Con risposta scritta pubblicata lo scorso 30 luglio 2015, il Ministero dell’economia e delle finanze ha risposto ad un’interrogazione parlamentare con la quale venivano chiesti chiarimenti circa la natura di “derivato” della clausola contrattuale relativa all’indicizzazione del mutuo al tasso di cambio (in particolare, mutuo indicizzato in franchi svizzeri) con conseguenze in termini di applicabilità della disciplina di settore del TUF e delle relative norme di attuazione.
Nella propria risposta il MEF parrebbe escludere una simile configurazione, laddove, richiamando l’orientamento espresso dalla Commissione europea, evidenzia che «un’opzione incorporata in un prestito – quale ad esempio quella che dà diritto a modificare il metodo di calcolo del tasso di interesse o la valuta del prestito – che non è essa stessa un titolo, non è uno strumento finanziario ai fini MiFID».
Diversamente, seguendo l’orientamento espresso dall’Arbitro Bancario Finanziario (decisione del Collegio di Coordinamento del 20 maggio 2015), la legittimità della clausola andrebbe analizzata sotto il profilo della trasparenza. In particolare, secondo tale decisione, posto che la clausola che prevede la doppia conversione (prima in franchi svizzeri al tasso convenzionale pattuito nel contratto e poi in euro al cambio rilevato il giorno del rimborso) esporrebbe il cliente alla doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, laddove questa non indichi le operazioni aritmetiche da eseguire per realizzare tale duplice conversione, la stessa dovrebbe considerarsi nulla per violazione del principio di trasparenza.