La vicenda esaminata dalla Suprema Corte trae origine dall’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un correntista e di un garante, il cui importo è stato dalla Corte d’Appello ridotto, in quanto espunto dagli interessi anatocistici e dalla commissione di massimo scoperto. Avverso la sentenza della Corte d’Appello il correntista e la garante propongono ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo: la violazione e falsa applicazione del principio dell’onere della prova, di cui all’art. 2697 c.c., per avere la sentenza di secondo grado, sulla base di una nuova c.t.u. disposta durante il giudizio di appello, accertato il saldo negativo del conto sulla base di criteri presuntivi, mentre la banca non ha assolto al proprio onere di ridepositare in appello tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto.
La Corte di Cassazione ritiene tale motivo inammissibile, innanzitutto, per carenza di specificità e, in secondo luogo, perché la denuncia di violazione del principio di cui all’art. 2697 c.c. non afferisce l’individuazione del soggetto gravato dell’onere probatorio, ovvero la banca, bensì concerne l’assunto di merito, secondo cui la banca, non avendo depositato l’intera documentazione relativa al rapporto, non avrebbe dato prova del proprio credito. Sul punto, i giudici di legittimità, tuttavia, ribadiscono il principio costante sulla base del quale la violazione dell’art. 2697 c.c. ricorre solo ove il giudice attribuisca l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulti gravata per legge. Né pare applicabile il principio, richiamato dai ricorrenti, secondo cui è onere della parte depositare nuovamente in appello i documenti già prodotti in primo grado a pena della mancata prova dell’assunto.
Conclude la Cassazione in punto di “saldo zero”, confermando che “la sentenza impugnata dà atto che, in tal modo, è il correntista a beneficiare dell’azzeramento del proprio debito nel periodo anteriore, risultando contraria a buona fede la stessa pretesa di andarne interamente assolto”. Infatti, “la corte territoriale non ha negato il principio secondo cui, in caso di necessità del ricalcolo del saldo di conto corrente a causa della nullità delle clausole relative agli interessi, è necessario che la banca produca gli estratti conto integrali, ossia a partire dal “saldo zero” iniziale, condizione per effettuare il preciso conteggio del saldo finale, proprio al fine di disporre di un punto di partenza certo da cui iniziare il calcolo delle reciproche rimesse e relative compensazioni: ma ha accertato, in fatto ed in favore del correntista, come ad una certa data potesse collocarsi un saldo zero, mediante valutazione di fatto che non è stata in alcun modo smentita dagli odierni ricorrenti”.