Con riferimento alla disciplina relativa alle condizioni cui soggiace la tutela dei diritti di credito dei terzi, in materia di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali (e.g. la confisca) previste dal nuovo Codice Antimafia, la Suprema Corte, con particolare riguardo all’onere probatorio imposto dall’art. 52, comma 1, lett. b) e comma 3, d. lgs. n. 159/2011, ribadisce il principio di diritto secondo il quale, in riferimento alla tutela del proprio diritto di credito nei confronti del destinatario della misura di prevenzione, la banca mutuante è tenuta a provare non soltanto la mancanza del nesso di strumentalità del credito all’attività illecita, ma anche l’occorsa valutazione circa la congruità dei redditi del mutuatario rispetto all’entità delle somme mutuate, quale condizione necessaria per la configurabilità della buona fede del creditore. (così già Cass, sez. 6, n. 32524 del 16/06/2015).
Deve, infatti, escludersi la buona fede idonea a fare salvo il diritto di credito della banca mutuante, qualora quest’ultima, all’atto di concessione del credito, quantunque assistito da garanzia reale, abbia omesso di valutare la congruità dei redditi del beneficiario del finanziamento rispetto all’importo delle somme mutuate. Pertanto, in mancanza della suddetta congruità, venuta meno la buona fede in capo alla banca creditrice, ne consegue l’esclusione del suo credito dallo stato passivo del procedimento relativo alla confisca.