Con il provvedimento in oggetto, la Corte di Cassazione ha affermato la competenza del giudice delegato alla liquidazione dell’equo compenso ex art. 1526 cod. civ. in favore del concedente il leasing, il quale, a seguito di risoluzione del rapporto, abbia specificamente richiesto, con apposita domanda, l’ammissione allo stato passivo fallimentare di tale compenso.
A detta della Suprema Corte, il richiamo operato dalla ricorrente a Cass. 8 ottobre 1993, n. 9974 al fine di invocare la competenza del giudice ordinario in luogo del giudice delegato per la determinazione dell’equo compenso ex art. 1526 cod. civ. è inconferente rispetto alla fattispecie oggetto del ricorso. Ciò in quanto, in quel caso, i giudici di legittimità avevano negato la competenza del giudice delegato alla determinazione del suddetto compenso in virtù del fatto che tale determinazione era avvenuta – a seguito della risoluzione del contratto con il quale era stato venduto il bene con patto di riservato dominio alla società in seguito fallita – «su istanza del (solo) curatore […] onde il provvedimento degli organi fallimentari, in quanto contenente la determinazione delle somme il cui pagamento incomberebbe al fallimento, risulta adottato senza che il creditore avesse fatto istanza di ammissione al passivo»
Nel provvedimento invocato dalla ricorrente la ratio dell’attribuzione della competenza al giudice ordinario risiedeva dunque nell’assenza di un preventivo accordo tra le parti in merito alla debenza dell’equo compenso ex art. 1526 cod. civ., talché la sua determinazione – comportando l’accertamento di un diritto soggettivo – esulava dai poteri attribuiti al giudice delegato ex art. 25, comma 1, n. 8, l. fall.
Diversamente, allorché la debenza di tale compenso sia stata concordata tra le parti e il creditore ne chieda l’ammissione al passivo, è al giudice delegato che spetta, in sede endoconcorsuale, sia l’accertamento della legittimità di tale pattuizione, sia la determinazione del quantum da ammettersi al passivo del fallimento.
Alla luce delle argomentazioni sopra riportate, la Cassazione ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: «Rientra nei poteri del giudice delegato, a norma degli art. 25, comma 1, n. 8, e 92 ss. legge fall., provvedere alla determinazione dell’equo compenso per l’uso della cosa, ai sensi dell’art. 1526, comma 1, cod. civ., ove il creditore richieda tale credito con domanda di ammissione allo stato passivo fallimentare».