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Giurisprudenza

Cautele del cessionario e consapevolezza della frode ai fini IVA

17 Luglio 2024

Angelica Chiara Tazzioli, Dottoranda di ricerca in diritto tributario, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Corte di Cassazione, Sezione V, ord. 21 maggio 2024, n. 14102 – Pres. Federici, Rel. D’Aquino

Di cosa si parla in questo articolo
IVA

Con l’ordinanza 21 maggio 2024 n. 14102, la Suprema Corte è ritornata sul tema delle cautele richieste al cessionario per essere esonerato da responsabilità nel caso di beni acquistati da un soggetto, collocato a monte della catena produttiva o distributiva, autore di una frode ai fini IVA.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente enunciando il seguente principio di diritto: “ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova della conoscenza o conoscibilità, secondo la massima diligenza esigibile da un accorto operatore professionale, dell’esistenza di una frode IVA consumata a monte della catena produttiva o distributiva, le cautele che si richiede che il cessionario sia tenuto ragionevolmente ad adottare, perché si escluda il suo coinvolgimento, anche solo per colpevole ignoranza, nella frode commessa a monte, non possono attingere a verifiche complesse e approfondite, analoghe a quelle che l’amministrazione finanziaria avrebbe i mezzi per effettuare”.

La controversia prendeva le mosse da un avviso di accertamento nel quale si contestavano al contribuente operazioni in acquisto soggettivamente inesistenti poiché intercorse con un fornitore risultato privo di una reale struttura organizzativa.

Ne conseguivano il recupero dell’IVA portata in detrazione e l’irrogazione delle sanzioni. 

La C.G.T. di secondo grado, ritenendo il contribuente consapevole della frode, aveva riformato la sentenza di primo grado, condannandolo anche al pagamento delle sanzioni.

Venivano valorizzati, quali elementi indiziari, la mancanza di manodopera occupata presso il fornitore e la riscontrata falsità delle fatture di acquisto relative agli strumenti di produzione. 

La Corte di Cassazione non ha condiviso il ragionamento del giudice di merito: secondo il Collegio, non possono pretendersi nei confronti del cessionario cautele consistenti nell’effettuazione di “verifiche complesse e approfondite, analoghe a quelle che l’amministrazione finanziaria avrebbe i mezzi per effettuare”.

Inoltre, il giudice di appello aveva valutato solo l’assenza di una struttura organizzativa del cedente, trascurando di verificare la presenza di eventuali ulteriori elementi come prezzi di cessione fuori mercato, patti di retrocessione dell’IVA versata, o anomale dinamiche di approvvigionamento, stoccaggio della merce o pagamento. Non ha inoltre considerato le dichiarazioni favorevoli al contribuente rese da terzi, rilevanti in sede tributaria come indizi. 

Per questi motivi, la Corte ha rinviato alla C.G.T. di secondo grado per un nuovo esame del merito. 

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