Con la Sentenza in commento la Corte di Cassazione si è trovata di nuovo ad affrontare la questione se considerare legittima (o meno) la sola presunzione di distribuzione ai soci di maggiori utili accertati in via extra-contabile nei confronti di una società di capitali a ristretta base partecipativa.
Più nel dettaglio, la Sentenza non fa altro che confermare l’indirizzo interpretativo che negli ultimi anni sembra essersi andato via via consolidando a livello di Giurisprudenza di legittimità e che, nella sostanza porta a ritenere che basti a configurare condizione necessaria e sufficiente per esperire una contestazione, la sola presunzione di distribuzione ai soci di maggiori utili accertati in via extra-contabile in capo alla società partecipata da questi ultimi (cfr. ex multis Sentenze Corte di Cassazione 17 Settembre 2014 n. 19598; 09 Luglio 2014, n. 15632; 8 febbraio 2012 n. 1865).
La ristretta base partecipativa, infatti, è divenuta oramai l’unica motivazione a fondamento degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate per contestare queste forme di percezione, da parte dei soci, di utili “in nero” rivenienti dalla società; al riguardo va rilevato come la stessa Corte di Cassazione non si sia soffermata a dovere sulla ricerca di ulteriori elementi probatori volti a dimostrare la presunta distribuzione ai soci dei maggiori utili – come per esempio la dimostrazione del collegamento tra l’esistenza dei c.d. utili “in nero” e l’effettiva percezione di questi da parte del socio – non facendo che lasciare ampio spazio ed estrema libertà agli organi accertatori nel “confezionare d’ufficio” tali tipologie di rettifiche.
La Suprema Corte si è inoltre espressa chiarendo, a tutela del contribuente, che essendo l’avviso di accertamento nei confronti della società considerato come un passaggio necessario e precedente rispetto alla successiva rettifica del reddito in capo al socio persona fisica, fino a quando il giudizio relativo al primo accertamento “societario” risulti ancora pendente in contenzioso e di conseguenza non abbia assunto il carattere della definitività, qualsiasi azione nei confronti del socio stesso dovrebbe essere sospesa.
Tutto ciò, considerato in particolare che gli stessi soci non sono da un lato, legittimati ad impugnare l’atto di accertamento “societario” e dall’altro lato, rimangono logicamente incisi da una maggiore pretesa reddituale figlia dell’eventuale definitività della contestazione contenuta nell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società a ristretta base partecipativa.