La Cassazione Civile con la sentenza numero 13319 del 30 giugno 2015 ha statuito che nella cessione del ramo di azienda, definibile come quella articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, deve applicarsi la disciplina avente carattere imperativo di cui all’art. 2560 c.c., che regola la sorte dei debiti aziendali e i rapporti interni fra le parti del contratto di cessione di azienda.
Il primo comma della norma richiamata, in particolare, dispone che l’alienante del ramo d’azienda non è liberato dei debiti anteriori al trasferimento se non risulta che i creditori vi abbiano consentito ed è ispirata a una ratio di tutela dei creditori stessi; il secondo comma, invece, al fine di consentire all’acquirente di avere cognizione dei debiti assunti, prevede che il presupposto essenziale per la responsabilità dell’acquirente è l’iscrizione dei debiti anteriori alla cessione nei libri contabili obbligatori.
La Suprema Corte, quindi, specifica che nella cessione del ramo d’azienda, l’acquirente risponde solo dei debiti inerenti al ramo d’azienda stesso -e non anche di quelli relativi alla gestione complessiva dell’azienda, nemmeno pro quota- così come risultanti dalle scritture contabili, ex art. 2560, secondo comma, c.c., indipendentemente dalla circostanza che non vi sia una contabilità separata relativa al ramo d’azienda ceduto.
Non sarebbe ammissibile, infatti, prevedere che l’ammontare dei debiti trasferiti dipenda dalla presenza di una contabilità separata o, viceversa, unitaria, determinandosi al contrario una non giustificabile disuguaglianza tra i rispettivi acquirenti dei rami d’azienda nelle due distinte fattispecie.