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Giurisprudenza

Business judgement rule: si applica alla predisposizione di assetti adeguati

19 Novembre 2020

Federica De Gottardo, Dottoranda in diritto commerciale presso l’Università di Trento, Avvocato in Trento

Tribunale di Roma, 8 aprile 2020 – GU Romano

Di cosa si parla in questo articolo

 

Il prossimo 29 gennaio si terrà il WebSeminar di rassegna di giurisprudenza e orientamenti notarili in materia societaria organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

L’ordinanza de qua, resa nell’ambito di un procedimento cautelare per il sequestro conservativo dei beni degli amministratori di una società a responsabilità convenuti in responsabilità nel diverso giudizio di merito, fornisce un’opzione interpretativa su due questioni cardine del diritto societario: (i) la sorte dei crediti litigiosi in ipotesi di cancellazione della società dal registro delle imprese; (ii) la possibile applicabilità della business judgment rule alle scelte organizzative degli amministratori, con particolare riguardo alle modalità di predisposizione degli assetti adeguati.

Con riguardo alla prima questione, il Tribunale di Roma richiama innanzitutto la distinzione elaborata dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alle posizioni attive, non definite o sopravvenute, che residuano al termine della procedura di liquidazione. Nella specie, la Corte di Cassazione distingue tra le posizioni “gestite” dal liquidatore prima di chiedere la cancellazione dal registro delle imprese – nelle quali subentrano pacificamente gli ex soci ai sensi dell’art. 110 c.p.c. – e le “mere pretese”, rispetto alle quali il mancato espletamento di qualsivoglia attività da parte del liquidatore fa presumere una tacita rinunzia da parte della società (v. Sez. Un. 12 marzo 2013, n. 6070). Sulla scorta di tale distinzione di massima, il Giudice di prime cure ha chiarito come il giudizio di responsabilità contro gli amministratori introdotto dalla società in liquidazione “prima della cancellazione e, quindi, della sua estinzione, possa qualificarsi come rapporto giuridico «coltivato» da parte del liquidatore prima di procedere alla richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese”, con la conseguente applicabilità a tali ipotesi della regola della successione, nella titolarità di tale rapporto, dei soci della società estinta.

Quanto al perimetro di applicabilità della business judgement rule, il Tribunale di Roma si sofferma sul rapporto tra l’insindacabilità nel merito delle scelte gestorie e l’obbligo di predisporre adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili che la recente riforma concorsuale ha espressamente posto a carico degli amministratori di tutte le società. Al riguardo, il Giudice ha innanzitutto chiarito che “la funzione organizzativa rientra pur sempre nel più vasto ambito della gestione sociale e che essa deve necessariamente essere esercitata impiegando un insopprimibile margine di libertà, per cui le decisioni relative all’espletamento della stessa vengono incluse tra le decisioni strategiche”. Ciò, in quanto “la predisposizione di un assetto organizzativo non costituisce l’oggetto di un obbligo a contenuto specifico, ma al contrario, di un obbligo non predeterminato nel suo contenuto, che acquisisce concretezza solo avuto riguardo alla specificità dell’impresa esercitata e del momento in cui quella scelta organizzativa viene posta in essere”, come testimoniato dalle stesse scelte normative, che hanno utilizzato come criterio di condotta degli amministratori la clausola, generale ed elastica, dell’adeguatezza.

In ragione di ciò, ad avviso del Tribunale di Roma “la scelta organizzativa rimane pur sempre una scelta afferente al merito gestoria, per la quale vale il criterio dell’insindacabilità”, a condizione che “la scelta effettuata sia razionale (o ragionevole), non sia ab origine connotata da imprudenza tenuto conto del contesto e sia stata accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico”.

 

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