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Attualità

Chiarezza e sinteticità degli atti giudiziari nello schema di Regolamento

7 Giugno 2023

Vittorio Pisapia, Partner Fondatore, Fivelex Studio Legale e Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza lo schema di regolamento redatto dal Ministro della Giustizia sui criteri di redazione e limiti dimensionali degli atti giudiziari del processo civile.


1. Premessa – Criteri e limiti degli atti giudiziari

E’ stato licenziato dal Ministro della Giustizia lo schema di regolamento sui criteri di redazione e limiti dimensionali degli atti del processo civile e gli schemi degli atti giudiziari.

Lo schema è stato inviato al Consiglio Nazionale Forense e al Consiglio Superiore della Magistratura, per l’acquisizione dei relativi pareri. Dopodiché dovrà essere sottoposto al parere del Consiglio di Stato.

Come noto, tale regolamento è previsto dall’art. 46 disp. att. c.p.c. [1], in attuazione del principio di chiarezza e sinteticità degli atti; principio espresso dall’art. 121 c.p.c., e che informa il processo civile scaturito dalla c.d. Riforma Cartabia.

La nota di accompagnamento precisa che “il decreto dovrà acquistare efficacia il 30 giugno 2023”; correlativamente l’art. 12 dello schema prevede che “il presente decreto acquista efficacia il 30 giugno 2023”, precisando che “si applica anche ai procedimenti pendenti a tale data”.

2. Il contenuto dello schema, in sintesi

Lo schema di regolamento si compone di 12 articoli, dei quali i più rilevanti sono gli articoli 2 (criteri di redazione degli atti giudiziari delle parti private e del pubblico ministero), 3 (limiti dimensionali degli atti), 4 (esclusione dai limiti dimensionali), 5 (deroghe ai limiti dimensionali), 6 (tecniche redazionali), 7 (criteri di redazione dei provvedimenti del giudice).

In conformità alla legge, lo schema di regolamento prevede che l’inosservanza di tali criteri e limiti non comporta l’invalidità dell’atto giudiziario. Opportunamente (a differenza dell’art. 46 disp. att. c.p.c.) lo schema precisa che l’inosservanza non comporta neanche l’inammissibilità.

Occorre, tuttavia, considerare che il superamento dei limiti dimensionali può influire sulla liquidazione delle spese; in particolare, per espressa previsione dell’art. 46, comma 6, disp. att. c.p.c., “il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto”può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo”.

Inoltre è indubbio che l’inosservanza dei limiti previsti dal decreto potrà avere l’effetto di predisporre in senso non favorevole chi quegli atti giudiziari dovrà leggere e giudicare.

La sanzione è, quindi, rappresentata dal rischio di una sorta di riprovazione sociale nell’ambito del processo.

Se peraltro si considera che quello in gioco è il diritto di difesa, ossia un diritto fondamentale, tutelato dalla Costituzione, che non può subire condizionamenti, occorre essere molto cauti nella individuazione di tali limiti e criteri.

3. Osservazioni critiche

1. – L’introduzione espressa nell’ordinamento processuale del principio di chiarezza e sinteticità degli atti giudiziari va salutata senz’altro con favore.

Come è stato più volte osservato, il linguaggio dei tecnici del diritto (ma anche dello stesso legislatore) è un linguaggio non di rado involuto e, in alcuni casi, volutamente criptico.

Questo peraltro in palese contraddizione con lo scopo dell’atto giudiziario: convincere il giudice della fondatezza delle proprie ragioni, e per essere convincenti, occorre essere chiari e sintetici (e, quindi, tra l’altro, ad esempio, comporre frasi brevi, evitare, quando possibile, le subordinate, le parole inutilmente difficili, gli aggettivi superflui, ecc.).

In tema di chiarezza e sinteticità, va ricordato il famoso decalogo del Kansas City Star, dove Ernest Hemingway aveva cominciato a lavorare come cronista: usa frasi brevi, scrivi in forma attiva, non abbondare con gli aggettivi, ecc.

2. – La chiarezza e sinteticità sono, peraltro, concetti relativi; essi dipendono dalla complessità della materia e dei fatti che vanno allegati a fondamento delle domande e delle eccezioni.

Vi sono materie e fatti complessi, che non è possibile trattare e illustrare con il vincolo di un limite dimensionale troppo rigoroso (tanto più, oggi, con le stringenti preclusioni previste dalla riforma del processo).

E’ vero che lo stesso decreto – in analogia con quanto previsto dai protocolli della Corte di Cassazione – stabilisce la possibilità di deroga a tali limiti, a condizione di motivarne (in modo sintetico) la necessità.

Tuttavia, questa motivazione potrebbe essere valutata non adeguata dal giudicante e resterebbe, quindi, il fatto oggettivo – con gli effetti di cui abbiamo detto – del superamento del limite.

In quest’ottica, come si diceva, lo schema di regolamento appare eccessivamente rigoroso.

Al riguardo, possono farsi due considerazioni:

A) la previsione di un limite di 25 pagine, soprattutto per gli atti introduttivi, e le conclusionali, addirittura inferiore a quello dei già rigidi protocolli adottati dalla Corte di Cassazione, appare davvero eccessiva.

Infatti:

  1. il protocollo della Corte di Cassazione prevede un limite di 30 pagine (per i motivi, oltre 5 pagine per il fatto) per ricorso e controricorso, laddove lì i fatti sono ridotti all’essenziale e il giudizio è, come noto, di diritto;
  2. prevedere un limite inferiore (25 pagine) (anche) per gli atti introduttivi del giudizio di merito (oggi soggetti ad ancor maggiori preclusioni) appare incongruo: nelle fasi di merito, soprattutto in primo grado, la parte in fatto è spesso la più importante, e ad essa vanno aggiunti i motivi in diritto; pretendere che gli avvocati siano ancora più sintetici di quanto non sia (oggi) richiesto per un ricorso (o controricorso) in Cassazione, appare eccessivo; si consideri anche – e ciò vale, in particolare, per il primo grado – che ciascuna parte ha l’onere di contestare specificamente le circostanze allegate dall’altra parte; il che può rendere arduo rispettare i limiti dimensionali previsti dallo schema.

B) Appare pure non condivisibile la prescrizione che vieta di usare le note (art. 6, comma 2), “salvo che per la sola indicazione degli estremi dei precedenti giurisprudenziali, senza trascrizione della massima o del contenuto del provvedimento, nonché dei riferimenti dottrinari, senza trascrizione dei relativi testi”.

Infatti, e al contrario, le note, se usate con ragionevolezza, sono coerenti col il principio di chiarezza e sinteticità.

Le note hanno, per definizione, una funzione esplicativa, e quindi anzitutto di chiarezza: esse consentono, infatti, di non spezzare il discorso, il filo del ragionamento, e di esprimere concetti o puntualizzazioni che possono agevolare la lettura dell’atto, e quindi renderlo più chiaro.

Proprio in tema di diritto processuale civile, uno dei più importanti manuali, quello di Crisanto Mandrioli, famoso per la sua chiarezza e sinteticità, ha fatto, e fa tutt’ora, ampio uso delle note.

Ciò a riprova del fatto che le note aiutano, e non ostacolano, la lettura, sempre naturalmente che siano utilizzare con ragionevolezza, e non al solo scopo di aggirare il limite dimensionale.

Fermo restando quanto si è detto finora, non si comprende, poi, perché le note potrebbero essere usate solo per i riferimenti giurisprudenziali o dottrinali, come prescrive lo schema di decreto, e non anche, ad esempio, per quelli normativi (che l’art. 6, infatti, neppure menziona).

L’auspicio è, quindi, quello di un ripensamento della schema, che, pur dando attuazione al principio di chiarezza e sinteticità, sia coerente con le esigenze del diritto di difesa e non sia eccessivamente rigoroso.

 

[1]Art. 46 disp. att. c.pc.:  

(…)

5. Il Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, definisce con decreto gli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo. Con il medesimo decreto sono stabiliti i limiti degli atti processuali, tenendo conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti. Nella determinazione dei limiti non si tiene conto dell’intestazione e delle altre indicazioni formali dell’atto, fra le quali si intendono compresi un indice e una breve sintesi del contenuto dell’atto stesso. Il decreto è aggiornato con cadenza almeno biennale.

6. Il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo.

7. Il giudice redige gli atti e i provvedimenti nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo”.

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