Il Consiglio Notarile di Milano ha pubblicato la massima n. 202 del 5 luglio 2022 in materia di clausole statutarie di “tetto minimo” di azioni o quote ai sensi degli artt. 2355-bis e 2469 c.c.
Di seguito la massima del Consiglio notarile.
Sono legittime le clausole statutarie di s.p.a. e di s.r.l. che impongono un “tetto minimo” di possesso delle azioni o delle partecipazioni sociali. Esse possono essere configurate: (i) come regole di circolazione delle partecipazioni, che rendono il trasferimento inefficace nei confronti della società in tutti i casi in cui, per effetto del trasferimento, l’acquirente non consegua il possesso minimo ovvero il venditore lo perda; (ii) come regole che subordinano la legittimazione all’esercizio di parte dei diritti sociali alla titolarità di un numero di azioni o di una quota di partecipazione almeno pari o superiori al possesso minimo.
La delibera di modifica dello statuto che introduce questo secondo tipo di clausole deve essere adottata, oltre che con le maggioranze richieste dalla legge e dallo statuto, anche con il consenso dei soci che siano titolari di un numero di azioni o di una partecipazione inferiori al possesso minimo richiesto dalla nuova clausola statutaria.
Sul punto, evidenzia il Consiglio Notarile di Milano, delle regole di possesso minimo di partecipazioni sono previste dall’ordinamento in alcuni casi, come ad esempio:
- dall’articolo 30, comma 5-bis, TUB con riferimento alle banche popolari che prevede la possibilità di prevedere in statuto il possesso di un numero minimo di azioni per essere socio;
- dall’articolo 34, comma 4-bis, TUB, con riferimento alle banche di credito cooperativo;
- dall’articolo 17 del d.lgs. 175/2016, che nei contratti a partecipazione mista pubblico-privata prevede una soglia minima per il socio privato;
- per l’esercizio di alcuni diritti sociali (convocazione su richiesta dei soci, impugnazione di delibere annullabili, denunzia di fatti censurabili al collegio sindacale, denunzia al tribunale per gravi irregolarità)
Le clausole statutarie che impongono un “tetto minimo” al possesso delle azioni o delle quote possono assumere una diversa configurazione:
- come limite alla circolazione delle azioni;
- come requisito necessario per conseguire la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali.
Con riferimento al secondo punto, la clausola statutaria del “tetto minimo” può avere ad oggetto solo una parte dei diritti sociali, ossia quelli disponibili dall’autonomina statutaria, quali il diritto di voto, il diritto di intervento in assemblea, il diritto di chiedere la convocazione dell’assemblea, ecc.
Nel caso di inserimento della clausola di tetto minimo in statuto, la delibera deve essere adottata col voto favorevole dei soci che potranno perdere tale qualifica, poiché si va ad incidere non solamente sul profilo organizzativo della società, ma si introdurrebbero limitazioni ricadenti in modo esclusivo sulla posizione di alcuni soci e non di tutti, in violazione del principio di parità di trattamento.
Per quanto riguarda il diritto di recesso, l’introduzione, la modifica o l’eliminazione a maggioranza delle clausole del tetto minimo al possesso di quote di s.r.l. non dà luogo a tale diritto in automatico, ma deve essere previsto espressamente in statuto.
Nelle s.p.a., invece, il diritto di recesso sarà inevitabilmente configurabile per il caso in cui la clausola sia stata declinata come regola che subordina la legittimazione all’esercizio di parte dei diritti sociali al conseguimento o al mantenimento del possesso minimo.