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Giurisprudenza

Carente vigilanza dei sindaci nelle società quotate e sanzioni Consob

18 Aprile 2018

Brando M. Cremona, Trainee presso Linklaters LLP

Cassazione Civile, Sez. II, 7 marzo 2018, n. 5357 – Pres. Pettiti, Rel. Federico

Di cosa si parla in questo articolo

In materia di omessa o carente vigilanza da parte del collegio sindacale, pur non qualificandosi il controllo dei sindaci ai sensi dell’articolo 149 TUF come un controllo di merito, i poteri del collegio quale organo di vigilanza di una società quotata non possono attuarsi solamente sulla base delle informazioni che gli amministratori sono obbligati a fornire, ma anche attraverso l’esercizio di propri ampi poteri di indagine.

Nel caso di specie (relativo al perfezionamento di una serie di rilevanti operazioni con parti correlate), la Consob aveva irrogato nei confronti del ricorrente delle sanzioni amministrative pecuniarie, ravvisando una serie di violazioni dei doveri di vigilanza di cui all’art. 149, comma 1, del TUF.

Soffermandosi sui vari motivi di ricorso, la Suprema Corte stabilisce innanzitutto come l’irrogazione delle sanzioni amministrative da parte della Consob si fonda sull’omesso o inadeguato esercizio dell’attività di vigilanza, non qualificandosi dunque il danno come elemento costitutivo dell’illecito contestato (parte attrice aveva infatti al riguardo denunciato l’omessa prova, da parte dell’Autorità, del danno asseritamente verificatosi).

Quanto precede contribuirebbe così a differenziare l’illecito amministrativo in esame dal regime dettato dall’articolo 2407 c.c., che invece, al fine di ravvisare la responsabilità civile dei sindaci, richiederebbe l’insorgere di conseguenze dannose come effetto della condotta.

In secondo luogo, i Supremi Giudici si esprimono su degli ulteriori motivi di impugnazione, in base ai quali al sindaco ricorrente verrebbe erroneamente contestata una responsabilità sulla base di una valutazione di merito, senza tenere in dovuto conto la complessità della struttura organizzativa della società quotata (da cui deriverebbe l’impossibilità di censire tutte le operazioni effettuate e dunque una esclusione della responsabilità).

Al riguardo, pur riconoscendo la Corte come il controllo dei sindaci non possa qualificarsi ai sensi di un controllo di merito, si rileva che il collegio sindacale sia dotato nelle società quotate di ampi poteri di indagine.

Ala luce di quanto precede, non verrebbe dunque in rilievo un controllo sul merito delle scelte gestionali, ma “l’omesso esercizio degli ampi poteri ispettivi e di monitoraggio che la legge impone ai sindaci”, ben potendo i sindaci, in presenza di informazioni insufficienti da parte degli amministratori, “attivarsi in proprio per acquisire i necessari elementi conoscitivi”.

Di conseguenza, la complessa articolazione organizzativa non può comportare né l’esclusione né il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo dei singoli membri dell’organo di controllo, gravando sugli stessi, da un lato, un intenso obbligo di vigilanza (in funzione della salvaguardia degli interessi degli azionisti e dell’adeguatezza sistemi di controllo interno) e, dall’altro lato, un obbligo di denuncia immediata alla Consob (quest’ultimo ai sensi dell’articolo 149, comma 3, del TUF).

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