La Corte di Cassazione, con sentenza n. 209 di data 4 gennaio 2024, (Pres. Scrima, Rel. Rossello) si è pronunciata in tema di bonifici domiciliati e pagamento a soggetti terzi non diretti destinatari degli stessi.
Nella sentenza in commento la Cassazione ha dunque ritenuto che, ove il pagamento sia stato eseguito a soggetto diverso da quello dell’effettivo destinatario, agisce con diligenza atta ad andare esente da responsabilità contrattuale l’istituto che paga ad un soggetto, il quale, non solo, ha esibito un documento identificativo e il codice fiscale, ma era altresì in possesso della chiave digitale.
Il servizio per i bonifici domiciliati con il conto corrente, in particolare, consente di effettuare pagamenti a favore di soggetti che non dispongono di conto corrente, mediante chiave digitale da presentare presso l’ufficio preposto.
Il pagamento a soggetto diverso dall’effettivo beneficiario dà luogo a una controversia che infine arriva in sede di Cassazione, la quale, confermando la decisione della corte territoriale, esclude la responsabilità dell’istituto pagatore.
La Corte afferma che il regime applicabile è quello della responsabilità contrattuale, e non (come da ricostruzione di parte ricorrente) la legge in materia di assegni; sottolineando che comunque, i principi di diritto applicabili alla materia sarebbero stati gli stessi.
Il bonifico domiciliato è stato quindi correttamente inquadrato nella delegatio solvendi, cui sono applicabili le norme in tema di mandato. Conseguentemente l’ente non risponde nel caso in cui abbia adempiuto, o, in mancanza di adempimento, nel caso in cui abbia in ogni caso agito conformemente alla regola di diligenza rafforzata, impostale dall’art 1176 c.c., in quanto professionista.
Riguardo alla valutazione della diligenza dovuta, la Corte ritiene che non sarebbe stato necessario, come invece sostenuto da parte ricorrente, il controllo di due documenti identificativi.
Infatti non è censurabile l’interpretazione del contratto della Corte territoriale, per cui il capitolato avrebbe fatto riferimento a una generica esibizione di documenti tra quelli identificativi.
Allo stesso modo una regola di diligenza tanto gravosa non sarebbe imposta nemmeno dagli standard valutativi della realtà sociale, poiché normalmente è sufficiente un solo documento per l’identificazione: non vale in senso contrario l’avversa opinione espressa in circolare ABI, in quanto questa non ha valenza precettiva.
La Corte territoriale avrebbe ritenuto dimostrato l’adempimento a tale regola di diligenza, con ragionamento non censurabile in sede di legittimità, in via presuntiva, mediante inferenza dall’annotazione degli estremi del documento.