Con la pronuncia in oggetto il Tribunale di Milano ha affermato la sussistenza di un principio generale di sindacabilità delle deliberazioni di tutti gli organi sociali per contrarietà alla legge o all’atto costitutivo, concretizzatosi nel caso di specie nell’impugnazione, da parte del Consiglio di amministrazione, di una delibera del Collegio sindacale.
Delibere del Collegio sindacale, la cui impugnabilità non è prevista da alcuna norma, in armonia con il carattere “interno” dell’attività tipica dell’organo di controllo, ma le quali, laddove siano di per sé, in specifici casi eccezionali rispetto alle normali manifestazioni del potere di controllo, produttive di effetti diretti rispetto alla organizzazione societaria ovvero rispetto alla posizione di singoli soci, non possono essere sottratte alla regola generale della impugnabilità, pena un difetto di tutela rispetto a situazioni omogenee contrastante con i principi costituzionali ex artt. 3 e 24 Cost.
Ipotesi verificatasi nel caso di specie, laddove, in virtù del potere “sostitutivo” conferito all’organo di controllo dall’art. 126 bis TUF in tema di integrazione dell’odg di assemblea su richiesta del socio, l’Organo di controllo ha adottato una delibera a contenuto propriamente gestorio, sostituendosi al Consiglio di amministrazione la cui valutazione negativa della richiesta del socio ha ritenuto errata.
Le delibere del Consiglio di amministrazione e quella del Consiglio sindacale, negativa e positiva nei confronti della richiesta del socio, si pongono quale un continuum, rispetto al quale la posizione del Consiglio di amministrazione e anche quella dei suoi singoli membri va quindi assimilata a quella degli amministratori dissenzienti rispetto a una delibera dell’organo gestorio, con conseguente loro legittimazione alla impugnazione del provvedimento del Collegio sindacale.
Il Tribunale si sofferma altresì sulla clausola statutaria simul stabunt simul cadent, evidenziando come l’operatività di tale clausola debba ritenersi completa a fronte delle dimissioni della maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione, comportando la necessità di integrale rinnovo dello stesso Consiglio, senza la possibilità di procedere a sostituzioni parziali interinali.