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Editoriali

Breve storia della Riforma Rordorf

25 Febbraio 2019

Antonio Didone

già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

Di cosa si parla in questo articolo

[**] In una recente sintesi degli interventi di riforma delle procedure concorsuali[1] ho scritto che gli ulteriori interventi legislativi succedutisi dopo il decreto correttivo del 2007 sono culminati nel decreto legge dell’estate 2015, che ha come precedente una Raccomandazione europea.

La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo del 12 dicembre 2012 invitava ad un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza. La risposta europea alla crisi — si affermava — dovrebbe consistere nel creare un sistema efficiente di ristrutturazione e riorganizzazione delle imprese che permetta loro di sopravvivere alle crisi finanziarie, di operare in modo più efficace e, se necessario, di ripartire da zero.

Sollecitazione valevole sia per le grandi imprese multinazionali, ma anche per i 20 milioni di piccole imprese che costituiscono il pilastro dell’economia europea.

«Un diritto fallimentare moderno negli Stati membri dovrebbe aiutare le società a sopravvivere e incoraggiare gli imprenditori a cogliere una seconda opportunità; dovrebbe assicurare la rapidità e l’efficienza delle procedure, nell’interesse tanto dei debitori che dei creditori, contribuire a salvaguardare i posti di lavoro, aiutare i fornitori a mantenere la clientela e gli azionisti a preservare il valore delle società economicamente solide».

In tale prospettiva la volontà di dare agli imprenditori una seconda opportunità per rilanciare attività imprenditoriali redditizie e conservare l’occupazione avrebbe dovuto rappresentare una delle caratteristiche fondamentali del nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza.

I paesi più efficienti — secondo la Commissione — «sono quelli in cui esistono un quadro giuridico fallimentare e meccanismi di preallarme ben funzionanti: lo studio dimostra che quasi tutti i paesi il cui sistema giuridico fallimentare è considerato molto efficiente possiedono anche meccanismi di preallarme estremamente validi».

Altro punto ritenuto importante per garantire un’effettiva seconda opportunità sono — secondo la Commissione — i “tempi di riabilitazione”, ossia il tempo che intercorre tra il momento in cui la società è dichiarata fallita (liquidazione) e quello in cui può riavviare un’attività.

Già nel maggio 2011 il Consiglio “Competitività” aveva esortato gli Stati membri ad adottare misure specifiche, invitandoli a “dare una seconda opportunità agli imprenditori, riducendo, ove possibile, a un massimo di tre anni entro il 2013 per gli imprenditori onesti i termini per la riabilitazione e la liberazione dai debiti dopo il fallimento”.

Nel marzo del 2014 la Commissione Europea ha approvato una Raccomandazione con la quale ha — tra l’altro:

A1) ribadito la necessità di prevedere il beneficio della liberazione integrale dai debiti oggetto del fallimento dopo massimo tre anni a decorrere: (a) nel caso di una procedura conclusasi con la liquidazione delle attività del debitore, dalla data in cui il giudice ha deciso sulla domanda di apertura della procedura di fallimento; (b) nel caso di una procedura che comprenda un piano di ammortamento, dalla data in cui è iniziata l’attuazione di tale piano.

Inoltre, con la Raccomandazione è stata prevista:

B1) l’introduzione di «procedure flessibili che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali». Secondo la Commissione, «per evitare costi inutili e rispecchiare l’intervento precoce della procedura, al debitore dovrebbe, in linea di principio, essere lasciato il controllo delle sue attività, e la nomina di un mediatore o un supervisore non dovrebbe essere obbligatoria, bensì decisa caso per caso».

Anche per dare attuazione alla predetta Raccomandazione, nel gennaio 2015 l’allora Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha nominato una Commissione di studio, chiamando a presiederla Renato Rordorf e assegnando il termine del 31 dicembre 2015 per la conclusione dei lavori, con la predisposizione di uno schema di disegno di legge delega per la revisione delle norme in materia concorsuale.

Dai lavori di quella Commissione è scaturita la legge delega 19 ottobre 2017 n. 155, pubblicata sulla G.U. n. 254 del 30 ottobre 2017, diretta a soddisfare l’esigenza di operare, in modo sistematico ed organico, la riforma della materia dell’insolvenza e delle procedure concorsuali. Nominata dal Ministro Orlando una seconda Commissione Rordorf per la predisposizione dello schema di decreto legislativo delegato (o di più schemi), essa consegnò l’elaborato alla vigilia del Natale del 2017. Quindi, all’esito della revisione da parte dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, la delega è stata esercitata con approvazione preliminare dello schema di decreto legislativo nella riunione del CDM dell’8 novembre 2018 e, in via definitiva, “salvo intese”, il 10 gennaio 2019.

La versione ultima della Riforma ha quindi visto la luce sulla Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2019 (il decreto legislativo 12 febbraio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, CCII), in una versione in progress (schema Commissione Rordorf, schema preliminare nuovo Governo, schema entrato in Consiglio dei Ministri dopo i pareri delle Camere e del CDS, schema approvato “salvo intese”), che necessita di qualche tempo per la verifica definitiva: ad esempio, ancora nella versione approvata dal Consiglio dei Ministri l’8 novembre 2018, era contenuto, all’art. 197, l’enunciato “estratto della sentenza dichiarativa di fallimento”, pur essendo finalità della Riforma quella di eliminare qualsiasi riferimento ai termini fallito e fallimento.

Di chiusura del fallimento, poi, ancora si discorre nell’art. 125, comma 4, della versione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

Ad ogni modo i principali obiettivi della legge delega sono stati attuati, in particolare, quanto: a) al superamento del concetto di fallimento, espressione che non dovrà più essere utilizzata e alla sostituzione della procedura fallimentare con quella di liquidazione giudiziale; b) alla introduzione di una fase preventiva di “allerta” finalizzata all’emersione precoce della crisi d’impresa e ad una sua risoluzione assistita; c) all’istituzione di un procedimento giudiziale unitario per la soluzione della crisi d’impresa, una sorta di “contenitore processuale” unico, nel quale dovranno essere (se del caso contestualmente) inserite tutte le domande aventi ad oggetto un accordo di ristrutturazione, un concordato preventivo, o la liquidazione giudiziale, affinché, all’esito del procedimento, si dia ingresso alla procedura che i creditori ed il tribunale riterranno più idonea alla soluzione della crisi d’impresa; d) alla previsione, per le insolvenze di minore portata, di una esdebitazione di diritto – che dunque non richiede la pronuncia di un apposito provvedimento del giudice – conseguente alla chiusura della procedura di liquidazione giudiziale, fatta salva la possibilità di un’eventuale opposizione da parte dei creditori; e) all’introduzione di una disciplina della crisi del gruppo societario, con disposizioni volte a consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell’insolvenza delle plurime imprese del gruppo; f) all’istituzione di un albo nazionale dei “professionisti dell’insolvenza”, ai quali viene richiesta un’elevata specializzazione, acquisibile anche attraverso percorsi formativi dedicati.

Il CCII non manca di introdurre alcune importanti norme di diritto societario, come quella sulla responsabilità degli amministratori di s.r.l., con la previsione di un criterio predefinito (e valido fino a prova del contrario) di quantificazione del danno risarcibile.

La lunga vacatio (diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, salvo le norme di cui agli articoli 27, comma 1, 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388, che entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo) consentirà approfondimenti e riflessioni nonché eventuali modifiche alla luce delle criticità che verranno segnalate (e che sono state già segnalate per l’allerta).

 


[1] Didone, Ragionevole durata del (giusto) processo concorsuale, in Le riforme delle procedure concorsuali, a cura di Didone, Giuffrè, Milano, 2016, I, 39 ss. ** Il presente scritto riprende il lavoro ora citato e rappresenta una parte del suo aggiornamento destinato alla Rivista dell’esecuzione forzata, 2019.

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