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Giurisprudenza

Bancarotta: le SU sulla determinazione delle pene accessorie, da quantificarsi in base ai criteri dell’art. 133 c.p.

18 Marzo 2020

Enrico Pezzi, dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei, curriculum di diritto e procedura penale e filosofia del diritto, Università di Trento

Cassazione Penale, Sez. Un., 28 febbraio 2019, n. 28910 – Pres. Carcano, Rel. Boni

Di cosa si parla in questo articolo

Con la presente pronuncia le Sezioni Unite, nel dare continuità alla più recente giurisprudenza costituzionale in tema di pene accessorie, hanno ritenuto di superare un proprio precedente orientamento statuendo che “le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.”.

Le Sezioni Unite pongono un ulteriore tassello per l’evoluzione del sindacato di costituzionalità in tema di automatismi sanzionatori, secondo il quale i principi di proporzionalità, colpevolezza e ragionevolezza comportano che le pene fisse, indipendentemente dalla tipologia di sanzione prevista, risultino sempre indiziate di illegittimità. In questo senso, la previsione di automatismi sanzionatori è consentita solo a patto che le stesse siano introdotte per punire fattispecie di reato che, per loro natura, manifestino lo stesso disvalore e la stessa offensività, sì da non richiedere alcuna graduazione della sanzione (le principali tappe dell’evoluzione del sindacato di proporzionalità della sanzione si rinvengono nelle seguenti sentenze: C. cost., 15 maggio 1963, n. 67; C. cost., 14 aprile 1980, n. 50; C. cost., 22 luglio 1994, n. 341; C. cost., 21 settembre 2016, n. 236. Sul punto, Dolcini, Pene edittali, principio di proporzione, funzione rieducativa della pena: la Corte costituzionale ridetermina la pena per l’alterazione di stato, in RIDPP, 2016, 1956; Merlo, Considerazioni sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale in materia penale, in RIDPP, 2016, 1427; Pulitanò, Sulla pena. Fra teoria, principi e politica, in RIDPP, 2016, 641).

La Cassazione affronta gli orientamenti giurisprudenziali formatisi all’indomani della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, u.c. l. fall., nella parte in cui prevedeva la condanna alle pene accessorie per la durata, fissa, di dieci anni invece che “fino a dieci anni” (C. cost., 25 settembre 2018, n. 222). Nello specifico, le Sezioni Unite sottolineano che, al fine di reagire a tale pronuncia di incostituzionalità, l’orientamento da preferire è quello favorevole alla determinazione in concreto della pena accessoria, da svolgersi secondo i criteri dell’art. 133 c.p., sconfessando quello opposto, secondo il quale sarebbe invece applicabile l’art. 37 c.p., che imporrebbe, per le ipotesi di pene accessorie non predeterminate normativamente, una durata pari a quella prevista per la pena principale (nello stesso senso, Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 4780; Sez. V, 18 gennaio 2019, n. 5514; Sez. V, 29 gennaio 2019, n. 5882. Contra, ritenendo di dover applicare l’art. 37 c.p., Sez. V, 7 dicembre 2018, n. 1963 e n. 1968).

La decisione delle Sezioni Unite, in tal modo, procede alla parziale revisione di un proprio precedente orientamento, che aveva statuito che l’art. 37 c.p. fosse applicabile anche alle pene accessorie costruite attraverso la previsione di un minimo ed un massimo edittale, ovvero solo uno dei due, non ritenendole espressamente determinate. Nello specifico, solo le pene in relazione alle quali il legislatore ne stabilisca in modo preciso e concreto la durata potevano essere considerate espressamente determinate. Tale assunto trovava conferma, oltre che nell’esegesi dello stesso art. 37 c.p., anche dall’art. 183 disp. att. c.p.p., che consente di rimediare, in sede esecutiva, all’omessa applicazione di una pena accessoria, a patto che la stessa sia “predeterminata nella specie e nella durata” (Sez. Un., 02 febbraio 2015, n. 6240).

Tale interpretazione, che comporta la determinazione automatica della pena accessoria in misura eguale a quella principale, concretamente inflitta, viene tuttavia ritenuta contrastante con il sopramenzionato orientamento costituzionale in tema di sindacato di proporzionalità, in considerazione della diversa funzione a cui soggiacciono le due forme sanzionatorie. In questa prospettiva, pure il richiamo al summenzionato art. 183 c.p.p. risulta irrilevante, posto che anch’esso, al pari dell’art. 37 c.p., pone, e non risolve, il problema del cosa debba intendersi per determinazione legale della pena accessoria.

Invero, l’art. 37 c.p., seppur certamente costituisce una norma di chiusura della disciplina delle pene complementari, non ha forza tale da assurgere a rango di regola generale, al contrario del sistema codicistico di commisurazione della pena, previsto dagli artt. 132 ss. c.p. (per ulteriori approfondimenti, Finocchiaro, Le sezioni unite sulla determinazione delle pene accessorie a seguito dell’intervento della Corte costituzionale in materia di bancarotta fraudolenta, in DPC, 15 luglio 2019; Leo, Automatismi sanzionatori e principi costituzionali, in Il libro dell’anno del diritto, Roma, 2014).

 

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