La Camera dei Deputati ha concluso l’iter parlamentare della Legge di Delegazione Europea, la c.d. Legge Comunitaria, per mezzo della quale il Parlamento recepisce ogni anno le Direttive dell’Unione Europea.
Tra le novità di maggior interesse (cfr. contenuti correlati) vi è senza dubbio l’introduzione nel nostro ordinamento del nuovo strumento di risoluzione delle crisi bancarie noto con il nome di bail-in.
Tale strumento trae origine dalla volontà dei governi dei maggiori paesi europei di non utilizzare più fondi pubblici per tamponare le perdite del sistema finanziario, come accaduto a seguito della crisi dei mutui sub-prime del 2007.
Negli ultimi anni, le iniziative legislative dell’Unione si sono infatti concentrate sull’introduzione di regole che: (i) rinforzassero il patrimonio delle banche, prevedendo maggiori requisiti di capitale e più stringenti ponderazioni del rischio dei propri attivi; (ii) dissuadessero e limitassero la possibilità del management delle banche di amplificare la leva finanziaria nei propri bilanci ed infine; (iii) proibissero l’utilizzo di denaro dei contribuenti per ricapitalizzare l’istituto in conseguenza delle perdite derivanti dalla combinazione degli effetti provocati da eccessivo leveraging e moral hazard.
Questo terzo percorso legislativo ha portato, nell’imminenza delle ultime Elezioni Europee, all’adozione della Direttiva No. 59 del 2014 denominata “Direttiva che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento”. La Direttiva si applica a tutte le banche e alle imprese di investimento operanti all’interno del territorio dell’Unione Europea ed essenzialmente mira ad istituire un quadro comune all’interno dei Paesi Membri dell’Unione Europea in materia di risoluzione delle crisi bancarie. Tale obiettivo viene perseguito attraverso la creazione di strumenti di controllo e vigilanza preventivi nonché, in presenza di situazioni di insolvenza, di poteri di intervento e successiva gestione della fase delle crisi.
Il legislatore europeo ha ritenuto che il modo migliore per rendere tali strumenti più efficaci possibili fosse imporre agli Stati Membri l’obbligo di nominare delle apposite autorità di risoluzione (generalmente le banche centrali nazionali o i rispettivi ministeri dell’economia) che esercitino dette funzioni di vigilanza e di risoluzione, prevedendo inoltre che le stesse cooperino con le autorità di risoluzione di altri Stati Membri al fine di coordinare al meglio gli interventi a prevenzione di eventuali crisi finanziarie su scala internazionale.
I poteri di vigilanza si sostanziano nell’obbligo da parte dei soggetti vigilati (i.e. banche; imprese di investimento) di predisporre periodicamente – sia su base individuale che a livello di gruppo – dei piani di risanamento e di risoluzione che tengano conto delle misure da attuare per (i) superare scenari che potrebbero porre l’impresa a rischio insolvenza ristabilendo pertanto l’autosufficienza finanziaria e (ii) affrontare una crisi di liquidità in modo tale da ridurre al minimo i rischi di contagio finanziario mediante un uso efficiente degli strumenti di risoluzione preservando quindi le funzioni basilari della banca.
Laddove le autorità di risoluzione valutino che i piani di risanamento non sono sufficienti a ristabilire il corretto funzionamento delle attività della banca e che vi è un pubblico interesse ad intervenire, provvedono a mettere in pratica il piano di risoluzione attraverso i seguenti principali strumenti:
- Cessione di ramo d’azienda;
- Trasferimento di ramo d’azienda a un ente-ponte;
- Trasferimento degli attivi deteriorati in una bad bank;
- Bail-in di azionisti e creditori non garantiti.
Ebbene, il predetto impianto normativo è stato trasposto, in maniera apparentemente conforme, nella menzionata Legge di Delegazione Europea.
Tra gli strumenti a disposizione delle autorità di risoluzione, vi è appunto quello del bail-in, la cui entrata in vigore è prevista per il 1 gennaio 2016, e che si applicherà a tutti i creditori non garantiti della banca, tra i quali:
- Azionisti (e.g. detentori di Capitale Tier 1; Capitale Addizionale Tier 1);
- Obbligazionisti (e.g. detentori di titoli debito; debito subordinato; obbligazioni convertibili);
- Depositanti.
Più nel dettaglio, tale misura si concretizza nella facoltà delle autorità di risoluzione – qualora gli altri strumenti si rivelino non adeguati al raggiungimento degli obiettivi della risoluzione – di convertire in capitale o svalutare fino a zero il valore nominale dei crediti o dei titoli di debito della banca. In tal senso, l’autorità di risoluzione ha l’onere di operare una valutazione equa ed oggettiva dell’importo sulla base del quale devono essere svalutate o convertite le passività ammissibili al fine di ripristinare il coefficiente di capitale primario di classe I. Per ciò che concerne gli azionisti, l’esito della svalutazione o della conversione può concludersi alternativamente (i) nella cancellazione delle azioni esistenti oppure (ii) nella conversione in strumenti di capitale di nuova emissione a valore nominale fortemente ridotto.
Il regime normativo prevede ad ogni modo delle deroghe all’applicazione indiscriminata del bail, escludendo da qualsiasi tipo di prelievo i conti correnti e i depositi al di sotto dei 100.000 Euro, coperti da garanzia statale, nonché le passività coperte da garanzia personale o reale e i le passività da reddito di lavoro da riconoscersi in favore dei dipendenti.