I. – Premessa
La recente ordinanza della Cassazione n. 16127/2019 riafferma il principio per cui “il cessionario di credito nascente da contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria non subentra tout court nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e non può, pertanto, invocare detta clausola nei confronti del debitore ceduto”.
Il principio era stato già espresso dalla precedente giurisprudenza della Cassazione (cfr., ad esempio, Cass., S.U., 17 dicembre 1998, n. 12626 e Cass., 19 settembre 2003, n. 13893) e aveva dato adito a un ampio dibattito sia in dottrina e in giurisprudenza[1].
Infatti la sua applicazione ha conseguenze pratiche rilevanti, delle quali occorre tener conto in caso di cessione di crediti derivanti da un contratto contenente una clausola compromissoria.
II. – Il principio espresso dalla Cassazione e le sue conseguenze pratiche
1. – La Cassazione ha escluso che il cessionario del credito possa invocare la clausola arbitrale contenuta nel contratto da cui nasca il credito stesso, e ciò sulla base, in sintesi, dei seguenti argomenti:
a) l’art. 808 c.p.c. esprime il principio dell’autonomia della clausola arbitrale rispetto al contratto nel quale è contenuta[2];
b) ne segue che, neanche in caso di cessione del contratto, il cessionario subentra nel distinto negozio compromissorio, salva diversa volontà delle parti;
c) a maggior ragione, tale subentro è escluso in caso di cessione del credito, dato che il cessionario non subentra neanche nel contratto, ma, appunto, soltanto nella titolarità del credito (cfr. Cass., 28 dicembre 2011, n. 29261).
2. – Tali argomenti sono stati criticati in dottrina e, in particolare, si è contestato sia l’argomento sub a), relativo all’autonomia della clausola compromissoria sia quello sub c) (c.d. argomento a fortiori”).
Infatti:
a) quanto al primo argomento, si è osservato che il principio di autonomia della clausola comporterebbe soltanto che la validità della clausola debba valutarsi in modo, appunto, autonomo, rispetto a quella del contratto; ciò però non inciderebbe sul regime di circolazione della clausola; in particolare, dal principio di autonomia non conseguirebbe logicamente la non trasmissione della clausola compromissoria in caso di cessione del contratto;
b) quanto al secondo argomento, si è evidenziato che cessione del contratto e cessione del credito sono in ogni caso istituto differenti; in particolare, proprio il fatto che la cessione del credito non richieda l’accettazione del debitore ceduto deporrebbe nel senso che, in caso di cessione del credito, la clausola compromissoria, ove non diversamente previsto, si applicherebbe anche nei rapporti tra ceduto e cessionario[3].
3. – Ma le implicazioni pratiche più rilevanti derivano dal fatto che la stessa giurisprudenza richiamata dall’ordinanza qui in commento afferma, al contempo, che il debitore ceduto convenuto davanti al giudice statale dal creditore-cessionario del credito può invece opporre a quest’ultimo la clausola arbitrale contenuta nel contratto dal quale origina il credito ceduto.
Infatti – spiega la Cassazione – il debitore ceduto, da un lato, è estraneo al contratto di cessione del credito, e, dall’altro lato, è invece parte della clausola compromissoria, che ha diritto di opporre al cessionario del credito (in virtù del principio per cui il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto formulare nei confronti del creditore originario[4]).
Diversamente, continua la Cassazione, “il debitore ceduto si vedrebbe privato del diritto di far decidere ad arbitri le controversie sul credito in forza di un accordo tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo” (Cass., 28 dicembre 2011, n. 29621 e Cass., S.U., 17 dicembre 1998, n. 12626).
Pertanto, la situazione che si può verificare nel caso di inadempimento del debitore ceduto (qualora il credito derivi da un contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria) è, in particolare, la seguente:
a) il creditore cessionario, non potendo avvalersi della clausola arbitrale, agisce nei confronti del debitore ceduto avanti il giudice statale, ad esempio, chiedendo un decreto ingiuntivo; in quest’ultimo caso, qualora sussistano i relativi presupposti, il cessionario potrebbe ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo;
b) tuttavia, alla stregua dei principi affermati dalla Cassazione, il debitore ceduto potrebbe legittimamente eccepire l’esistenza della clausola arbitrale e quindi ottenere, ad esempio, la revoca del decreto ingiuntivo e, ancor prima, la sospensione della provvisoria esecutorietà eventualmente concessa; in tal caso occorre considerare che i costi dell’imposta di registro sul decreto esecutivo (applicabile in misura proporzionale) resterebbero (nei rapporti tra le parti) a carico del creditore cessionario.
Al riguardo va ricordato che la Cassazione ha anche affermato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale (per violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa) dell’art. 808 c.p.c.
Ed invero, secondo la Cassazione, tale diversità di trattamento sarebbe giustificata in ragione della diversa situazione dei due soggetti, debitore ceduto e cessionario.
Infatti il primo vedrebbe menomata la sua posizione contrattuale in forza di un accordo tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo (Cass., 21 marzo 2007, n. 6809).
III. – Segue
In questa situazione, il cessionario di un credito (che tragga origine da un contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria), in caso di inadempimento del debitore, rischia di trovarsi in una situazione di impasse ovvero esposto a possibili manovre dilatorie da parte del debitore ceduto.
Quest’ultimo, infatti, al fine di ritardare il pagamento del proprio debito potrebbe:
a) in caso di azione promossa dal cessionario davanti al giudice statale, eccepire l’esistenza della clausola arbitrale al fine di paralizzare l’azione del creditore cessionario (ovvero ottenere la sospensione dell’esecutività e la revoca dell’eventuale decreto ingiuntivo ottenuto);
b) in caso di azione promossa dal cessionario in via arbitrale eccepire la non invocabilità da parte del cessionario della clausola arbitrale.
IV. – Le possibili tecniche (anzitutto preventive) di gestione del contenzioso
1. – Alla luce del quadro finora descritto, la gestione, da parte del cessionario creditore, di una situazione quale quella illustrata dovrebbe avvenire anzitutto in via preventiva.
È cioè nell’ambito dell’operazione di acquisto del credito che il potenziale acquirente del credito dovrebbe tutelarsi.
A tal fine è quindi in primo luogo necessario prendere cognizione dell’esistenza della questione, ossia dell’esistenza di una clausola arbitrale inserita nel contratto, aspetto che talora viene trascurato ovvero comunque sottovalutato (così come, allo stesso modo, accade talora che non si valuti attentamente l’inseririmento in un contratto di una clausola arbitrale e del relativo contenuto).
Tale verifica è essenziale sia per valutare ex ante i rischi di inadempienza del debitore ceduto e la necessità quindi di agire poi in via legale per ottenere la condanna al pagamento, sia per negoziare con il cedente eventuali soluzioni che possano evitare all’origine che il cessionario venga a trovarsi nella situazione d’impasse sopra descritta (ad esempio, valutando e regolando la possibilità di una cessione del credito meramente interna, tale per cui il cedente si impegna a chiedere lui, nell’interesse del cessionario, il pagamento al debitore, retrocedendo l’incasso, e, se del caso, ad agire in via arbitrale nell’interesse del cessionario).
Del resto, la stessa Cassazione, nell’argomentare la correttezza dell’orientamento che abbiamo sopra ricordato, ha osservato che l’”eventuale allungamento dei tempi necessari” al cessionario “per far valere il suo diritto” (conseguente alla formulaziole dell’eccezione di compromesso da parte del ceduto), sarebbe “prevedibile (e, dunque, preventivamente apprezzabile in concreto anche ai fini di ogni valutazione di opportunità) al momento dell’accettazione della cessione”.
Il che – a prescindere dal fatto che si condivida o meno l’orientamento della Cassazione – conferma che è anzitutto nella fase dell’acquisto del credito che occorre valutare le implicazioni connesse all’esistenza di una clausola compromissoria nel contratto dal quale orgina il credito oggetto di cessione.
2. – Qualora, invece, il cessionario non si sia tutelato nei confronti del cedente in sede di acquisto del credito, e il debitore ceduto sia inadempiente, vanno fatte le seguenti considerazioni:
a) anzitutto, alla stregua dell’attuale orientamento della Cassazione, è naturalmente da escludere la soluzione di avviare l’arbitrato, dovendo, come si è visto, il creditore agire davanti al giudice statale;
b) ove sussistano i relativi presupposti, il creditore potrebbe procedere con l’azione monitoria, chiedendo cioè l’emissione del decreto ingiuntivo; al riguardo va peraltro valutata con attenzione l’opportunità di chiedere l’immediata esecutività del decreto; infatti, come si è anticipato, qualora il debitore proponga opposizione ed eccepisca l’esistenza della clausola arbitrale, in tal caso, con ogni probabilità tale esecutività verrebbe sospesa e il decreto revocato, ma il decreto, in quanto esecutivo, sarebbe comunque soggetto all’im posta di registro, i cui oneri (in ipotesi anche rilevanti) resterebbero (nei rapporti tra le parti) a carico del creditore cessionario;
c) occorre anche valutare l’opportunità, prima di avviare l’azione avanti al giudice statale, di invitare il debitore inadempiente a estendere, in via convenzionale, la clausola compromssoria al creditore cessionario; in caso di rifiuto o mancata risposta, anche ai fini delle spese giudiziali, potrà eventualmente farsi valere in giudizio la contrarietà a buona fede della condotta del debitore ovvero l’abuso del processo, ai fini della responsabilità per lite temeraria ex art. 96 c.p.c, nella formulazione dell’eccezione di compromesso. Al riguardo occorre ricordare che, ancora di recente, la Cassazione ha affermato, in relazione alla responsabilità ex art. 96 c.p.c., che occorre tener conto del “principio costituzionalizzato della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) e della necessità di creare strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie e defatigatorie” (Cass., 25 giugno 2019, n. 16898).
[1] Il precedente orientamento della Cassazione aveva, invece, sempre affermato il principio opposto, ossia che il cessionario subentra anche nella clausola compromissoria, dato che questa riguarda le liti circa l’esistenza e l’entità del credito. Cfr. Cass., 17 settembre 1970, n. 1525.
[2] Art. 808, c. 2, c.p.c.: “La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria”.
[3] In argomento, in questo senso cfr. per tutti: Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria: le inaccettabili conclusioni della Cassazione, in Corriere Giuridico, n. 12/2003, 1585 e ss.; Galletto, Arbitrato, ADR conciliazione, Torino 2009, cap. VIII, La clausola compromissoria e il compromesso, 109 e ss.; Festi, Cessione del credito e clausola compromissoria, in. Riv. dir. civ., 2005, II, 241 e ss.
[4] Cfr. tuttavia Cass.,1° settembre 2004, n. 17531, secondo cui “al cessionario di un credito nascente da un contratto nel quale sia stata inserita una clausola compromissoria possono opporsi tutte le eccezioni concernenti l’esistenza, la validità e l’efficacia dell’obbligazione dedotta in causa per l’adempimento, ma, tra tali eccezioni, non è evidentemente compresa quella, fondata sul contratto, concernente il modo stabilito in via convenzionale per la soluzione delle controversie”.