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Cartolarizzazioni: questioni controverse e soluzioni giurisprudenziali

28 Maggio 2021

Margherita Domenegotti, Partner, Silvia Pagani, Senior Associate, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

1. Uno sguardo al mercato degli NPL’s

Scopo del presente contributo è quello di prendere in esame alcune delle questioni e problematiche di carattere tecnico-giuridico sorte negli ultimi anni e sottese alle operazioni di cessione dei crediti bancari: il mercato delle cartolarizzazioni delle NPE si conferma infatti molto attivo e se, da una parte, i timori di una nuova ondata di crediti deteriorati previsti a fine moratorie hanno spinto le banche ad accelerarne le dismissioni, soprattutto sul finire del 2020, dall’altra, gli investitori si sono fatti trovare pronti e determinati a proseguire nei loro piani di investimento.

A ciò si aggiunga che, a fianco degli operatori consolidati, si stanno sempre più avvicinando nuovi investitori provenienti dal settore real estate, raccolti spesso in club deal ed interessati ai crediti secured. Ma vi sono anche le agenzie di recupero crediti, dove parte di quei player tagliati fuori dai grandi giochi stanno diversificando l’attività per conto terzi, con acquisizioni sul secondo e anche sul terzo mercato di portafogli unsecured.

Per comprendere pienamente l’impatto che tali operazioni hanno sul mercato finanziario si pensi che, solo nel corso del 2020, sono state registrate quasi 500 operazioni di cartolarizzazione per un ammontare complessivo superiore ai 40 miliardi di GBV, di molto superiori alle previsioni pre-covid: da qui l’analisi degli impatti e dei dubbi di carattere giuridico sorti a seguito dell’utilizzo sempre più frequente di questo strumento.

2. Il quadro normativo

Le cartolarizzazioni – come noto – sono operazioni finanziarie complesse che si realizzano attraverso la cessione di crediti, da parte del creditore cedente (c.d. originator) ad altro soggetto, denominato società veicolo o Special Purpose Vehicle (SPV), il quale, a propria volta, provvede all’emissione dei titoli necessari per finanziare l’acquisto dei crediti e, successivamente, al recupero degli stessi.

La legge di riferimento, in Italia, è la n. 130 del 30 aprile 1999, rubricata “Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti”, successivamente modificata all’articolo 7 con l’aggiunta degli articoli 7-bis e 7-ter dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

A queste disposizioni si sono poi susseguiti, nel corso degli anni, diversi decreti e precisamente:

  • Il Decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, rubricato “Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio”;
  • Il Decreto ministeriale 3 agosto 2016, in materia di fondo di garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS);
  • Il Decreto ministeriale 14 ottobre 2019, che ha apportato ulteriori modifiche al sopra citato D.M. del 3 agosto 2016, sempre in tema di garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze.

Da ultimo, anche la legge di bilancio 2019 (Legge n. 145 del 2018) è ulteriormente intervenuta sulla disciplina delle cartolarizzazioni, specificando che essa è applicabile alle operazioni realizzate mediante l’erogazione di un finanziamento (cd. Subparticipation) al soggetto cedente da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittente i titoli, qualora tali operazioni abbiano per effetto il trasferimento del rischio sui crediti. Tale disciplina è stata, inoltre, estesa anche alle operazioni di cartolarizzazione dei proventi che derivano dalla titolarità di immobili, beni mobili registrati, nonché diritti reali o personali aventi ad oggetto i citati beni.

Anche gli Organi Comunitari – ed in particolare il Parlamento Europeo – si sono trovati a legiferare sul tema, in particolare con:

  • il Regolamento (UE) n. 575/2013 del 26 giugno 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, modificato dal successivo Regolamento (UE) 2021/558 del 31 marzo 2021;
  • la Direttiva 2014/65/UE del 15 maggio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, poi modificata dalla Direttiva (UE) 2021/338 del 16 febbraio 2021;
  • il Regolamento (UE) 2017/1129 del 14 giugno 2017 del Parlamento europeo e del Consiglio, successivamente modificato dal Regolamento (UE) 2021/337 16 febbraio 2021.

Ma il contributo europeo di maggior rilevanza è, ad oggi, il Regolamento (UE) 2017/2402 (c.d. Securitisation Regulation), entrato in vigore il 1° gennaio 2019 e successivamente modificato dal Regolamento (UE) 2021/557 del 31 marzo 2021, con il quale è stato delineato un unico quadro regolamentare in materia di cartolarizzazione, applicabile uniformemente in tutti i Paesi Membri.

Tale Regolamento ha, ovviamente, contribuito in maniera decisiva ad incentivare ed incrementare il mercato europeo delle cartolarizzazioni.

3. Cessione in blocco di crediti e legittimazione attiva

3.1 La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale quale presupposto di efficacia della cessione – Ordinanza della Corte di Cassazione n. 20495/2020

Il crescente aumento delle operazioni di cartolarizzazione ha fatto sì che la giurisprudenza si occupasse sempre più spesso di questioni giuridiche correlate all’utilizzo di questo strumento; uno fra tutti, il tema della legittimazione attiva nel caso di cessioni in blocco dei crediti.

La Corte di Cassazione ha affermato in diverse pronunce come non sia più necessario il deposito del contratto di cessione o altro documento riportante il credito specifico oggetto della procedura in cui la società cessionaria agisce in sostituzione del creditore cedente (cfr. Cass. Civ. sentenza n. 15884/2019, Cass. Civ. sentenza n. 17110/2019, Cass. Civ. sentenza n. 31118/2017)

A ribadire questo principio è stata anche la pronuncia n. 20495/2020,con la quale è stato innanzitutto evidenziato come l’art. 58 D.Lgs. n. 385 del 1993 abbia inteso disciplinare normativamente la cessione in blocco dei crediti delle banche in maniera diversa rispetto alla cessione dei crediti ordinaria di cui agli artt. 1260 ss. c.c., imponendo adempimenti formali ulteriori come – in particolare – la pubblicazione dell’avviso di cessione nella Gazzetta Ufficiale.

Stante la natura di tale pubblicazione, secondo la Corte non appare più necessaria in giudizio la successiva produzione di copia cartacea della stessa né l’allegazione di ulteriore documentazione a supporto come, ad esempio, del contratto di cessione comprovante la cessione. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, infatti, costituirebbe presupposto di efficacia della cessione “in blocco” dei rapporti giuridici nei confronti dei debitori ceduti che dispenserebbe le parti (cedente e cessionaria) dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti.

Tale adempimento è estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa e non incide sulla circolarizzazione del credito, il quale, fin dal momento in cui la cessione si sia perfezionata, risulta nella titolarità del cessionario, che è quindi legittimato a ricevere la prestazione dovuta anche se gli adempimenti richiesti non sono stati ancora eseguiti.

3.2 La dichiarazione della banca cedente quale valida prova della cessione del credito– Ordinanza della Cassazione, la n. 10200.

Negli ultimi mesi, la Cassazione si è sempre più uniformata alla linea interpretativa evidenziata nell’ordinanza n. 20495/2020, appena commentata.

In particolare, sul tema è stata recentemente pubblicata un’altra fondamentale – e pienamente conforme – ordinanza, n. 10200 del 16 aprile 2021, nella quale è stato ribadito come la cessione del credito sia negozio consensuale, mentre la notifica al debitore ceduto abbia solo funzione di assicurare l’efficacia liberatoria del pagamento e regolare il conflitto tra cessionari (cfr., Cass. Civ. 19 febbraio 2019 n. 4713).

Con questa pronuncia si conferma che, ai fini dell’efficacia della cessione di credito “in blocco”, la pubblicazione della notizia, richiamata anche dall’articolo 58 del Testo Unico Bancario, ha proprio la funzione di esonerare dalla notificazione al debitore stabilita in generale dall’art. 1264 c.c.

Le sentenza in esame ha inteso agevolare la realizzazione della cessione “in blocco” di rapporti giuridici, stabilendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale e dispensando, quindi, la cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti; tale adempimento, necessario per assicurare la valenza liberatoria del pagamento e regolare il conflitto tra cessionari, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 c.c., può essere validamente surrogato da questi ultimi e, segnatamente, dalla notificazione della cessione, che non è subordinata a particolari requisiti di forma; può quindi aver luogo anche mediante l’atto con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso stesso del giudizio (conforme, Cass. Civ. 29 settembre 2020 n. 20495; Cass. Civ. 17 marzo 2006 n. 5997).

In altri termini, la notifica al debitore ceduto, per i fini sopra precisati, può avvenire utilmente e successivamente alla pubblicazione richiamata, rendendo quella specifica cessione ugualmente opponibile.

Di talché ad oggi possono essere individuati tre distinti profili:

  1. il perfezionamento della cessione, tramite pubblicazione della stessa in Gazzetta Ufficiale;
  2. la prova della cessione, tramite dichiarazione della banca cedente;
  3. l’opponibilità della cessione al debitore ceduto, tramite notifica al debitore stesso.

3.3 Forma e contenuto dell’avviso di cessione – Sentenza del 27/04/2021 della Corte d’Appello di Napoli

Sempre in tema di legittimazione attiva, è intervenuta, in senso contrario rispetto alle citate pronunce della Cassazione, la recentissima sentenza del 27/04/2021 della Corte d’Appello di Napoli.

Con tale pronuncia, la Corte ha ritenuto inammissibile la costituzione in giudizio della società cessionaria nell’ambito di una operazione di cartolarizzazione, in quanto dal contenuto dell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale era emerso che i crediti ceduti erano stati individuati per categorie e solo in via orientativa; risultava quindi evidente, per la Corte, che tale qualificazione di genere non valesse di per sé ad individuare il credito ceduto ma, al contrario, solo orientativamente la tipologia di esso – peraltro sulla scorta di valutazioni effettuate dalla banca e, come tali, prive del requisito dell’oggettività. Tra l’altro, nell’avviso si era avuto cura di avvertire che i dati indicativi dei crediti ceduti erano stati esplicitati a parte in apposito sito internet, con ciò rimandando ad un atto esterno l’individuazione dell’oggetto specifico della cessione in blocco.

La cessionaria, sulla quale gravava l’onere di provare la titolarità del credito dedotto, non solo aveva omesso di allegare quale fosse il dato identificativo del credito ceduto, ma neppure aveva provveduto a depositare in giudizio il contenuto del predetto sito internet o, più in particolare, un suo estratto nella parte in cui individuava il credito in esame.

Ad avviso della Corte la ricerca sul sito internet indicato nell’avviso non avrebbe potuto essere eseguita dalla Corte stessa, atteso che“una tale attività supplirebbe ad un deficit probatorio, il cui onere è posto a carico della parte, senza tacere del suo verosimile carattere esplorativo, tenuto conto della menzionata mancata rappresentazione dei dati di identificazione del credito, il che concorre a precludere ogni autonoma iniziativa della Corte”.

3.4 …contra, sempre in tema di richiamo al sito web – Sentenza del 28/04/2021 Tribunale di Sondrio

Anche il Tribunale di Sondrio si è da poco pronunciato sul tema, in maniera totalmente contraria alla sentenza della Corte d’Appello di Napoli appena citata, sottolineando in particolare come il cessionario, “per agire o resistere in un processo contro il ceduto, deve produrre in giudizio l’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (Cass. n. 17110/2019), ma potrà anche non aver indicato nell’avviso di pubblicazione il numero di riferimento del rapporto ceduto, purché gli elementi presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione” (citando Cass. n. 31188/2017).

Interessante anche l’osservazione di attualità della sentenza in argomento per cui: “il rinvio ad una fonte documentale certa e fruibile da ogni utente sul webper quanto concerne l’individuazione specifica dei crediti oggetto di cartolarizzazione è idoneo a soddisfare pienamente i requisiti di identificazione dei rapporti debitori oggetto dell’operazione di cessionein massa,con conseguente assolvimento dell’onere probatorio in punto di prova dell’intervenuta cessione di credito in favore dell’odierna intervenuta.

4. Estromissione del cedente in corso di causa

Altro tema di grande interesse è quello relativo all’applicazione dell’art. 111 c.p.c. nel caso in cui il credito venga ceduto durante la procedura esecutiva già promossa dal precedente titolare.

La giurisprudenza di legittimità riconosce che la disciplina della successione inter vivos si applica anche nel processo di esecuzione, fatte però salve alcune peculiarità strettamente legate alla natura stessa del procedimento in questione. In particolare, nel delineare i tratti caratteristici dell’art. 111 c.p.c. riguardo alla successione nel diritto di credito per avvenuta cessione dello stesso durante l’esecuzione promossa per il suo soddisfacimento, la sentenza della Corte di Cassazione n. 21395/2018 ha affermato che, qualora il cessionario del credito decida di intervenire, ai fini dell’estromissione del cedente, non è necessario il consenso delle altre parti; l’estromissione conseguirebbe, quindi, automaticamente ad un tale intervento.

Nonostante tale pronuncia, però, sono ricorrenti i casi in cui la giurisprudenza di merito ritiene indispensabile un atto espresso di adesione da parte dello stesso cedente in applicazione letterale dell’art. 111 co. 3 c.p.c..

Si ritiene assolutamente condivisibile l’esclusione della necessità che le altre parti aderiscano all’estromissione nell’ambito delle procedure esecutive – al contrario che nei giudizi ordinari di cognizione, nei quali il consenso richiesto per l’estromissione garantisce la conservazione della qualità di parte processuale dell’alienante, a tutela dell’esigenza del cessionario di esser garantito dal cedente, ovvero di non esser lasciato solo di fronte ad eccezioni personali del ceduto.

La cautela imposta dall’art. 111 c. 3 c.p.c. all’estromissione non appare, invece, funzionale al processo di esecuzione, che ha il solo compito di soddisfare il diritto di credito del procedente e non quella di accertare alcunché. In tale contesto, la cessione del credito significa, infatti, anche successione nell’azione esecutiva e va escluso, pertanto, che residui un interesse del cedente né tantomeno vi potrebbe essere un interesse del debitore ceduto.

Sul piano pratico, i risvolti negativi della prassi di imporre l’adesione del cedente non sono pochi, considerata la nota difficoltà delle banche cedenti di provvedere, per ogni singolo caso contrato, per pratiche dismesse in blocco.

Inoltre, qualora non venisse dichiarata l’estromissione del cedente, allo stesso verrebbe impropriamente riconosciuto un ruolo rilevante all’interno di un giudizio esecutivo per il quale esso non ha più alcun interesse o addirittura legittimazione. Infatti, una volta formalizzato l’intervento del successore in luogo del cedente, quest’ultimo deve essere considerato a tutti gli effetti un soggetto terzo. Se così non fosse, esso dovrebbe, ad esempio, essere comunque considerato nella formazione del progetto di distribuzione quale parte del giudizio, e potrebbe altresì proporre contestazioni ex art. 512 c.p.c. Parimenti, nel caso in cui venisse raggiunto un accordo tra il debitore e il cessionario – con contestuale rinuncia di quest’ultimo all’esecuzione – sarebbe necessaria l’adesione alla rinuncia anche da parte del cedente, sebbene questi non vanti più alcun diritto di credito nei confronti dell’esecutato.

5. Estensione al cessionario del beneficio probatorio dell’estratto certificato ex art. 50 tub

L’interesse a prevenire situazioni di instabilità nel mercato del credito aveva già indotto la Cassazione, con Ordinanza del 3 dicembre 2019, n. 31577, ad estendere il beneficio probatorio cui all’art. 50 TUB, anche nei confronti dei cessionari di crediti oggetto di cartolarizzazione, ai sensi della L. 30 aprile 1999, n. 130.

L’ordinanza della Suprema Corte n. 29577/2020 si è posta in linea di continuità con questa interpretazione di favore promossa dalla giurisprudenza, potendosi apprezzare, anche in questo caso, nell’ambito di operazioni di cessione di crediti in sofferenza, derivanti da rapporti regolati in conto corrente, in chiave di tutela delle pretese creditorie del cessionario nei confronti dei debitori ceduti nonché di orientamento dei soggetti cedenti nella selezione del materiale probatorio fornito ai cessionari, con riferimento ai crediti ceduti.

In definitiva, al fine di non veder pregiudicate le future possibilità di recupero, il cessionario dovrebbe verificare che la documentazione probatoria dei crediti ricevuta dal cedente includa, con riferimento a ciascun rapporto in conto corrente:

– copia di ciascun estratto conto redatto dalla banca, a decorrere dalla data di inizio del rapporto di conto corrente, contenente una puntuale specificazione delle singole movimentazioni avvenute sul conto nonché un completo resoconto delle varie partite in dare e avere;

– dichiarazione sottoscritta dal dirigente della banca, atta ad attestare che il credito ceduto sia conforme alle scritture contabili della banca, vero e liquido.

6. Cessione dei crediti in blocco ed il consenso preventivo del debitore

Il Collegio di Bari dell’Arbitro Bancario Finanziario, con pronuncia del 05 marzo 2021 n. 6022, ha escluso la necessità del consenso del debitore ceduto nelle operazioni di cessione ai sensi dell’art.58 TUB.

In particolare, l’Arbitro ha preso le mosse dalla considerazione per cui è regola generale dell’ordinamento che la sostituzione di una delle parti, nei contratti a prestazioni corrispettive, possa avvenire purché l’altra parte vi consenta (art. 1406 c.c.).

Tuttavia, questo principio generale trova espressa deroga nell’art. 2558 c.c. il quale, a sua volta, trova sostanziale pedissequa trasposizione nell’art. 58 TUB. Ebbene, dal combinato disposto delle due norme da ultimo citate, si evince che le operazioni di cessione ai sensi dell’art. 58 TUB prescindono dal consenso del debitore ceduto, al quale, però, ai fini del riequilibrio delle posizioni delle parti, lo stesso art. 58 TUB riconosce la facoltà di esercitare il diritto di recesso nel termine di tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dalla legge.

Difatti, come già argomentato, la banca cessionaria ha l’onere di dare notizia dell’avvenuta cessione mediante l’iscrizione nel registro delle imprese e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Da tale momento, il debitore ceduto potrà regolarmente esercitare, nei termini di legge, il proprio diritto di recesso e, una volta decorso detto temine, la cessione sarà perfezionata senza necessità di ulteriori e successive formalità.

7. Successione del credito e conseguenza della tardiva annotazione nei registri immobiliari del trasferimento dell’obbligazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 26/02/2021, n. 5508, ha chiarito quali siano le conseguenze – nell’ipotesi di successione del credito – della tardiva annotazione nei Registri immobiliari del trasferimento dell’obbligazione, in pendenza di una procedura esecutiva immobiliare.

Sul punto la Corte ha, dapprima, osservato come, ai sensi dell’art 2843 comma 2 c.c., in tema di negozi dispositivi dell’ipoteca, l’annotazione nei registri immobiliari del trasferimento abbia carattere costitutivo – dal lato soggettivo – del nuovo rapporto ipotecario, rappresentando un elemento integrativo indispensabile della fattispecie del trasferimento.

Tale annotazione ha l’effetto di sostituire al cedente il cessionario, non soltanto nella titolarità del credito ma, altresì, nella prelazione annessa al diritto reale di garanzia.

Per questo motivo, la mancata annotazione priva la trasmissione del vincolo di effetti nei confronti dei terzi.

Tuttavia, ha sottolineato la Corte, nella fase distributiva dell’esecuzione, l’art. 2843 c.c. si deve coordinare con la disposizione dell’art. 2916 c.c., secondo cui, nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione, non bisogna considerare le ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento, talché risulta improduttivo di effetti il vincolo insorto successivamente.

Dall’analisi di queste due norme, la Cassazione giunge così ad affermare che, nell’ipotesi di trasferimento della prelazione, l’annotazione non serve a costituire una nuova garanzia, che è già esistente, bensì a identificare il soggetto che ne è titolare, nell’ottica di permettere ai terzi quest’individuazione e di consentire la risoluzione di eventuali conflitti tra plurimi cessionari.

Di conseguenza, “il fatto che il cessionario del creditore ipotecario, divenuto tale dopo la vendita del bene e dopo il decreto di trasferimento, possa partecipare alla distribuzione della somma ricavata, con la prelazione spettante al dante causa, senza necessità di annotazione della vicenda traslativa (…) non implica logicamente che, qualora la cessione avvenga prima della vendita e non sia stata annotata, il cessionario diventi chirografo nonostante l’ipoteca fosse stata iscritta prima del pignoramento, e fosse quindi noto ai creditori concorrenti di dover essere postergati”.

8. Conclusioni

Con il presente contributo sono state analizzate alcune delle sentenze più recenti in relazione alle operazioni di cessione dei crediti.

È doveroso però precisare che dubbi interpretativi circa la normativa in vigore sono diversi ed eterogenei e non riguardano solo i nostri organi giurisdizionali: giusto per fare un esempio, è recentissima (28 aprile 2021) la risposta all’interpello con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fatto luce su un tema già ben noto agli operatori del mercato: le norme speciali sulla cartolarizzazione dei crediti deteriorati contenute nell’art. 7.1. della Legge130/1999, ed in particolare le agevolazioni fiscali a favore delle c.d. ReoCo, trovano applicazione soltanto nella misura in cui i crediti siano ceduti allo special purpose vehicle (SPV) di cartolarizzazione da una banca o da un intermediario finanziario ex 106 TUB. Le medesime agevolazioni – afferma l’Agenzia delle Entrate – hanno carattere eccezionale e non sono quindi applicabili laddove il cedente sia un soggetto diverso da una banca o una 106, non importa invece che i crediti siano stati o meno erogati in origine dalla banca o dall’intermediario che effettua l’operazione.

Dato il crescente utilizzo delle operazioni di cartolarizzazione e cessione dei crediti, non possiamo quindi che auspicare una sempre maggiore omogeneità dei provvedimenti emessi dagli Organi preposti, prima fra tutte dalla Corte di Cassazione; e sarebbe altrettanto auspicabileche la giurisprudenza di merito si conformasse alla linea sancita dai Giudici di legittimità, al fine di non incorrere in paradossi processuali e causare pregiudizi o inconvenienti ai cessionari del credito e, in ultima analisi, all’ efficienza del processo.

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