Con la sentenza in oggetto, la Corte di Giustizia interpreta gli articoli 2, punto 1, e 4 della direttiva 77/388/CEE, i quali assoggettano al regime dell’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto che esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, per tale intendendosi un’operazione che, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività, comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
In particolare, la Corte ritiene che i suddetti articoli debbano essere interpretati nel senso che un operatore che acquisti, a proprio rischio, crediti in sofferenza ad un prezzo inferiore al loro valore nominale, non effettua una prestazione di servizi a titolo oneroso, ai sensi di detto art. 2, punto 1, e non compie un’attività economica che ricade nella sfera di applicazione di tale direttiva qualora la differenza tra il valore nominale dei crediti ed il loro prezzo di acquisto rifletta il valore economico effettivo dei crediti medesimi al momento della loro cessione.
La Corte, infatti, richiamando i propri precedenti orientamenti, ricorda come, nell’ambito del sistema dell’IVA, le operazioni imponibili presuppongono l’esistenza di un negozio giuridico tra le parti implicante la stipulazione di un prezzo o di un controvalore. Conseguentemente, qualora l’attività di un prestatore consista nel fornire esclusivamente prestazioni senza corrispettivo diretto, non vi è base imponibile e tali prestazioni non sono, quindi, soggette all’IVA.