La sentenza in commento riguarda la cessione della nuda proprietà di azioni di una società con riserva del diritto di usufrutto da parte del cedente; tale operazione, ad avviso dei soci di minoranza, serviva ad eludere le disposizioni dello Statuto che prevedevano un diritto di covendita in caso di trasferimento del pacchetto di maggioranza, con correlato obbligato per l’acquirente di acquistare tutte le azioni.
Rigettando le domande dei ricorrenti, la Cassazione ha escluso il diritto di covendita in favore dei soci di minoranza, configurabile solo laddove l’acquirente avesse assunto il controllo della società in ragione dell’acquisto la maggioranza dei diritti di voto incorporati nelle azioni.
Confermando il proprio orientamento, la Cassazione ha infatti ricordato che: “il diritto di voto nell’assemblea della società, per le quote date in usufrutto, compete unicamente all’usufruttuario, il quale esercita un diritto suo proprio e perciò non è obbligato ad attenersi alle eventuali istruzioni di voto che gli abbia impartito il nudo proprietario” (Cass. n. 7614/1996).
Diverso sarebbe stato il caso in cui l’alienazione avesse avuto ad oggetto strumenti finanziari (come il diritto di opzione, le obbligazioni convertibili o i warrant), che avrebbe comportato il sorgere del diritto di covendita, posto che, evidenzia la Cassazione, il possesso avrebbe consentito all’acquirente di consolidare la propria posizione di controllo nella società sulla base di una scelta discrezionale che, invece, non compete al nudo proprietario.