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Bond e cartolarizzazioni green

Opportunità e limiti per il mercato italiano tra regolamentazione e vigilanza

22 Gennaio 2024

Francesco M. Stocco, Of Counsel, Finance& Sustainability, Alma LED

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo affronta il tema delle cartolarizzazioni verdi (green) alla luce del nuovo quadro normativo europeo in materia di green bond europei previsto dal Regolamento (UE) 2023/2631.


1. La novità normativa di green bond

Il 30 novembre 2023 è stato pubblicato il Regolamento (UE) 2023/2631 (il “Regolamento EuGB”) in materia di green bonds. Vista la rilevanza di questa asset class nel mercato della finanza sostenibile, si tratta di un’occasione utile per poter svolgere alcune prime osservazioni di massima sull’assetto regolamentare raggiunto dal sistema.

La nuova normativa si accompagna anche all’edizione del paper di Banca d’Italia n. 809 “A First Analysis on the Green Securitizations in Italy ([1]) che illustra la tendenziale evoluzione del mercato adottando una metodologia che (come si vedrà nel prosieguo) trova validità anche nel contesto del nuovo quadro regolamentare.

L’approccio seguito dalla normativa europea continua ad essere basato sulla riconoscibilità di un prodotto finanziario in base ad un “label” ([2]), stimando che la tutela del mercato e degli investitori passi da vari livelli di reportistica e disclosure espressi, in sintesi, dall’ “etichetta” di obbligazioni verdi europee (“EuGB”).

Come si osserverà, un elemento rafforzativo di questa impostazione è l’obbligatorietà di una revisione sul reporting effettuato dall’emittente: si tratta di un modello non sempre seguito in altre parti del sistema normativo finanziario, e che rappresenta una novità e forse una prospettiva normativa per i futuri interventi legislativi.

La “stretta normativa” sembra dettata, nell’attuale contingenza storica, dalla necessità di prevenire fenomeni di greenwashing, più che di tutela dell’investitore in sé: in altri termini, più di promozione del mercato complessivamente inteso, che di protezione del singolo investitore.

Per il resto, la normativa europea ricalca grande parte degli standard esistenti a livello mondiale e, in particolare, dello standard ICMA (International Capital Market Association) nei suoi Green Bonds Principles ([3]).

Da un punto di vista sostanziale, come nello standard citato, si prevede che un’obbligazione verde possa qualificarsi come tale soltanto nel momento in cui i suoi proventi siano allocati verso attività ecosostenibili.

Nell’evoluzione della disciplina normativa in materia di sostenibilità il primo elemento di coerenza sistematica (più che di novità in sé) risiede nel legare le definizioni di attività “ecosostenibili” a quelle previste nel Regolamento (UE) 2020/852 (il “Regolamento Tassonomia”) e nei Regolamenti Delegati (UE) 2021/2139 e 2021/2178.

Il Regolamento EuGB (art. 4) richiede, infatti, che i proventi siano allocati integralmente al finanziamento di immobilizzazioni (che non siano finanziarie), spese e capex ammesse dal Regolamento Delegato (UE) 2021/2178 (a condizione, con specifico riferimento alle capex, che non siano state sostenute da più di tre anni) oltre ad altre attività finanziarie e “attività e spese delle famiglie”.

In questo ambito, se è chiaro il riferimento alle spese (capex e opex) per attività che sono ricomprese in quelle disciplinate dai criteri di vaglio tecnico della tassonomia (Regolamento Delegato (UE) 2021/2139 in attuazione delle previsioni degli articoli 3 e da 10 a 6 del Regolamento Tassonomia), più sfuggente ([4]) sembra il riferimento all’utilizzo dei proventi per “attività e spese delle famiglie”: tale riferimento – piuttosto – sembra presuppore l’attuazione dei criteri per la tassonomia sociale ancora non completamente formata.

L’altro elemento di segno è la possibilità che viene data a stati, regioni e comuni di emettere obbligazioni verdi. In questo caso, si precisa che i proventi potranno essere destinati “a sgravi fiscali, sovvenzioni, consumi intermedi, trasferimenti correnti tra amministrazioni pubbliche, aiuti internazionali correnti o altri tipi di spesa pubblica, a condizione che i proventi siano assegnati conformemente ai criteri di tassonomia”.

È anche prevista la possibilità di destinare i proventi di un’emissione alla sottoscrizione di altri strumenti finanziari: come chiarito dall’articolo 6 del Regolamento EuGB, in questo caso gli attivi devono essere costituiti da meno di cinque anni e aver finanziato uno dei costi previsti dall’art. 4. È, inoltre, previsto che non ci sia una eccessiva diluzione nella catena finanziaria che, quindi, può considerare un massimo di tre sequenze di finanziamento.

Nell’ambito delle regole così definite, l’articolo 5 del Regolamento EuGB ammette una soglia di flessibilità pari al 15% dei proventi complessivi da destinare ad asset non allineati alla tassonomia: la prima di queste riguarda progetti che siano in qualche modo riconosciuti dal mercato come verdi, ma per i quali non esistono ancora criteri di vaglio tecnico e, in secondo luogo,attività nel contesto del sostegno internazionale comunicate conformemente a orientamenti, criteri e cicli di rendicontazione concordati a livello internazionale, compresi i finanziamenti per il clima comunicati alla Commissione nell’ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 19, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2018/1999, e dell’aiuto pubblico allo sviluppo comunicato al comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico”.

2. Prime considerazioni sull’impianto della nuova normativa

Fermando qualche prima considerazione sul nuovo regolamento, deve sicuramente apprezzarsi il lavoro di riordino sistematico del legislatore europeo che ha cercato di allineare il Regolamento EuGB con le discipline del Regolamento Tassonomia, della Corporate Social Responsibile Directive (CSRD, artt. 19 bis e 29 bis della direttiva 2013/34/UE) in materia di reporting dei dati non finanziari.

Ad avviso di chi scrive, restano ancora due criticità, tra loro connesse, nell’attuale approccio normativo.

Il primo è il tentativo di creare un sistema che sia al contempo aperto e rigido. Infatti, lo sforzo di definire in estremo dettaglio i criteri di vaglio tecnico per l’eleggibilità di un asset come “green”, non esclude, come esaminato, l’ammissibilità di progetti “non definiti” all’interno della tassonomia normativa.

Questo modello ibrido di normazione sembra più oggetto di una contingenza necessitata che di una riflessione politica sul tema e porta con sé alcuni effetti negativi per gli operatori e per il mercato forse poco ponderati.

In primo luogo, lo stato attuale delle regole non rende chiaramente definiti i limiti di operatività agli operatori: non si raggiunge, quindi, quell’effetto di “certezza del diritto” preso in considerazione dal legislatore soprattutto del Regolamento Tassonomia; in secondo luogo (e in via più importante) limita l’innovazione finanziaria e (a valle) tecnologica del settore prediligendo, di fatto, strutture consolidate e lasciando margini di incertezza in prodotti maggiormente innovativi che, di contro, dovrebbero essere privilegiati nell’attuale momento storico.

Ulteriormente, il fatto che il Regolamento Tassonomia sia ancora monco della sua parte sociale e della parte relativa agli assetti di governance, come anche la non completa fase attuativa della normativa secondaria prevista dalla direttiva CSRD (gli standard EFRAG) impone al legislatore di trovare soluzioni “per approssimazione” a cui possono seguire approcci eccessivamente prudenti e conservatori da parte delle Autorità di Vigilanza e degli operatori.

Questi elementi e l’urgenza per il mercato finanziario di trovare regole semplici ed efficaci relative ai prodotti sostenibili dovrebbero orientare il legislatore, come più volte espresso, a prediligere modelli basati su normative di principio e standard tecnici non vincolanti: soluzione che, per altro, il Regolamento EuGB adotta nell’ambito delle deroghe indicate dall’articolo 5.

3. Il sistema di reportistica: l’obbligo di revisione, la redazione del prospetto e l’impatto sul mercato.

Il precipitato specifico di una normativa orientata alla riconoscibilità di un label è il set di obblighi di reportistica in capo agli emittenti. Questi rappresentano l’altro momento di interesse nell’analisi Regolamento EuGB.

Si conferma, in questo ambito, un approccio per standarizzazione con la previsione di (i) una informativa precedente l’emissione delle obbligazioni (da redigere secondo i dati contenuti nell’Allegato I del Regolamento EuGB); (ii) una relazione annuale di rendiconto sull’allocazione dei proventi (secondo lo schema indicato nell’Allegato II) e (iii) una terza relazione finale sull’impatto generato una volta terminata l’allocazione dei proventi (secondo lo schema dell’Allegato III).

L’elemento di maggiore novità è rappresentato dall’obbligo di revisione esterna per le relazioni “pre e post” emissione. Tale impostazione segue il medesimo approccio tenuto dall’ICMA, ma la disciplina di dettaglio sui requisiti di eleggibilità dei soggetti revisori (art. 22 e ss.) nonché il relativo apparato sanzionatorio, rafforza di molto il quadro di tutela dell’investitore e la prevenzione dei fenomeni di greenwashing, aumentando il controllo pubblicistico sul mercato.

Benché sia prevedibile che il “mercato delle revisioni” si adeguerà alla dimensione dell’emissione e ad un suo livello di standarizzazione, sarebbe stata utile un’indicazione del legislatore, orientata al principio di proporzionalità, su eventuali soglie economiche oltre le quali la revisione diventa obbligatoria.

In altri termini, l’obbligatorietà della revisione terza in progetti di size ridotta potrebbe costituire una barriera inefficiente di accesso al mercato da parte di micro-operatori (es. le comunità energetiche) ([5]).

Qualche incertezza interpretativa pone la previsione contenuta nell’articolo 14 del Regolamento EuGB che impone l’obbligo di pubblicazione di un prospetto ai sensi del Regolamento (UE) 2017/1129.

Non è chiaro, in altri termini, se l’obbligatorietà di redazione del prospetto sia da affermare anche qualora l’emissione rientri tra le ipotesi di esenzione previste per lo stesso regolamento e che tipicamente fanno riferimento alle operazioni di taglio ridotto (in particolare quelle previste dall’art. 1 par. 4 del Regolamento UE 2017/1129) ([6]).

L’interpretazione sistematica sembrerebbe orientare verso una soluzione che escluda l’obbligo di pubblicazione del prospetto qualora l’emissione ricada nelle fattispecie dell’articolo 1 del regolamento citato: nella materia in oggetto non sembrano esserci elementi specifici di maggiore rischiosità che impongano un maggior livello di tutela dell’investitore che, piuttosto, trova maggiore protezione attraverso gli obblighi specifici di reportistica indicati dagli articoli da 10 a 13.

L’articolo 15 del Regolamento EuGB chiude, infine, il sistema di trasparenza sopra tratteggiato imponendo all’emittente la pubblicazione nel proprio sito internet di tutte le relazioni e prospetti previsti nonché del piano capex a fondamento della strategia sulla allocazione dei proventi delle obbligazioni.

4. Le cartolarizzazioni verdi: limiti alla prospettiva finanziaria e la prospettiva dei basket bonds

Tratteggiato sopra il quadro di riferimento dei green bond europei, il legislatore considera il tema delle cartolarizzazioni verdi in una prospettiva “di rimando”: cercando, cioè, di adattare le regole generali previste per le obbligazioni semplici alle strutture specifiche delle cartolarizzazioni.

Nello sfondo di questo esercizio si può anche leggere il tentativo (già esaminato nel contesto della possibilità di investire in altre obbligazioni verdi, cfr. art. 5 del Regolamento EuGB) di limitare la complessità delle strutture finanziarie in questo tipo di operazioni.

Questo approccio, come si osserverà nel prosieguo, deriva da alcuni limiti utilizzati nella ricognizione del fenomeno delle cartolarizzazioni che, nella prospettiva del regolatore, sembrano far riferimento esclusivamente alle cartolarizzazioni di finanziamenti “green”.

In particolare, nel descrivere la caratteristica principale dell’allocazione dei proventi viene stabilito che in materia di cartolarizzazione questi si intendono come i proventi ottenuti dal cedente dalla vendita delle esposizioni cartolarizzate alla SSPE”.

In altri termini, il prezzo della cessione è l’elemento che determina il valore di allocazione dei proventi ai fini della qualificazione come EuGB. Le esposizioni che, a questo fine possono essere cartolarizzate saranno, nella gran parte dei casi, i finanziamenti concessi dalle banche per progetti allineati alla tassonomia o, in alcuni altri casi, i crediti che un tale progetto è in grado di produrre (ad es., la cessione dei proventi per l’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico).

In via sintetica, quindi, una cartolarizzazione EuGB è tale nella misura in cui è capace di fornire ulteriore funding a soggetti che hanno già finanziato progetti eleggibili: tipicamente banche o intermediari.

Da questo angolo visuale si comprende anche la regola posta dall’articolo 16 del Regolamento EuGB che richiede ai cedenti di adempiere agli obblighi di reportistica dell’emittente, mentre restano in capo alla società veicolo le regole sulla redazione del prospetto informativo, sulla pubblicazione nel sito internet (che sarà quello della società veicolo) oltre all’applicazione del divieto di emissione per gli emittenti residenti in giurisdizione non fiscalmente collaborative (art. 9).

Ugualmente, restano in capo alla società veicolo le regole di vigilanza previste dagli articoli 44 e ss. del Regolamento EuGB.

Considerando, infine, che una cartolarizzazione ha a riguardo un pool di esposizioni, il Regolamento EuGB precisa che le regole di eleggibilità degli asset da finanziarie e la soglia di deroga del 15% (artt. 4 e 5 del Regolamento EuGB), nonché dei limiti di rifinanziamento (art. 6) e sulla pubblicazione dei piani capex e applicazione dei criteri di vaglio tecnico (artt. 7 e 8) siano rispettati da tutti i cedenti su base proporzionale, con la possibilità, quindi, di ammettere degli scostamenti tra una posizione e l’altra.

Questo assetto di disciplina porta con sé due considerazioni. In primo luogo, l’importanza che la catena informativa riveste nell’attuale disciplina e, in secondo luogo, la necessità che il sottostante oggetto di cartolarizzazione sia già dotato di quei requisiti di reportistica che consentano di rendere affidabile il flow informativo.

Da questa seconda osservazione discende, ulteriormente, un rischio di scarsa applicabilità del Regolamento EuGB al mercato delle cartolarizzazioni più tradizionali.

Se si considera, infatti, una struttura tipica di cartolarizzazione di attivi costituiti da finanziamenti bancari, si può osservare come una cartolarizzazione EuGB richiederebbe che all’interno della disciplina dei finanziamenti cartolarizzati sia contemplato l’adempimento di un set informativo, alquanto strutturato, capace di adempiere le previsioni dal Regolamento EuGB.

In via di fatto, tale scenario non risulta di facile percorribilità: l’attuale prassi contrattuale non registra un tale livello di strutturazione dei contratti e, inoltre, l’adempimento degli obblighi informativi da parte dei prenditori previsti dal Regolamento EuGB verrebbero a costituire una seria barriera all’accesso del credito da parte dei promotori di progetti green di ridotte dimensioni.

Da un altro angolo visuale, non può non osservarsi come all’interno della nuova disciplina, il legislatore avrebbe potuto ampliare l’ambito di applicazione non solo ai prestiti obbligazionari, ma anche ai finanziamenti tradizionali, in analogia, tra l’altro, con il framework ICMA che conosce la figura dei “green” o “sustainableloans.

Se dunque la cartolarizzazione di finanziamenti “green” viene a trovare una difficile applicazione concreta, è prevedibile un maggior successo di operazioni di basket bond, nelle quali la cartolarizzazione dei crediti ha ad oggetto delle emissioni obbligazionarie già in ipotesi conformi alle regole del Regolamento EuGB.

Tuttavia, a ben considerare, la disciplina delle cartolarizzazioni green con sottostanti altri prestiti obbligazionari, verrebbe poi a sovrapporsi, risolvendosi – parrebbe – in una deroga, con il disposto dell’articolo 6 del Regolamento EuGB e, quindi, come deroga ai limiti di repackaging (massimo tre attività finanziarie in sequenza) e maturity del sottostante (creazione dell’obbligazione da non più di 5 anni).

Chiudono il quadro delle disposizioni in materia di cartolarizzazioni green, oltre alcuni obblighi di informativa supplementari (art. 19), il divieto di utilizzare il label EuGB per le cartolarizzazioni sintetiche e il divieto di cartolarizzare esposizioni che finanziano la supply chain e il commercio di combustibili fossili, con l’eccezione significativa (e per vero opinabile, considerato che l’ipotesi non è neppure coperta da un criterio di vaglio tecnico ai sensi del Regolamento Tassonomia ([7])) dell’uso di combustibili fossili per la produzione di energia elettrica e la co-generazione di calore/freddo.

5. Le cartolarizzazioni green nel settore real estate: uno strumento per il mercato italiano.

Valutando il mercato italiano delle cartolarizzazioni e, in particolar modo, quello dei crediti NPL, qualche interessante spunto dalla nuova normativa potrà esserci per il settore del real estate.

In questo ambito, la legge in materia di cartolarizzazione (l. 130/1999) consente, all’articolo 7.2, l’emissione di titoli ABS diretti all’acquisto e alla valorizzazione di asset immobiliari.

La quasi totalità di queste operazioni avviene nel contesto di operazioni di rimborso di finanziamenti ipotecari in default, dimostrando ancora una volta la potenzialità della finanza sostenibile ad intervenire nei fallimenti di mercato e la propensione di operatori specializzati in grado di produrre addizionalità (o esternalità positive) mediante la conversione di questi immobili.

Le aree di intervento specifico per le future obbligazioni EuGB emesse dalle Reoco indicata dall’articolo 7.2 della legge 130/99 sono quelle indicate dal par. 7 dell’Allegato I del Regolamento Delegato (UE) 2021/2139 che, a ben considerare, copre alcune aree tipiche di intervento di riqualificazione conosciute nel mercato e in particolare la riqualificazione di edifici esistenti previsti dal criterio di vaglio tecnico indicato al par. 7.2 Allegato I del regolamento da ultimo citato.

I vantaggi per gli operatori del mercato (dai noteholders, agli sponsors e agli stessi special servicers) risiedono in una tendenziale semplificazione degli obblighi di reportistica. Infatti, generalmente, tanto la quota di allocazione dei proventi quanto i piani capex sono documenti che fondano l’operazione stessa e vengono monitorati nel continuo; mentre l’impatto ambientale generato a chiusura del progetto si basa su indici non complessi e di facile verifica.

Ulteriormente, lo stesso set informativo consente l’adempimento degli obblighi previsti dall’articolo 8 del Regolamento Tassonomia e degli articoli 19 bis o 29 bis della direttiva 2013/34/UE in tema di reporting dei dati non finanziari.

Rispetto ad altri segmenti di mercato, nell’ambito di cartolarizzazioni di asset in distress si assiste, quindi, ad una più facile gestione e affidabilità dei dati oggetto di reporting, con l’ulteriore vantaggio di poter utilizzare direttamente i dati della Reoco veicolo, anche per i fini indicati dalla normativa più specificamente dedicata alla non reportistica finanziaria degli investitori in obbligazioni ABS.

6. Conclusioni

Concludendo, il Regolamento EuGB rappresenta un importante momento di sistemazione della materia, in quello che storicamente è stato il mercato maggiorente importante per la finanza sostenibile.

I presidi posti a garanzia delle informazioni oggetto di reporting e l’obbligo di certificazione del titolo da parte di società soggette a vigilanza rappresenta un passaggio importante da un assetto normativo finora incentrato sull’autonomia degli operatori, verso un assetto con un baricentro che maggiormente consente l’intervento pubblico e di vigilanza.

Ulteriormente apprezzabile è l’estensione di operatività per il comparto pubblico anche per il finanziamento degli sgravi fiscali: ipotesi che, da un lato, rafforza la necessità di un intervento pubblico nel mercato e, dall’altro lato, conferma il ruolo supplettivo della spesa pubblica che sempre più la finanza sostenibile sta registrando.

Il riferimento ai criteri di vaglio tecnico contenuti nei regolamenti delegati al Regolamento Tassonomia chiarisce l’applicazione in alcuni ambiti di attività già considerati dagli standard ICMA, anche se la natura di normativa in fieri rischia ancora oggi di essere foriera di maggiori incertezze che di orientamento del mercato.

In quest’ultima prospettiva è sicuramente apprezzabile la previsione di deroghe specifiche per aree non coperte dai criteri di vaglio tecnici, mentre l’inclusione di produzione di energia elettrica da combustibili avrebbe, forse, meritato una valutazione più rigorosa.

 

[1] Francesco Cusano, Danilo Liberati, Stefano Piermattei and Lorenzo Rubeo, Occasional Paper, Questioni di Economia e Finanza, Banca d’Italia, Ottobre 2023.

[2] In particolare, il regolamento SFDR che in materia di fondi di investimento ha creato le categorie di fondi light green (art. 8) e deep green (art. 9), forse meglio da ricondurre ad una evoluzione delle categorie rispettivamente dei fondi SRI e impact.

[3] Green Bonds Principles (GBP): https://www.icmagroup.org/sustainable-finance/the-principles-guidelines-and-handbooks/green-bond-principles-gbp/

[4] Anche alla luce che non sembra sussistere una voce capace di ricomprendere queste esigenze all’interno dei criteri di vaglio tecnici del Regolamento Delegato (UE) 2021/2139.

[5] Tale dato sembra doversi tener presente anche alla luce delle nuove figure, per vero solo abbozzata dal legislatore, delle obbligazioni eco-sostenibili o sustainability-linked (art. 20 e 21 del Regolamento EuGB).

[6] Offerte dedicate a investitori qualificati, a meno di 150 persone, con taglio minimo di 100.000€ etc.

[7] Regolamento Delegato (UE) 2021/2139 della Commissione.

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