere tali obiettivi”, anche nel caso in cui l’aumento di capitale sia proposto in un momento in cui la situazione finanziaria della società sia positiva.
È questo il principio di diritto sancito dal Tribunale nella sentenza in parola, Tribunale che ha pertanto rigettato le pretese dell’attore, che aveva citato in giudizio l’azionista di maggioranza della società, reo di aver abbandonato le trattative per l’acquisto delle azioni del socio di minoranza, preferendo ricorrere all’azzeramento e alla ricapitalizzazione della società, e di aver dunque violato il combinato disposto degli articoli 1176 e 1375 cod. civ., relativamente al dovere di diligenza e buona fede contrattuale. L’attore lamentava altresì che la delibera di azzeramento e ricostituzione del capitale sociale fosse stata assunta sulla base del bilancio della società al 30 settembre 2012, che simulava perdite che invero non risultavano dal bilancio antecedente del 30 giugno, e ciò proprio allo scopo di deliberare sul citato aumento di capitale in luogo dell’acquisto di azioni di proprietà dell’attore nonché socio di minoranza. Tali falsità integrerebbero peraltro, a detta dell’attore, l’illecito penale di cui all’art. 2621, cod. civ., in materia di comunicazioni sociali.
Come sottolineato correttamente dal Tribunale, tuttavia, il bilancio del 30 settembre aveva al contrario rispettato i principi di chiarezza e correttezza richiesti dall’art. 2423 cod. civ., e la stessa delibera del consiglio di amministrazione della società del 21 novembre successivo, che non è mai stata impugnata, aveva approvato i criteri di deprezzamento delle rimanenze, la svalutazione dei crediti, aveva constatato l’intervenuta perdita del capitale sociale e aveva infine approvato la situazione patrimoniale al 30 settembre così come rappresentata dal succitato bilancio. Lo stesso attore aveva in più circostanze apertamente dichiarato di essere al corrente della situazione di crisi in cui verteva la società, e da ciò derivava la sua volontà di cedere la propria partecipazione di minoranza.
Alla luce di quanto sopra, il Tribunale ha rigettato le pretese attoree, sull’assunto che mai la delibera di aumento di capitale di una società può essere contestato, allorquando essa sia adeguatamente sorretta da motivazioni finalizzate al perseguimento dell’interesse sociale.