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Giurisprudenza

Cessione (frazionata) dell’azienda e imposta di registro

6 Giugno 2016

Marko Kotlar, trainee lawyer presso Simmons & Simmons

Cassazione Civile, Sez. V, 10 febbraio 2016, n. 2636

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza del 10 febbraio 2016, la Cassazione Civile Sez. Trib. si è pronunciata con riguardo ai criteri di definizione del regime d’imposta applicabile nel caso in cui una società ponga in essere più operazioni di cessione attraverso più atti distinti.

La Suprema Corte ha statuito che, al fine di verificare se tali operazioni debbano essere assoggettate all’imposta di registro o all’imposta sul valore aggiunto, occorre aver riguardo alle disposizioni contenute all’interno del D.P.R. 131 del 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) e in particolare all’art. 20 di tale normativa.

Ai fini della qualificazione di un atto di trasferimento come cessione d’azienda, ciò che rileva è il criterio definito da quest’ultima disposizione e cioè la “causa reale del negozio” e la “regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dalle parti”. Questo significa che l’imposta di registro viene applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.

Su altro fronte, la Corte mostra di abbracciare l’ampia nozione di azienda cristallizzata all’art. 51 comma 4 d.p.r. 131/1986, dalla quale discende oltretutto la necessità di commisurare il tributo al “valore complessivo dei beni che la compongono” (non ai singoli beni e rapporti trasferiti) , e quindi la necessità di assumere ad elementi della base imponibile anche i beni ed i rapporti diversi da quelli formalmente oggetto del contratto di cessione, se comunque afferenti all’azienda stessa o in ogni caso connessi alla complessiva regolamentazione attuata.

Inoltre, siccome l’imposta di registro ha per oggetto il negozio giuridico e non l’atto documentale, è necessario verificare se sia configurabile un comportamento sostanzialmente unitario, prediligendo una interpretazione appunto unitaria del negozio, evitando valutazioni segmentate e parziali dei singoli atti posti in essere dalla società. Deve quindi preferirisi una lettura del disegno complessivo voluto mediante l’attuazione delle diverse operazioni di cessione.

In generale quindi, ai fini della determinazione del regime d’imposta applicabile, il canone da prendere in considerazione è quello della reale operazione economica perseguita (la sostanza prevale sulla forma).

Ciò nondimeno La Corte precisa che l’accertamento in ordine all’oggetto specifico del contratto di cessione (o dei contratti di cessione), condotto al fine di stabilire se i singoli beni oggetto di cessione siano stati considerati nella loro autonoma individualità oppure come strumentali all’alienazione dell’azienda, è un accertamento che rientra nella categoria dei giudizi di fatto ed è quindi riservato, di regola, al giudice di merito, salvo che si denoti una violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o che emerga l’inadeguatezza o la contraddittorietà della motivazione che ha portato a sentenza.

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