1. La nuova Direttiva 2015/849
La Direttiva 2015/849 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (c.d. IV Direttiva in materia di antiriciclaggio), nonché la relativa attuazione nell’ordinamento giuridico italiano, svelano scenari incerti – tanto ai fini regolamentari che tributari – in merito alla disciplina applicabile ai trust ed ai loro beneficiari.
È noto che la disposizione comunitaria sopra citata è volta a recepire le indicazioni del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (GAFI), cristallizzate nelle recenti raccomandazioni di tale organismo internazionale, concernenti l’adozione di politiche legislative in materia di disposizioni antiriciclaggio ed in materia di antiterrorismo fondate sul principio di approccio basato sul rischio (c.d. risk based approach).
L’adozione della IV Direttiva reca con sé ulteriori aspetti concernenti la posizione dei trust, con particolare riferimento, tra gli altri, all’individuazione dei titolari effettivi e all’istituzione di un registro pubblico ove archiviare le informazioni in merito agli stessi titolari effettivi.
2. La nuova nozione di titolare effettivo ai fini dei trust
Ai sensi della Direttiva del Parlamento Europeo 2005/60/CE del 26 ottobre 2005 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, recepita in Italia dall’art. 1, comma 2, lett. u), e dell’allegato tecnico al d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (“d.lgs. 231/2007”), disposizione comunitaria in materia antiriciclaggio destinata ad essere sostituita dalla IV Direttiva sopra citata, per titolare effettivo si intende la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione o un’attività, ovvero, nel caso di entità giuridica, la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità ovvero ne risultano beneficiari, secondo i criteri indicati nell’allegato tecnico al d.lgs. 231/2007.
In particolare, in caso di trust, per titolare effettivo si intende ai sensi della Direttiva 2005/60/CE, art. 3, “in the case of legal entities, such as foundations, and legal arrangements, such as trusts, which administer and distribute funds: (i) where the future beneficiaries have already been determined, the natural person(s) who is the beneficiary of 25 % or more of the property of a legal arrangement or entity; (ii) where the individuals that benefit from the legal arrangement or entity have yet to be determined, the class of persons in whose main interest the legal arrangement or entity is set up or operates; (iii) the natural person(s) who exercises control over 25 % or more of the property of a legal arrangement or entity”.
La definizione contenuta nella IV Direttiva, volta a ridefinire la nozione di titolare effettivo prevista dalla Direttiva 2005/60/CE sopra riportata, prevede al contrario come “in the case of trusts: (i) the settlor; (ii) the trustees(s); (ii) the protector, if any; (iii) the beneficiaries, or where the individuals benefiting from the legal arrangement or entity have yet to be determined, the class of persons in whose main interest the legal arrangement or entity is set up or operates; (iv) any other natural person exercising ultimate control over the trust by means of direct or indirect ownership or by other means”.
Le differenze tra le due proposte nozioni di “titolare effettivo” sono evidenti:
- in primo luogo, scompare ogni soglia al di sotto della quale la posizione del beneficiario determinato di un trust assume rilevanza ai fini antiriciclaggio. Invero, la nozione di titolare effettivo della Direttiva 2005/60/CE del 26 ottobre 2005 prevede la necessità che il beneficiario abbia diritto al 25% delle proprietà conferite nel trust, mentre tale limite non è riproposto nella nozione di titolare effettivo prevista dalla IV Direttiva;
- altresì, la nozione di titolare effettivo della IV Direttiva prevede espressamente la possibilità che il settlor, il protector o il trustee assumano il ruolo di titolare effettivo ai fini antiriciclaggio, mentre nella versione della stessa nozione codificata dalla Direttiva 2005/60/CE del 26 ottobre 2005 la posizione di tali soggetti non è contemplata (salvo doverli eventualmente ricomprendere tra coloro che esercitavano il controllo sui beni apportati nel trust);
- infine, mentre la nozione di titolare effettivo della Direttiva 2005/60/CE del 26 ottobre 2005 contempla fattispecie tra loro chiaramente alternative (i.e. assumono il ruolo di titolare effettivo i beneficiari determinati che hanno diritto a più del 25% del capitale del trust e, in mancanza, si considerano beneficiario effettivi i componenti della classe nel cui interesse principale è stato istituito il trust, etc.), al contrario, nella IV Direttiva la nozione di titolare effettivo sembrerebbe codificare fattispecie tra loro concorrenti: per l’effetto, il settlor potrebbe rivestire il ruolo di titolare effettivo unitamente al trustee e/o ad un beneficiario determinato.
Le riferite modifiche alla nozione di beneficiario effettivo ai fini antiriciclaggio assumono rilevanza anche ai fini tributari. Ed invero, l’art. 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla l. 4 agosto 1990, n. 227 (“d.l. 167/1990”), concernente la “Rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori” (c.d. monitoraggio fiscale), prevede l’obbligo per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali che detengono investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria di indicare gli stessi nella propria dichiarazione dei redditi (quadro RW). Per come è noto, a seguito della novella recata dalla l. 6 agosto 2013, n. 97 (c.d. legge europea 2013), l’obbligo di indicare le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero è stato esteso anche ai titolari effettivi di tali attività.
A tal fine, la norma tributaria sopra menzionata (i.e. l’art. 4 del d.l. 167/1990) richiama direttamente la nozione di titolare effettivo prevista dalla disciplina antiriciclaggio (rinviando all’art. 1, comma 2, lett. u) e all’allegato tecnico del d. lgs. 231/2007). Con specifico riferimento ai trust, infatti, richiamando i principi contenuti nell’allegato tecnico n. 2 al d. lgs. 231/2007, il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 18 dicembre 2013, prot. 2013/151663, con il quale sono state rese istruzioni operative sulla novellata disciplina del monitoraggio fiscale, stabilisce che, in caso di trust, per titolare effettivo si intende, coerentemente alla disciplina in materia di antiriciclaggio: (a) se i futuri beneficiari sono già stati determinati, la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25 per cento o più del patrimonio del trust; (b) se le persone che beneficiano del trust non sono ancora state determinate, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituito o agisce il trust (sebbene, come specificato dalla Circolare n. 38/E del 2013, ai fini del trust tale indicazione non trova applicazione); ovvero (c) la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25 per cento o più del patrimonio del trust.
Rappresentando il rinvio contenuto nell’art. 4 del d.l. 167/1990 un rinvio c.d. mobile, le modifiche alla nozione di beneficiario effettivo apportate dalla IV Direttiva, una volta attuate in Italia attraverso le previste disposizioni legislative nazionali (di cui appena infra), potrebbero essere suscettibili di assumere rilievo anche ai fini tributari domestici, con specifico riferimento agli obblighi ai fini del monitoraggio fiscale: ove si accedesse alla tesi che le eventuali modifiche alla nozione di titolare effettivo ai fini antiriciclaggio spieghino effetti anche in relazione al monitoraggio fiscale, i settlor, residenti ai fini fiscali in Italia, potrebbero – ad esempio – essere tenuti all’adempimento degli obblighi derivanti dalla predetta disciplina tributaria unitamente ai beneficiari degli stessi trust.
3. L’introduzione del registro concernente le informazioni sui titolari effettivi
In aggiunta, la IV Direttiva in materia di antiriciclaggio obbliga gli Stati membri a istituire un apposito pubblico registro nel quale siano conservate le informazioni concernenti la titolarità effettiva di società e di “soggetti” giuridici, quali trust, fondazioni, etc. (art. 30 della IV Direttiva). Le informazioni “centralizzate” in tale registro devono essere rese accessibili a: (i) le autorità competenti, (ii) le Unità di informazione finanziaria (per l’Italia, l’Unità di informazione finanziaria – “UIF” – istituita presso la Banca d’Italia), (iii) i soggetti obbligati all’adeguata verifica della clientela e (iv) a chiunque (persona fisica o giuridica) dimostri di averne legittimo interesse (nel qual caso le informazioni che potranno essere acquisite saranno limitate al nome, al mese ed anno di nascita, alla cittadinanza, al paese di residenza del titolare effettivo così come alla natura ed entità dell’interesse beneficiario detenuto).
Ai fini dell’attuazione della disposizione comunitaria in esame, nell’ambito del disegno di legge A.C. 3540, attualmente in discussione presso la Camera dei Deputati, avente ad oggetto “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015”, all’art. 14 si stabilisce che il Governo è autorizzato ad emanare un apposito decreto legislativo onde “prevedere che, per i trust produttivi di effetti giuridici rilevanti, ai fini fiscali, per l’ordinamento nazionale, le informazioni di cui al punto 3.2. del paragrafo 3 inerenti i medesimi trust siano registrate in apposita sezione del Registro Imprese di cui alla legge 29 dicembre 1993 n. 580”.
La disposizione concernente la legge delega per l’implementazione della IV Direttiva in materia di antiriciclaggio diverge dalla disposizione comunitaria in quanto in quest’ultima non è previsto che l’iscrizione dei titolari effettivi dei trust in apposito registro sia subordinata alla rilevanza fiscale degli stessi trust per l’ordinamento dello Stato membro in cui è istituito lo stesso registro.
In aggiunta, il richiamo generico alla rilevanza ai fini fiscali dei trust per l’ordinamento nazionale, al di là delle ipotesi poco frequenti nella prassi di trust residenti ai fini fiscali in Italia, è foriero di gravi incertezze.
(i) In primo luogo, ancorare l’obbligo di registrazione dei trust alla relativa rilevanza ai fini fiscali nell’ordinamento giuridico nazionale potrebbe comportare, secondo un’interpretazione formale, l’assenza di obbligo di registrazione di quei trust che siano dichiarati interposti ai fini fiscali ai sensi dell’art. 37, comma 3, del d.p.R. 29 settembre 1973, n. 600. Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, infatti, l’esistenza ai fini tributari del trust è disconosciuta (e dette entità giuridiche sono quindi tamquam non esset ai fini tributari) ove il patrimonio conferito nel trust sia de facto rimasto a disposizione del settlor o già ascrivibile alla disponibilità di uno o più beneficiari. In particolare, nelle Circolari 6 agosto 2007 n. 48/E, 10 ottobre 2009 n. 43/E e 27 dicembre 2010 n. 61/E, l’Amministrazione finanziaria ha proposto diversi esempi di trust interposti, accomunati dalla circostanza che il potere di disporre “discrezionalmente” dei beni e dei redditi non fosse di fatto attribuito agli organi del trust, ma al settlor e/o ai beneficiari (ad es. il trust in cui il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito generato; il trust in cui il disponente può modificare i beneficiari; il trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati, etc.).
Un’interpretazione così formalistica rischierebbe di vanificare la funzione del registro dei beneficiari effettivi dei trust poiché – ed è un dato di prassi – l’Amministrazione finanziaria tende sovente a contestare l’interposizione dei trust onde ascrivere la disponibilità del patrimonio e dei redditi da essi promananti ai settlor o ai beneficiari.
(ii) Altresì, laddove la rilevanza fiscale fosse fatta derivare dalla sussistenza degli obblighi di monitoraggio fiscale delle attività finanziaria o patrimoniali eventualmente detenute dal trust su un contribuente italiano, sarebbero soggetti a registrazione i trust i cui titolari effettivi (ai fini antiriciclaggio) siano residenti ai fini fiscali in Italia. Tale interpretazione lascerebbe un margine di incertezza negli operatori in merito alla ricostruzione della residenza fiscale dei titolari effettivi che potrebbe richiedere un’analisi fattuale, impossibile nell’ambito dell’ordinaria due diligence ai fini antiriciclaggio. Altresì, la residenza fiscale in Italia potrebbe essere addirittura presunta, ad esempio – per quanto riguarda le persone fisiche – ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis, del d.p.R. 22 dicembre 1986 n. 917, Testo Unico in materia di imposte sul reddito (“TUIR”), a mente del quale le persone fisiche si ritengono residenti ai fini fiscali in Italia laddove abbiano trasferito la propria residenza in Stati con regime fiscale privilegiato individuati ai sensi del Decreto del Ministero delle Finanze 4 maggio 1999.
(iii) In aggiunta, è possibile osservare come, laddove la rilevanza fiscale del trust richiesta dalla proposta legislativa ora in fase di discussione alla Camera dei Deputati fosse identificata nell’imputazione dei redditi, per trasparenza, ad un beneficiario determinato residente ai fini fiscali in Italia, tale interpretazione rischierebbe di manifestare rilevanti incertezze interpretative. Infatti, l’art. 73, comma 2, TUIR prevede che i redditi di un trust siano imputati per trasparenza ai beneficiari “individuati” dello stesso trust intendendo come tali i beneficiari indicati nel trust deed o in successive previsioni istitutive ai quali sia attribuito un diritto di credito attuale ed incondizionato a pretendere dal trustee l’assegnazione del reddito prodotto dai beni facenti parte del trust fund (cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/E del 2007 nonché Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate nn. 81/E del 2008, 278/E del 2007 e 425/E del 2008).
Al contrario la nozione di “beneficiario determinato”, ai fini della disciplina antiriciclaggio, sembrerebbe richiamare la posizione soggettiva di beneficiari che vantino il diritto di ricevere una quota predeterminata del capitale del trust, svincolato da condizioni sospensive o termini iniziali, e non già meramente il diritto a percepire il reddito che tale patrimonio ha prodotto. In tal senso sembrerebbe deporre, ad esempio, la disciplina della legge sull’antiriciclaggio inglese (Financial Services Authority, Money Laundering Regulations 2007), dettata anche essa (così come il d. lgs. 231/2007) ai fini dell’implementazione della direttiva del Parlamento Europeo 2005/60/CE sopra richiamata secondo cui è beneficiario determinato “any individual who is entitled to a specified interest in at least 25% of the capital of the trust property” e per “specified interest” s’intende “a vested interest which is (a) in possession or in remainder or reversion (or, in Scotland, in fee); and (b) defeasible or indefeasible” (Financial Services Authority, Money Laundering Regulations 2007, § 6.3 e 6.4.).
Le differenti rationes di fondo sottese all’individuazione del “beneficiario individuato” ai fini delle imposte sul reddito (identificabile nell’individuazione del presupposto per l’imputazione del reddito prodotto dal patrimonio del trust) e all’individuazione del “beneficiario determinato” ai fini antiriciclaggio (radicabile nelle necessità di individuare il titolare effettivo del patrimonio del trust) potrebbero comportare asimmetrie interpretative in merito all’individuazione dei trust che siano soggetti all’obbligo di iscrizione nel registro di nuova istituzione.
Quanto sopra ricostruito consente di evidenziare come l’individuazione del presupposto oggettivo per l’obbligo di iscrizione dei trust nel registro di nuova istituzione, mediante “contaminazione” della disciplina in materia antiriciclaggio con il richiamo alla rilevanza fiscale ai fini italiani, possa essere in alcuni casi fuorviante (criticità rilevata anche dal Servizio Studi del Senato della Repubblica nel Dossier n. 283) e che sarebbe preferibile che il legislatore italiano fornisse un’autonoma definizione del presupposto oggettivo per l’iscrizione dei trust nel registro di nuova istituzione.