La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24715 del 16 settembre 2024, si è pronunciata sulla questione relativa al tasso di interesse applicabile ai buoni fruttiferi postali della serie Q-P.
Si ricorda che i buoni fruttiferi postali, garantiti dallo Stato, sono emessi da Cassa depositi e prestiti (CDP) e distribuiti da Poste Italiane.
I buoni postali della Serie Q-P, in particolare, sono titoli emessi dopo il 1° luglio 1986, con scadenza 30 anni; il decreto ministeriale del 16 giugno 1986 aveva emesso la Serie Q utilizzando i moduli della serie P, aggiungendo un timbro che indicava i nuovi tassi di interesse per i primi 20 anni, ma non il timbro che indicava i successivi 10 anni: la questione, pertanto, concerneva il tasso di interessi applicabile a tali buoni per il decennio privo di specificazione col secondo timbro, ovvero il tasso indicato sulla serie P originaria, o quello indicato dal decreto ministeriale.
La S.C., richiamando il leading case Varuolo c/ Poste Italiane s.p.a., deciso con la sentenza n. 22619/2023 del 26 luglio 2023, ribadisce che non sono applicabili i rendimenti più elevati previsti dalla precedente serie “P” ed ancora leggibili sul retro del buono postale, nella parte non coperta dal nuovo timbro, dovendosi fare riferimento alla percentuali fissate dal decreto ministeriale di aggiornamento.
Ripercorrendo l’annosa questione sottesa al caso affrontato dalla Corte, quest’ultima ricorda che, in mancanza dei titoli cartacei, una nuova serie di buoni era infatti stata emessa utilizzando i supporti della serie precedente («P»), con l’apposizione, sulla parte anteriore, del timbro che indica la nuova serie («Q/P») e, sulla parte posteriore, del timbro con la misura dei nuovi tassi.
Il timbro però non copre integralmente la stampa dei tassi d’interesse della serie precedente, lasciando scoperta la parte relativa all’ultimo decennio.
Tuttavia, ribadisce la Corte, ciò non consente al possessore del titolo di pretendere, per l’ultimo decennio, gli interessi più favorevoli previsti per la vecchia serie.
L’imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro, infatti, non ha valore di manifestazione di volontà negoziale rilevante, poiché l’accordo ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie e le clausole aggiunte prevalgono su quelle precedenti, qualora incompatibili.
In aggiunta, la nuova stampigliatura prevede l’indicazione dei tassi in valori percentuali, mentre i rendimenti dell’ultimo decennio che si pretende di applicare, seguono il diverso criterio dei valori monetari assoluti, adottato nella stesura dell’intera tabella della serie «P», cui però il buono non appartiene.
Pertanto, anche se nel riquadro dei rendimenti risultanti dalla stampigliatura sovrapposta alla precedente tabella è assente alcuna specifica indicazione dei tassi relativi all’ultimo decennio, non per questo è giustificata un’interpretazione che finisca per deformare il senso della volontà negoziale, isolando un dato che è integrato nella vecchia tabella e che si pone in continuità con i rendimenti indicati nella tabella stessa, non con quelli della serie «Q/P».
Infatti, per i titoli della serie Q-P, l’art. 5 del D.M. 13 giugno 1986, imponeva proprio una stampigliatura recante la misura dei nuovi tassi, e non l’indicazione delle maggiorazioni dei valori monetari.
Pertanto, conclude la Corte, i saggi di interesse fissati con DM del Tesoro, aventi “effetto per i buoni di nuova serie”, come previsto dall’art. 173, comma 1, D.P.R. 156/1973, completano, attraverso un procedimento di eterointegrazione, il regolamento contrattuale che nulla dispone sui rendimenti dei titoli di quella serie, riferiti a un dato periodo.
Questo il principio di diritto espresso:
Poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il ‘senso letterale delle parole’ alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘Q/P’, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisiva sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti: tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo.