La Cassazione, con sentenza innovativa, evidenzia come, in relazione alle ipotesi di bancarotta dissipativa, “il concetto di fondo della business judgment rule sia connotato geneticamente dalla sua elaborazione in un contesto risarcitorio, tipicamente civilistico, il che, pertanto, non ne consente l’automatica applicazione in riferimento alla struttura di un reato, la cui configurazione non solo non si arresta sulla soglia della valutazione ex antedella scelta imprenditoriale, ma postula, altresì, l’accertamento di una esposizione a rischio del patrimonio sociale, in dipendenza da quella scelta”.
Sul punto, la Corte sottolinea che la natura di reato di pericolo, unitamente alle peculiarità proprie delle condotte dissipative, rendono il ricorso alla Business Judgement Rule (BJR) del tutto inutile nel caso di sindacato su condotte dissipative, dal momento che la stessa esulerebbe dalla struttura normativa della fattispecie.
In proposito, la BJR funge da limite al sindacato che il giudice può effettuare sull’operato degli organi di gestione, consistendo la stessa in una presunzione di buona fede circa l’operato degli amministratori, con la conseguenza che le scelte da essi effettuate sono insindacabili, a meno che non risultino, in base ad un giudizio ex ante, manifestamente avventate ed imprudenti. In definitiva, l’operatività di tale regola impedisce al giudice di effettuare un sindacato sul merito delle attività di gestione.
Attraverso un breve excursus sulla casistica giurisprudenziale in tema di dissipazione, la sentenza evidenzia tuttavia come le condotte penalmente rilevanti in tema di bancarotta per dissipazione siano sia quelle completamente estranee all’oggetto sociale, sia quelle che si dimostrino “incoerenti” con le esigenze economiche dell’azienda, consistenti in scelte che si pongono nei termini di incoerenza relativa rispetto alle necessità imprenditoriali. In altri termini, ciò che qualifica la condotta come “dissipativa” è la radicale incongruità dell’opzione imprenditoriale, che deve essere necessariamente apprezzata tenendo conto delle dimensioni, della complessità, nonché delle condizioni economiche e imprenditoriali dell’impresa al momento in cui l’operazione contestata è stata adottata.
Pertanto, il giudice non è chiamato ad effettuare un giudizio sulle decisioni discrezionali, di carattere tecnico, economico o finanziario, dell’imprenditore o dell’amministratore, ben potendo una scelta rischiosa in termini economici essere penalmente irrilevante se posta in essere in un momento in cui non vi sono segnali di crisi, in quanto il sindacato giudiziale non deve essere effettuato sulla scelta in sé, bensì sulla prospettazione, da parte del soggetto agente, delle conseguenze della stessa, anche in riferimento alle condizioni dell’azienda (in tema di bancarotta per dissipazione, Cass., Sez. V, 12 dicembre 1972, n. 1303; Cass., Sez. V, 21 marzo 1979, n. 5850; Cass., Sez. V, 19 novembre 2011, n. 47040; Cass., Sez. V, 30 maggio 2017, n. 34836).
In definitiva, la natura macroscopica della condotta dissipativa si pone come un limite negativo all’operatività della BJR, pur non escludendosi in astratto che la stessa possa essere applicata ad altre fattispecie (per approfondimenti sulla BJRin tema di reati fallimentari, L. Messori, La bancarotta per dissipazione nella “vicenda Alitalia”, in Cass. pen., 10/2016, 3850; M. Sestieri, La business judgment rule nel diritto penale fallimentare, in Riv. dir. comm., 2/2019, 231).