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Giurisprudenza

Business judgement rule e responsabilità gestoria dell’amministratore

9 Aprile 2021

Silvia Maglio, trainee lawyer presso Hogan Lovells Studio Legale

Cassazione Civile, Sez. I, 10 novembre 2020, n. 4079 – Pres. De Chiara, Rel. Campesi

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte affronta il tema del rapporto tra amministrazione e proprietà, con particolare riferimento ai presupposti del giudizio di responsabilità degli amministratori ex art. 2392 c.c. e al relativo onere probatorio.

Gli Ermellini prendono le mosse dalla constatazione per cui la responsabilità degli amministratori verso la società ha natura prettamente contrattuale, con la conseguenza che incombe sulla società medesima l’onere di dimostrare la violazione, da parte dell’amministratore, dei doveri a lui facenti capo, nonché il nesso eziologico tra condotta amministrativa illecita e danno prodottosi nella sfera sociale. Al contrario, all’amministratore convenuto spetterà l’onere di fornire prova della non imputabilità al medesimo del fatto dannoso, mediante dimostrazione del corretto adempimento agli obblighi afferenti alla carica gestoria rivestita (nel medesimo senso, Cass. n. 2975/2020; Cass. n. 17441/2016 e Cass. n. 14988/2013).

Qualora, in particolare, la condotta contestata all’amministratore non integri, di per sé, violazione di legge o di una previsione statutaria, la società attrice dovrà dimostrare l’illiceità del comportamento del convenuto tramite deduzione in giudizio di elementi fattuali atti a far desumere che, nel caso di specie, la condotta contestata è stata tenuta dall’amministratore in spregio al generale dovere di diligenza, che impone di adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali, e di lealtà, il quale esige, tra l’altro e in particolare, di astenersi dall’agire in conflitto di interessi con la società amministrata.

Sebbene, per consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 15470/2017; Cass. 3409/2013 e Cass. 3652/1997), “il giudizio di diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione” o l’opportunità economica di tali scelte, in conformità alla cd. business judgement rule), è pur sempre vero che l’obbligo di diligenza facente capo all’amministratore impone di valutare ex ante i margini di rischio relativi all’operazione da intraprendere, adottando le cautele, e svolgendo le verifiche preventive, normalmente richieste per la tipologia di attività considerata. Di modo che, in presenza di operazioni gestorie “manifestamente avventate e imprudenti”, sarà possibile fondare un giudizio di responsabilità dell’amministratore agente, a prescindere dal generale principio dell’insindacabilità nel merito delle scelte imprenditoriali, da considerarsi “recessivo a fronte di un’accertata natura palesemente arbitraria della scelta adottata”.

Inoltre, il soggetto investito della carica gestoria è gravato da un obbligo legale, ai sensi dell’art. 2391 c.c., di informare previamente gli altri amministratori e il collegio sindacale di ogni interesse che l’amministratore medesimo abbia in una determinata operazione, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata. La violazione di tale onere informativo vale, pertanto, a consentire un sindacato sulla scelta imprenditoriale dell’amministratore interessato, rilevante ai fini della fattispecie di responsabilità ex art. 2392 c.c.

Sotto un diverso profilo, la Corte di Cassazione evidenzia come non acquisti alcun rilievo giuridico, ai fini del giudizio di responsabilità ex art. 2392 c.c., l’eventuale violazione di direttive o indicazioni fornite dalla proprietà. Invero, non esiste “alcun vincolo di mandato tra soci, o maggioranza di essi, ed amministratore, atteso che il rapporto intercorrente tra quest’ultimo e la società, è disciplinato dalle norme speciali sulle società stesse, le quali non prevedono un potere di direttiva giuridicamente rilevante sugli amministratori da parte della società medesima”. In ipotesi siffatte, resta in ogni caso la possibilità di revoca per giusta causa dell’amministratore agente, per venir meno del rapporto fiduciario tra società e amministratore.

 

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