La Corte di Cassazione, Sezione Terza, con ordinanza n. 27106 del 18 ottobre 2024 (Pres. Scarano, Rel. Graziosi), si è pronunciata in materia di usura, con particolare riferimento alla portata applicativa della c.d. clausola di salvaguardia.
Si ricorda, che, in base a consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, può definirsi “clausola di salvaguardia” quella clausola che assicura che non venga mai superata la soglia dell’usura oggettiva, escludendo quindi il rischio che il tasso convenzionale sia dichiarato nullo e che nessun interesse sia dovuto alla banca.
La sentenza della Corte d’Appello cassata dalla S.C., in riferimento al caso di specie, aveva ritenuto che la pattuizione di interessi superiore nel limite massimo al tasso soglia di usura non rendesse applicabile l’art. 1815, c. 2 C.c., nonostante il contratto in esame prevedesse, invece, nella relativa clausola di determinazione del tasso, l’applicazione agli interessi moratori del parametro Euribor a tre mesi oltre al 9%; e alla sua stipula, il 4 ottobre 2006, il parametro Euribor era 3,41%, per cui il tasso di mora convenuto risultava 12,41%, superiore quindi al tasso soglia del periodo di riferimento, ammontante all’8,97%.
Per la Corte d’Appello, più nello specifico, le condizioni generali di contratto, nel caso di specie, prevedevano infatti una sorta di clausola di salvaguardia, la quale, ad avviso della corte territoriale, riconducendo la misura degli interessi moratori entro la soglia dell’usura, escludevano ab origine la nullità della relativa pattuizione, e rendevano così la clausola valida: tramite una sorta di correzione/integrazione della clausola determinante gli interessi moratori, attuata tramite un’altra clausola, cioè la “clausola di salvaguardia”, verrebbe sostanzialmente “depurato” ab origine il contratto, dal tasso usurario, che il contratto stesso aveva appunto ab origine stabilito.
La Cassazione ha tuttavia affermato che la clausola di salvaguardia può stipularsi solo a tutela della validità di ciò che non è sorto già nullo rispetto alla sopravvenuta modifica del tasso; diversamente, si giungerebbe ad affermare che l’applicazione dell’art. 1, c. 1 D.L. 394/2000, potrebbe essere “disattivata” dalla clausola di salvaguardia, che finirebbe per espungere la natura nulla dalla clausola, che deriva proprio dall’originaria pattuizione di un tasso illecito per gli interessi moratori.
La clausola è finalizzata infatti a proteggere l’applicazione di una clausola, non da come è stata stipulata ab origine, bensì dall’esterna sopravvenienza di variazioni dell’Euribor che la condurrebbero a oltrepassare i limiti della validità del tasso.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte: “L’articolo 1, comma 1, d.l. 394/2000, convertito con modifica nella L. n. 24/2001 […] stabilisce che una clausola contrattuale con la quale vangano convenuti interessi usurari è nulla; e il riferimento, ictu oculi, è alla sua originaria pattuizione che la inserisce, appunto ab origine, nel sinallagma contrattuale, dal momento che la natura variabile di un elemento presente nella clausola non può privare di effetto il suo stato al momento della stipulazione, così rendendolo, per di più, un dato indeterminabile: la variabilità non può che essere, al contrario, una caratteristica ontologica che si concretizza e perciò genera effetto solo posteriormente alla stipula. Ne consegue che una clausola di salvaguardia può essere stipulata esclusivamente per tutelare la validità di quel che non è nato nullo rispetto alla sopravvenuta modifica del tasso – caratterizzato dal suo movimento fisiologico – che nullo altrimenti lo renderebbe […] Diversamente opinando si giungerebbe ad affermare che l’applicazione dell’articolo 1, primo comma, possa essere “disattivata” dalla clausola di salvaguardia, la quale verrebbe a espungere la natura nulla dalla clausola derivante da originaria pattuizione di un tasso illecito per gli interessi moratori. Una clausola come quella “di salvaguardia” invece, come ne segnala il nome, è finalizzata a proteggere l’applicazione di una clausola, non certo direttamente da sé stessa – ovvero per come è stata stipulata ab origine -, bensì dalla esterna sopravvenienza dei movimenti Euribor che la condurrebbero a oltrepassare i limiti della validità del tasso. Il che non è certo sostenibile, dal momento che si è dinanzi, ictu oculi, a una norma imperativa, in quanto il suo contenuto determina quel che è nullo, ovvero affetto da un vizio di radicale illegittimità“.