Con sentenza del 02 dicembre 2013 il Tribunale di Ravenna ha definito una controversia connessa ad operazioni di investimento in bond argentini.
Riprendendo la ricostruzione del fatto svolta dal Tribunale, si evidenzia come la vicenda fosse temporalmente collocabile nell’anno 1998, e quindi in un’epoca precedente all’abbassamento del rating del debito pubblico della Repubblica Argentina, comunicato negli ultimi giorni di marzo 2001 dalle Agenzie Standard e Poor’s e Moody’s.
Dal 1997 fin quasi tutto l’anno 1999, infatti, le predette agenzie internazionali avevano assegnato alle obbligazioni argentine un rating pari a “BB”, ovvero la migliore delle categorie speculative, mentre nell’ottobre 1999 lo stesso era sceso a “BB -”, quindi, seppur inferiore, sempre nell’ambito delle migliori categorie speculative.
Solo a decorrere dal marzo 2001, e dunque a distanza di oltre tre anni dal primo acquisto oggetto di controversia, le agenzie declassarono il rating delle obbligazioni della Repubblica Argentina da “BB a “B+”, evidenziando la crescente “vulnerabilità” dei titoli, fino a giungere poi, con ulteriori declassamenti, alla categoria “D”, e cioè default.
Secondo il Tribunale di Ravenna, quindi, l’eventuale presentazione, da parte della banca all’investitore, dei titoli in questione quali obbligazioni sicure e tranquille, era del tutto confacente a quello che veniva pubblicato dalle migliori agenzie internazionali di rating.
Ne consegue che, anche laddove vi sia stata omissione o carenza di informazione da parte della banca, non si può comunque ritenere che il prospettato inadempimento sia tale da legittimare la risoluzione del contratto di investimento, né che esso sia stato causa del danno sofferto dall’investitore per effetto del successivo default dell’Argentina, né tanto meno si può ritenere che l’informativa che si asserisce omessa, potesse arrivare nel 1998 alla previsione del default che è avvenuto tre anni dopo.