Con la sentenza in esame la Suprema Corte ribadisce, innanzitutto, sulla linea di consolidata giurisprudenza, che all'amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune sotto il profilo economico, atteso che tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e che, al limite, può rilevare come giusta causa di revoca.
Viene, quindi, chiarito che, ai fini della valutazione della pertinenza di un atto degli amministratori all'oggetto sociale, e della conseguente efficacia dello stesso ai sensi dell'art. 2384 c.c., il criterio che deve essere seguito è quello della strumentalità, diretta o indiretta, dell'atto rispetto all'oggetto sociale, inteso come la specifica attività economica concordata dai soci nell'atto costitutivo, in vista del perseguimento dello scopo di lucro proprio dell'ente.
Non sono, invece, sufficienti al predetto fine né il criterio dell’astratta previsione, nello statuto, del tipo di atto posto in essere né il criterio della conformità dell'atto all'interesse della società.