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Approfondimenti

Commissioni interbancarie: legittime per la Corte di Giustizia quando forniscono benefici per gli esercenti

12 Novembre 2014

Andrea De Matteis, De Matteis Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

Le commissioni interbancarie multilaterali (multilateral interchange fees o MIF) producono evidenti benefici per i titolari di carta e per gli esercenti. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha recentemente stabilito che le MIF sono legittime quando producono sufficienti benefici per gli esercenti. Nonostante abbia analizzato questioni di diritto molto complesse, la Corte non ha tuttavia determinato quali siano i livelli di MIF consentiti. La Commissione Europea ha tentato di rispondere a tale interrogativo nel corso degli anni. Da ultimo, la Commissione ha aderito alla metodologia del cd. Merchant Indifference Test che si è rivelata fallimentare fra l’altro per l’assenza di dati attendibili. Il regolamento sulle MIF, in fase di approvazione, non ha alcun fondamento metodologico riguardo ai livelli di MIF che esso stabilisce. Proprio a causa dei livelli molto bassi proposti, il regolamento rischia di danneggiare l’industria dei pagamenti e i consumatori, e di compromettere la diffusione dei pagamenti elettronici.

Le MIF e i relativi benefici per titolari di carta ed esercenti

Le MIF sono il corrispettivo che, in ciascuna transazione con carta, l’acquirer (i.e., la banca o il prestatore di servizi di pagamento che ha convenzionato l’esercente per il servizio di accettazione delle carte) paga all’issuer (i.e., alla banca o al prestatore di servizi di pagamento che ha emesso la carta del titolare), quale remunerazione dell’issuer per i servizi forniti all’esercente. Tali servizi includono, ad esempio, la garanzia di pagamento in caso di frode o d’insolvenza del titolare di carta; l’issuer paga l’esercente (tramite l’acquirer) anche in caso di transazione fraudolenta o se il titolare non ha la disponibilità dei fondi. In un mercato a due versanti (two-sided market) – come quello dei pagamenti – i circuiti bilanciano attraverso le MIF gli interessi di entrambi i versanti (gli esercenti e i titolari di carta) in modo che ciascun versante sopporti un’equa percentuale di costi per i benefici che riceve.

Gli esercenti usufruiscono di una vasta gamma di benefici derivanti dall’accettazione di carte: un ampliamento della propria base di clienti, un incremento delle vendite, la possibilità di vendere online, la riduzione dei costi legati al contante (per esempio, i costi riguardanti la gestione, i rischi di furto, la perdita e la contraffazione del contante), una modalità di pagamento più rapida, la possibilità di allestire punti vendita automatizzati, ecc.. La maggior parte di questi benefici è generata dagli issuer. Le MIF garantiscono quindi agli issuer il corrispettivo per i servizi e i benefici forniti agli esercenti.

In assenza di MIF, o se il loro livello è troppo basso, gli esercenti non pagano per i benefici che ricevono. In mancanza di una giusta remunerazione dell’issuer sul versante degli esercenti, l’issuer si vede costretto a compensare tale mancata remunerazione attraverso un aumento dei prezzi sul versante dei titolari di carta o, se questo non è possibile, a diminuire i propri investimenti nel settore, per esempio in termini d’innovazione e sicurezza.

La Corte di Giustizia europea: le MIF sono consentite se forniscono benefici agli esercenti

Nel settembre 2014 la Corte di Giustizia europea si è pronunciata sulla legittimità delle MIF applicate da MasterCard nel dicembre 2007 alle operazioni transfrontaliere di pagamento eseguite nello Spazio Economico Europeo (“MIF transfrontaliere intra-SEE”). 

La tanto attesa sentenza continua una saga iniziata 22 anni fa con la notifica spontanea alla Commissione Europea da parte di MasterCard (in precedenza Europay) delle proprie MIF transfrontaliere intra-SEE e con le prime denunce da parte delle associazioni degli esercenti.

Inizialmente la Commissione ha rigettato tali denunce ritenendole infondate e ha considerato le MIF perfettamente conformi alle norme europee sulla concorrenza. Nel 2002, in un caso riguardante Visa Europe, la Commissione ha stabilito che le MIF potevano considerarsi legittime a condizione che i loro livelli fossero calcolati sulla base dei costi di emissione delle carte. I circuiti, seguendo quest’approccio, hanno elaborato e sviluppato metodologie basate sui costi di emissione (issuing costs methodologies). Nel 2007, a causa dell’intensificarsi dell’attività di lobbying degli esercenti in Europa e nel resto del mondo, la Commissione ha cambiato drasticamente approccio e ha adottato una decisione d’infrazione sulle MIF transfrontaliere intra-SEE di MasterCard perché −sebbene queste fossero state calcolate sulla base dei costi di emissione −non vi erano prove sufficienti del fatto che i livelli all’epoca vigenti fossero sufficientemente vantaggiosi per gli esercenti.

Con la sentenza di settembre 2014, la Corte di Giustizia ha confermato la decisione della Commissione del 2007, statuendo che le MIF sono consentite a condizione che forniscano comprovati benefici per gli esercenti.

Le questioni principali sottoposte alla Corte di Giustizia

Nel giungere a tale conclusione, la Corte di Giustizia ha esaminato sostanzialmente tre questioni: (1) se le MIF transfrontaliere intra-SEE siano state concordate tra imprese concorrenti, (2) se abbiano determinato una restrizione della concorrenza e siano oggettivamente necessarie per il funzionamento del circuito MasterCard, e (3) se possano essere esentate dall’applicazione delle norme sulla concorrenza per ragioni di efficienza.

1) Le MIF transfrontaliere intra-SEE sono state concordate tra imprese concorrenti?

La Corte di Giustizia ha accertato in primo luogo che, nel dicembre 2007, le MIF transfrontaliere intra-SEE di MasterCard non sono state fissate in modo autonomo da quest’ultima, bensì da imprese concorrenti (le banche) per mezzo di una cd. “associazione d’imprese” (ossia, la stessa MasterCard). La Corte ha qualificato MasterCard come associazione d’imprese poiché −nonostante questa si fosse quotata in borsa nel 2006 −avrebbe continuato a funzionare come una forma istituzionalizzata di coordinamento delle banche.

La Corte di Giustizia ha rigettato quindi la tesi difensiva con cui MasterCard sosteneva di essere diventata, a seguito della quotazione in borsa, una società autonoma e indipendente con un azionariato diffuso fra una moltitudine di azionisti di natura non bancaria. MasterCard ha inoltre posto l’accento sul fatto di essere indipendente dalla propria clientela bancaria e di perseguire la propria strategia commerciale nell’interesse dei propri azionisti. MasterCard ha altresì sostenuto, ma senza successo, che non poteva essere qualificata come associazione d’imprese per la mancanza tra i propri clienti di un interesse comune in MIF più elevate: gli issuer sono interessati a ricevere MIF più elevate, mentre gli acquirer a pagare MIF più basse.

2) Le MIF transfrontaliere intra-SEE costituiscono una restrizione della concorrenza? Sono oggettivamente necessarie per il funzionamento del circuito MasterCard?

La conclusione per cui le MIF transfrontaliere intra-SEE sarebbero stabilite dalle banche ha indotto la Corte di Giustizia ad applicare le norme in materia di accordi tra imprese concorrenti e a qualificarle come restrizioni della concorrenza. Secondo la Corte, le MIF transfrontaliere intra-SEE hanno limitato la concorrenza per aver costituito una soglia minima per le commissioni applicate dalle banche acquirer agli esercenti per il servizio di convenzionamento (merchant service charges).

La Corte di Giustizia ha poi affermato che leMIF transfrontaliere intra-SEE non si sottraggono all’applicazione delle norme sulla concorrenza perché non “oggettivamente necessarie” al funzionamento del circuito. Aderendo a un’interpretazione restrittiva della precedente giurisprudenza, la Corte ha affermato che la circostanza che un’operazione sia semplicemente resa più difficile o meno redditizia in assenza della restrizione interessata non vale a renderla oggettivamente necessaria. L’assenza delle MIF determinerebbe, secondo la Corte, conseguenze negative per il funzionamento del circuito ma non tali da determinare un’esenzione dalle regole sulla concorrenza. Secondo quanto sostenuto da MasterCard, invece, i circuiti non possono operare in assenza di regole che determinino la compensazione monetaria per le transazioni tra issuer e acquirer, e ciò richiede la fissazione di una MIF di default (sia essa positiva, negativa o nulla).

3) Le MIF transfrontaliere intra-SEE possono essere esentate dall’applicazione delle norme sulla concorrenza per ragioni di efficienza?

La Corte di Giustizia ha infine affermato che le MIF transfrontaliere intra-SEE, applicate da MasterCard nel dicembre 2007, non potevano nemmeno essere esentate per ragioni di efficienza. Secondo la Corte, MasterCard non avrebbe dimostrato, in base agli standard di prova richiesti, che gli esercenti ricevano sufficienti benefici dalle MIF. Alla luce di ciò, la Corte non ha ritenuto necessario esaminare i benefici che i titolari di carta ricevono dalle MIF, non potendo questi compensare di per sé l’assenza di prova dei benefici forniti agli esercenti. Ciò resta fermo anche se −come già riconosciuto in primo grado dal Tribunale −i titolari di carta dovranno sopportare maggiori costi in caso di eliminazione o riduzione delle MIF. In particolare, il Tribunale ha riconosciuto che “all’interno di un sistema che funzioni senza [MIF]si possa presumere un ribasso dei vantaggi concessi ai titolari di carte” e che “il ribasso delle commissioni interbancarie ha potuto condurre ad un aumento delle spese fatturate ai titolari di carte o alla riduzione di taluni vantaggi” (sentenza del Tribunale del 24 maggio 2012 nella causa T-111/08 – MasterCard e a. / Commissione, par. 110 e 118).

Una questione irrisolta: quali sono i livelli di MIF consentiti?

La sentenza della Corte di Giustizia lascia aperta la possibilità che le MIF possano essere esentate a condizione che i circuiti dimostrino che esseforniscono agli esercenti vantaggi tali da compensare gli effetti restrittivi della concorrenza. In altri termini, le MIF continueranno a essere consentite purché siano fissate a livelli vantaggiosi per gli esercenti.

La Corte di Giustizia non ha fornito indicazioni sul metodo che MasterCard e gli altri circuiti dovrebbero adottare per fissare le MIF ai livelli consentiti. I livelli indicati dalla Commissione Europea nella propria proposta di regolamento sulle MIF presentata nel luglio 2013 –oltre a non avere fondamento in alcuno studio scientifico approfondito – non hanno trovato alcuna legittimazione nella sentenza. Né la Corte di Giustizia ha affermato che le MIF debbano essere determinate attraverso una regolazione del settore.

La Commissione stessa ha tentato di dare risposta all’interrogativo di quali siano i livelli di MIF consentiti, adottando nel corso degli anni approcci differenti e contrastanti. Dopo aver dato, nel 2002, il suo benestare alle metodologie basate sui costi di emissione (issuing costs methodologies), la Commissione le ha di fatto proibite nel 2007 aderendo a una nuova metodologia denominata “tourist test” o “merchant indifference test”.

Il merchant indifference test: non sono disponibili risultati definitivi

Secondo la metodologia del merchant indifference test, il livello di MIF consentito è quello per cui le merchant service charges pagate dall’esercente corrispondono al costo del contante. In altri termini, la Commissione cerca di fissare le MIF in modo da rendere l’esercente indifferente a un pagamento con carta o in contanti.

Non sorprende che la metodologia del merchant indifference test sia ritenuta molto controversa perché essa attribuisce rilevanza solamente al profilo dell’indifferenza dell’esercente e non considera invece – come dovrebbe essere invece in un mercato a due versanti – gli interessi del consumatore titolare di carta. A causa di questo difetto intrinseco di tale metodologia, il merchant indifference test è destinato a rimanere una metodologia controversa anche qualora si ottenessero dati attendibili.

Ad oggi infatti non sono disponibili dati attendibili e accurati per l’applicazione di questa metodologia. Il primo tentativo della Commissione di ottenere dati attendibili sul merchant indifference test risale a uno studio commissionato nell’aprile 2009 dalla Commissione. MasterCard aveva chiesto di poter accedere allo studio in virtù del regolamento europeo sulla trasparenza, ma senza successo. Il 9 settembre 2014, il Tribunale, a seguito del ricorso presentato da MasterCard, ha annullato la decisione con cui la Commissione aveva rifiutato di mettere a disposizione tale studio. Nel giugno 2012, la Commissione ha pubblicato un altro bando di gara per uno studio sui costi sostenuti dagli esercenti per i pagamenti in contanti e con carta. Sette mesi dopo, nonostante che tale studio fosse ancora in corso e mancassero dati attendibili, la Commissione ha presentato la sua proposta di regolamento sulle MIF, sostenendo che i livelli massimi ivi previsti fossero stati individuati proprio sulla base del merchant indifference test.

La Commissione ha pubblicato alcuni risultati preliminari sul merchant indifference test solamente il 19 febbraio 2014, sette mesi dopo la propria proposta di regolamento sulle MIF.  Secondo tali risultati preliminari, i livelli di MIF consentiti sarebberolo 0,11% del valore della transazione per le carte di debito e lo 0,15% per le carte di credito. Si tratta di livelli persino inferiori a quelli indicati nella proposta di regolamento sulle MIF.

Nel presentare questi risultati, la Commissione ha ammesso che l’operazione di raccolta dei dati presso gli esercenti si è rivelata particolarmente lunga e difficoltosa. La Commissione ha precisato che vi sono ancora una serie di riserve e che è necessaria un’analisi più approfondita.

I risultati preliminari risultano infatti lacunosi e si prestano ad alcune osservazioni critiche in quanto:

  • l’indagine ha interessato solamente 10 dei 31 paesi dello Spazio Economico Europeo,
  • sono stati intervistati solo esercenti di grandi dimensioni (con fatturato superiore a 20 milioni di euro),
  • sono stati intervistati in maniera soddisfacente solo 254 esercenti,
  • l’indagine non ha interessato le transazioni online.

Gli esercenti di minori dimensioni saranno intervistati nella seconda fase dello studio, che dovrebbe interessare 2.000 esercenti nei medesimi dieci paesi. Non è escluso che ciò possa alterare sensibilmente i risultati preliminari perché gli esercenti di minori dimensioni sopportano dei costi del contante molto più elevati rispetto a quelli di maggiori dimensioni.

È evidente che allo stato attuale la Commissione non possiede i dati necessari per determinare i livelli di MIF conformi alle norme sulla concorrenza, né quelli che sarebbero consentiti nell’ambito di un intervento legislativo o di tipo regolatorio. Si tratta di una grave mancanza nell’azione della Commissione e delle autorità della concorrenza e di regolazione.

La proposta di regolamento sulle MIF

La proposta di regolamento stabilisce dei livelli massimi alle MIF per le operazioni di pagamento con carta: 0,2% del valore dell’operazione per le carte di debito, fino a un massimo di 7 centesimi di euro, e 0,3% per le carte di credito. Il livello massimo di 7 centesimi di euro è stato introdotto dal Parlamento Europeo nell’aprile 2014.

La logica sottesa è che con la fissazione di un livello massimo delle MIF, le merchant service charges si ridurrebbero e gli esercenti trasferirebbero tale la riduzione ai consumatori tramite prezzi al dettaglio più bassi.

Questa previsione ha originato un acceso dibattito rispetto al reale impatto sui consumatori. In un mercato a due versanti come quello dell’industria dei pagamenti, se i ricavi provenienti dagli esercenti si riducono, gli issuer, per compensare i minori introiti, devono necessariamente incrementare i ricavi provenienti dai titolari di carta (o, in alternativa, ridurre i benefici per questi ultimi).

Questo è dimostrato dalle esperienze di paesi come Australia, Spagna e Stati Uniti, in cui sono state ridotte le MIF. In ciascun caso, a seguito della riduzione obbligatoria delle MIF, le carte sono diventate più costose per i consumatori. Tali esperienze dimostrano anche che i risparmi degli esercenti non sono trasferiti ai consumatori tramite un’apprezzabile diminuzione dei prezzi al dettaglio.

La regolazione del livello delle MIF influisce anche sui profili della sicurezza e dell’innovazione. Se i ricavi derivanti dai pagamenti con carta si riducono, gli issuer non saranno più in grado di investire in prodotti più sicuri e innovativi come la tecnologia EMV, i pagamenti mobili, i mobile wallets e le tecnologie contactless.

La proposta di regolamento sulle MIF contiene anche una serie di ‘regole commerciali’(come quelle sull’obbligo di separazione tra circuito e processing delle operazioni, il cobadging, ecc.), che avranno un impatto significativo sull’industria di pagamenti. Colpisce il fatto che tali regole non trovano giustificazione in condizioni di fallimento del mercato (market failure) – presupposto necessario per ogni regolazione e compressione della libertà di iniziativa economica.

Conclusioni

L’applicazione delle norme sulla concorrenza in materia di MIF è stata caratterizzata da incertezza e incoerenza. Dopo due decenni d’intensa attività di lobbying da parte degli esercenti, la Commissione si è focalizzata solamente su un versante del mercato, a beneficio degli esercenti, trascurando il rischio concreto di effetti negativi per i consumatori. Se le MIF saranno ridotte, i consumatori dovranno sopportarne i costi.

Preoccupa che la Commissione e le autorità nazionali abbiano concluso procedimenti nei confronti dei circuiti senza avere dati metodologici completi e soddisfacenti sui livelli di MIF consentiti. La medesima inadeguatezza metodologica caratterizza il regolamento sulle MIF.

Una regolazione che non preveda una giusta remunerazione per l’attività di issuing è destinata ad impedire l’innovazione e lo sviluppo dell’industria dei pagamenti. Le esperienze degli altri paesi mostrano come vi sia un alto rischio che tale regolazione possa danneggiare la diffusione dei pagamenti elettronici.

A fronte di questa situazione, i governi di alcuni Stati Membri hanno dichiarato di voler preferirelivelli più elevati di MIF, in modo da poter fornire ai consumatori i giusti incentivi per utilizzare le carte di pagamento.

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