Como noto, regna grande incertezza circa l’iter di recesso del Regno Unito dall’Unione Europea. Il Parlamento inglese, nonostante abbia recentissimamente preso posizione in merito alla necessità di un accordo che disciplini la Brexit, ha però più volte respinto quello già concordato tra le parti. Resta quindi ancora concreta l’eventualità che l’uscita dall’Unione si realizzi automaticamente – per effetto dell’art. 50, par. 2, del Trattato sull’Unione Europea – il prossimo 29 marzo, in totale assenza di misure transitorie volte a garantire la continuità dei mercati e dell’attività transfrontaliera degli intermediari (c.d. “hard Brexit”), seppure pare prospettarsi la possibilità di un’intesa volta a prorogare tale termine.
La Consob, in continuità con quanto disposto dall’ESMA con il recente Statement del 19 dicembre 2018 [1], preoccupata dalla situazione venutasi a creare, ha dunque emanato, in data 12 marzo 2019, una breve nota in cui sensibilizza gli intermediari a prestare particolare attenzione alle implicazioni della Brexit sulla prestazione delle attività e dei servizi di investimento. Ciò in applicazione di quanto previsto dall’art. 24 della Direttiva 2014/65/UE (di seguito, “MiFID II”) e negli artt. 44, 46, 47 e 49 del Regolamento Delegato (UE) 565/2017 (di seguito, il “Regolamento Delegato”).
Nello specifico, il richiamo si rivolge in prima battuta alle banche e alle imprese di investimento con sede nel Regno Unito che prestano servizi e attività di investimento in Italia tramite succursali o in regime di libera prestazione dei servizi [2], che a seguito della fuoriuscita britannica dall’Unione perderanno il passaporto europeo.
L’Autorità di Vigilanza richiede di procedere con tempestività – qualora non vi abbiano già provveduto – “a fornire ai clienti informazioni appropriate in merito alle conseguenze delle mutate condizioni operative discendenti dalla Brexit”, con un livello di dettaglio che può variare a seconda che sia destinata a un cliente retail o a un cliente professionale.
Il cliente deve essere informato in merito a:
- l’impatto della Brexit sulle modalità di prestazione dei servizi e delle attività di investimento, sullo specifico servizio reso al cliente nonché sulla futura relazione con il medesimo;
- le specifiche iniziative adottate per consentire l’ordinata gestione del rapporto in essere con il cliente (tra cui rientrano, se del caso, le modalità di chiusura del rapporto) nonché per la gestione delle richieste di informazioni e dei reclami ricevuti in connessione alla Brexit;
- le principali implicazioni della Brexit – anche conseguenti a modifiche dell’operatività dell’intermediario – sul rapporto contrattuale con il cliente, ivi inclusa la presumibile tempistica di chiusura dei rapporti.
Gli obblighi informativi devono essere adempiuti mediante l’invio di comunicazioni al singolo cliente nonché tramite la pubblicazione delle informazioni richieste, in italiano e in inglese, sul sito internet di ciascun intermediario [3].
Ad analoghi obblighi, specifica l’Autorità, sono tenuti gli intermediari italiani che prestano servizi e attività di investimento in UK, tenendo conto anche, ovviamente, della normativa britannica.
In conclusione, si può osservare come l’iniziativa della Consob si ponga all’interno di un solco già tracciato dalle Autorità di Vigilanza per fronteggiare la situazione altamente caotica venutasi a creare [4].
In un clima di assoluta mancanza di chiarezza su come si realizzerà la Brexit, la via scelta dalla Commissione per garantire effettiva tutela per gli investitori consiste nella predisposizione di misure volte ad accrescere il più possibile la consapevolezza degli stessi sulle implicazioni e le conseguenze di una contingenza mai verificatasi prima, quale è il recesso di uno Stato Membro dall’Unione.
[1] Cfr. ESMA, Statement – Reminder to firms on their MiFID obligations on disclosure of information to clients in the context of the United Kingdom withdrawing from the European Union, reperibile sul sito www.esma.europa.eu.
[2] Nonché ai gestori UK che prestano servizi e attività di investimento in Italia o commercializzano nel nostro Paese OICR propri o di terzi.
[3] L’Autorità di Vigilanza riconosce agli intermediari libertà di scegliere la modalità di comunicazione ritenuta più opportuna, nel rispetto delle disposizioni contrattuali e della normativa di riferimento. È però richiesto alle imprese di investimento di essere in grado di dimostrare l’effettiva ricezione della comunicazione da parte del cliente.
[4] Si veda, ad esempio, oltre al già citato Statement dell’ESMA, la comunicazione di Banca d’Italia dello scorso febbraio, sull’informativa per la clientela italiana da parte degli istituti bancari con sede nel Regno Unito operanti in Italia in ambito di trasparenza bancaria.