Il versamento di denaro proveniente da attività delittuosa (mancato versamento delle somme dovute per oneri contributivi relativi ai lavoratori subordinati assunti utilizzando in compensazione crediti inesistenti) su conti correnti di società estere configura condotta idonea ad integrare il reato di autoriciclaggio.
In particolare, evidenzia la Corte, è configurabile il reato di autoriciclaggio quando, successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative, sia attuato attraverso la sua intestazione ad un terzo, persona fisica ovvero società di persone o capitali, poiché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca ed individuazione del successivo trasferimento.
La decisione è in linea con l’assunto, tratto dalla formulazione letterale della fattispecie incriminatrice, secondo cui l’operazione è illecitamente connotata quando si limiti anche solo ad “ostacolare”, ovvero dissimulare (e non necessariamente ad impedire del tutto), l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.
Il criterio da seguire ai fini dell’individuazione della condotta dissimulatoria è quello della idoneità “ex ante”, sulla base degli elementi di fatto sussistenti nel momento della sua realizzazione, ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, senza che il successivo disvelamento dell’illecito per effetto degli accertamenti compiuti (nella specie, grazie alla tracciabilità delle operazioni poste in essere fra diverse società), determini automaticamente una condizione di inidoneità dell’azione per difetto di concreta capacità ingannatoria.