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Banche estere in Italia: Banca d’Italia su regolamentazione e sviluppo

4 Aprile 2023
Di cosa si parla in questo articolo

Alessandra Perrazzelli, Vice Direttrice Generale della Banca d’Italia, è intervenuta al Consiglio Generale dell’Associazione Italiana Banche Estere (AIBE) su “Le banche estere in Italia: regolamentazione e innovazione“.

Le banche estere in Italia

In particolare, la Banca d’Italia ha evidenziato che le banche estere sono presenti in Italia attraverso due modalità: stabilimento o regime di libera prestazione di servizi (LPS), con una distribuzione estremamente eterogenea.

Alla fine del 2022, erano presenti in Italia 674 banche estere in LPS, di cui 57 provenienti da Paesi extra-comunitari. Al contrario, le banche estere presenti in Italia con stabilimento erano 79 (81 alla fine del 2021). Nel corso del 2022, due imprese di investimento tedesche, già operanti in Italia con una propria succursale, sono state riclassificate dalla BCE come enti creditizi significativi e si sono aggiunte alla lista delle banche estere presenti in Italia con stabilimento.

La maggioranza delle banche estere presenti in Italia con stabilimento sono di origine comunitaria (71 alla fine del 2022, 73 nel 2021), con sede principalmente in Francia (22), Germania (18), Lussemburgo (10) e Paesi Bassi (6). Più della metà (52%) di queste banche sono considerate significative e detengono, attraverso le loro succursali, una quota pari al 6% del totale attivo del sistema (5,3% alla fine del 2021). Invece, la quota di attività riferita alle succursali di banche non significative è estremamente limitata, pari allo 0,4% del totale del sistema.

Le succursali di banche di Paesi terzi (third country branch, TCB) presenti in Italia alla fine del 2022 erano 8, e rappresentavano banche con sede in USA (2), Giappone (2), Cina (1), Svizzera (1), Iran (1) e UK (1). Nonostante sia una presenza contenuta, l’Italia è il quinto Stato Membro per numerosità di succursali di gruppi di Paesi terzi dopo la Germania, la Francia, Cipro e il Lussemburgo (dove sono presenti rispettivamente 25, 22, 13 e 12 TCB). Tutte queste succursali presentano attivi inferiori ai 3 miliardi di euro e svolgono un’operatività rivolta quasi esclusivamente a clientela corporate o istituzionale. Nonostante ciò, il totale attivo delle TCB è in crescita rispetto al 2021, ammontando a 11 miliardi di euro.

Le strutture organizzative

Le banche estere che operano con succursali devono affrontare la sfida di gestire strutture organizzative flessibili e proporzionali alle loro attività locali, ma al contempo efficienti e in grado di governare i rischi generati da tali attività. Ciò richiede una maggiore integrazione tra le dimensioni globale e locale, sia per le banche che per i supervisori.

Inoltre, le succursali comunitarie e le TCB in regime di equivalenza tendono a centralizzare alcune funzioni aziendali a strutture del gruppo, come la gestione dei sistemi IT e di elaborazione dati, le funzioni amministrative e di back office e alcune fasi dei processi AML.

Questo fenomeno contribuisce a determinare strutture organizzative snelle e di dimensioni solitamente ridotte. Le banche estere devono inoltre rispettare le normative italiane in materia di antiriciclaggio, contrasto del finanziamento al terrorismo e tutela della clientela, che possono essere più stringenti e dettagliate rispetto a quelle comunitarie. Infine, la trasparenza bancaria copre anche prodotti non armonizzati e/o rivolti a clientela diversa dai consumatori.

Modelli di business: innovazione e reti di prossimità

La revisione dei modelli di business delle banche ha portato ad una riorganizzazione dell’offerta di prodotti e servizi, con l’adozione di canali di distribuzione alternativi. Tra i modelli di business innovativi, il banking-as-a-service offre il potenziale per creare nuovi modelli imprenditoriali, integrando servizi finanziari in offerte commerciali di settori diversi. Inoltre, il buy now pay later può contribuire allo sviluppo del credito al consumo, settore che in Italia si caratterizza per l’importante ruolo degli operatori esteri. Nel settore del fintech, alcune società europee stanno espandendo la propria presenza in Italia, attraverso l’apertura di succursali per acquisire un IBAN italiano e accelerare lo sviluppo della base clienti.

Le banche comunitarie stanno dimostrando un crescente interesse per le reti di prossimità, come esercizi commerciali convenzionati, per offrire servizi di pagamento elementari come prelievi, versamenti, pagamenti bollettini e multe, che costituiscono un canale fisico meno oneroso degli sportelli tradizionali.

Questi canali sono spesso utilizzati anche dagli operatori fintech. In generale, le banche estere presenti in Italia devono coniugare l’esigenza di strutture flessibili e proporzionali all’operatività svolta, con la necessità di avere strutture di controllo efficienti, in grado di governare i rischi generati dalle attività svolte localmente e di rispettare le normative italiane in materia di antiriciclaggio, contrasto al finanziamento al terrorismo e tutela della clientela.

La complessità delle attività svolte dalle varie entità all’interno di un gruppo internazionale richiede una maggiore integrazione tra la dimensione globale e quella locale, sia agli intermediari sia ai supervisori, per garantire un governo dei rischi complessivo e coordinare l’attività di vigilanza.

Il quadro regolamentare per le banche estere

In Europa, la vigilanza delle filiali di banche extra-UE, chiamate “Third Country Branches” (TCB), è caratterizzata da un basso grado di armonizzazione. Questo è in contrasto con l’integrazione di supervisione massima sui gruppi europei soggetti al Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU).

Attualmente, la disciplina europea prevede che alle banche di paesi terzi non sia riservato un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto per le banche dell’UE. Questo ha portato a un’eterogeneità degli approcci e a una proposta legislativa avanzata dalla Commissione europea per una maggiore armonizzazione dei regimi di vigilanza adottati dagli Stati membri.

La proposta mira a stabilire requisiti prudenziali minimi in funzione del grado di rischiosità delle succursali e a rafforzare la cooperazione tra le autorità competenti. La vigilanza sulle TCB rimarrà di competenza delle autorità nazionali, che avranno il potere di imporre, a seconda dei casi, la trasformazione di una TCB in filiazione o la ristrutturazione (patrimoniale oppure operativa) per renderla non sistemica o l’assoggettamento a requisiti patrimoniali supplementari.

La previsione per le banche di paesi terzi della possibilità di operare in UE solo con lo stabilimento di succursale sarà applicabile anche alle LPS già autorizzate ed operative, con riflessi positivi sull’azione di vigilanza.

L’autorizzazione per la creazione di una TCB è simile a quella per una licenza bancaria da rilasciare ad una legal entity insediata sul territorio italiano, in termini di requisiti di capitale ed organizzativi. La competenza è della Banca d’Italia, mentre la BCE non è coinvolta. Il passaggio al nuovo regime comporterà il rilascio di nuove autorizzazioni e l’attivazione della vigilanza sulle succursali da parte della Banca d’Italia.

Un altro ambito in cui la normativa di settore non è ancora pienamente armonizzata è quello dell’AML, in cui la cooperazione tra le autorità competenti degli intermediari cross-border avviene con la partecipazione attiva nei Collegi dei Supervisori. La razionalizzazione e semplificazione delle strutture per favorire la compliance alle normative e l’adeguata gestione dei rischi da parte degli intermediari sono importanti per garantire una efficace e tempestiva supervisione da parte delle autorità e preservare la sana e prudente gestione dei singoli operatori, l’integrità e la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso.

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