L’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 473/2023, ha fornito delle precisazioni in ordine ai casi in cui un’operazione di cessione di beni aziendali possa qualificarsi come cessione di ramo d’azienda ai fini dell’assoggettabilità all’IVA o ad altre imposte indirette.
In particolare, ha chiarito se possa qualificarsi cessione di ramo d’azienda l’operazione in base alla quale una società cede ai soci, senza corrispettivo e proporzionalmente alla riduzione del capitale sociale, la proprietà di alcuni beni aziendali funzionalmente autonomi.
Nel caso di specie, una società compartecipata da diversi Comuni, che aveva gestito il servizio idrico integrato degli stessi con notevoli investimenti, intendeva cedere agli stessi la piscina comunale e gli impianti di cui al servizio idrico, gestiti da un altro Gestore Unico.
Per l’Agenzia delle Entrate, al fine di stabilire se l’operazione abbia ad oggetto un’azienda, occorrerà valutare se le infrastrutture cedute ai soci costituiscano un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività d’impresa, e autonomamente idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività da parte dei Comuni soci.
Come noto, infatti, l’art. 2555 C.c. qualifica l’azienda come ”il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
La cessione, pertanto, ricorda l’Agenzia delle Entrate – richiamando propri precedenti orientamenti nonché l’indirizzo della Cassazione in materia – deve riguardare l’azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa.
Per l’Agenzia delle Entrate, la strumentalità per natura delle infrastrutture oggetto di cessione, unita alla circostanza che le stesse sono utilizzate in concessione d’uso esclusiva da un altro Gestore Unico del servizio idrico, inducono a ritenere che la prospettata ”assegnazione”, nel caso esaminato, abbia effettivamente per oggetto un’azienda.
L’Agenzia ricorda che ciò che effettivamente rileva ai fini dell’applicazione dell’IVA, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, è:
- la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C-497/01 del 27 novembre 2003, punti 40 e 44);
- che tale complesso di beni mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C-444/10 del 10 novembre 2011, punto 25).
Nel caso di specie risultano soddisfatti entrambi i requisiti sovraesposti, posto che la proprietà delle reti, impianti e dotazioni idriche è ”assegnata” dall’Istante ai Comuni soci e la relativa gestione prosegue autonomamente in capo al successivo Gestore Unico, in virtù del contratto di concessione d’uso onerosa in essere.
Alla luce di quanto detto l’Agenzia ha ritenuto che tale operazione non fosse soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA.
Conseguentemente, in ossequio al principio di alternatività IVA/registro di cui all’articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l”’assegnazione” del ramo di azienda rientra però nell’ambito applicativo dell’imposta di registro.