Mediante la sentenza de qua la Corte di Cassazione ha confermato il proprio consolidato orientamento secondo cui il trasferimento di parte del compendio aziendale è qualificabile come cessione del ramo d’azienda – con conseguente applicazione dell’art. 2112 c.c. – soltanto al ricorrere del presupposto della preesistenza dell’autonomia organizzativa e funzionale del ramo d’azienda ceduto.
Nello specifico, il procedimento dinnanzi alla Suprema Corte ha avuto ad oggetto il ricorso proposto dall’istituto bancario cedente e dalla newco cessionaria avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato l’inefficacia della cessione dei rapporti di lavoro di alcuni dipendenti dell’impresa cedente in ragione della ritenuta mancanza, nel caso di specie, dell’effettiva preesistenza di un’articolazione funzionalmente autonoma del ramo d’azienda.
Nel confermare la decisione della Corte territoriale, la Suprema Corte ha evidenziato come la necessità del requisito della preesistenza dell’autonomia funzionale del ramo ceduto si ricavi espressamente dal dettato normativo nazionale (art. 2112, comma 5, c.c., come modificato dal d.lgs.276/2003) e sovranazionale (dir. 2001/23/CE), laddove la cessione d’azienda – o di una parte di essa – è definita come il trasferimento di “un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità”.
Tale dato normativo – ha chiarito la Corte – è peraltro corroborato dall’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità, che legge l’elemento costitutivo rappresentato dall’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza di esso, “nel senso che il ramo ceduto deve avere la capacità di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario il servizio o la funzione cui esso risultava finalizzato già nell’ambito dell’impresa cedente anteriormente alla cessione”; ciò, in quanto l’indagine “non deve basarsi sull’organizzazione assunta dal cessionario successivamente alla cessione, eventualmente grazie alle integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto, ma all’organizzazione consentita già dalla frazione del preesistente complesso produttivo costituita dal ramo ceduto”. Nello stesso senso – ha poi evidenziato la Corte – si è espressa finanche la Corte di Giustizia, secondo cui l’impiego del termine “conservi” nell’art. 6, par. 2 e 4 della citata dir. 2001/23/CE in riferimento al ramo d’azienda “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” (v. CGUE 6 marzo 2014, C. 458/12, Amatori ed a., punto 34).
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha quindi confermato la necessità della preesistenza di un ramo d’azienda autonomo sotto il profilo organizzativo e funzionale al fine di sussumere la vicenda circolatoria nell’alveo dell’art. 2112 c.c., specificando come tale requisito debba ritenersi principio consolidato del diritto vivente.