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Giurisprudenza

Composizione negoziata, fra misure cautelari e misure protettive tipiche

28 Maggio 2024

Tribunale di Udine, 30 aprile 2024 – Est. Calienno

Di cosa si parla in questo articolo

Il Tribunale di Udine, con ordinanza del 30 aprile 2024, resa nell’ambito di un procedimento cautelare, si è pronunciata sull’ammissibilità, nell’ambito della composizione negoziata, di misure cautelari aventi lo stesso contenuto delle misure protettive tipiche.

In particolare, se possano essere utilizzate le misure cautelari quando ciò sia necessario per condurre a termine le trattative di risanamento, una volta scaduto il termine di 240 giorni previsto dal quinto comma dell’art. 19 CCII, nell’ambito delle misure protettive: il Tribunale risponde quindi positivamente, ponendosi dall’ottica del successo del risanamento e dunque delle trattative.

A sostegno di tale conclusione, infatti, il Tribunale ricorda la natura innominata dei provvedimenti cautelari nell’ambito del CCII, ancorché teleologicamente finalizzati, nell’ambito della composizione negoziata, a quanto necessario “per condurre a termine le trattative” (art. 19, 1 comma CCII).

Essi, quindi, possono assumere tendenzialmente qualsivoglia contenuto che risulti funzionalmente necessario a condurre a termine le trattative nell’ambito della composizione negoziata.

In astratto, non è precluso dalla lettera della norma che tali provvedimenti possano assumere il medesimo contenuto delle misure protettive tipiche, quando ciò sia necessario per condurre a termine le trattative, allorquando sia scaduto il termine massimo di 240 giorni di cui all’ultimo periodo del quinto comma dell’art. 19 CCII: prima di allora, infatti, vista la possibilità di ricorrere alle misure protettive tipiche erga omnes, l’oggetto dei provvedimenti cautelari in sede di composizione negoziata dovrebbe necessariamente essere diverso e complementare (c.d. misure protettive atipiche), ferma restando l’immanenza del criterio della funzionalità rispetto al buon esito delle trattative.

Ciò perché, secondo il Tribunale, l’interpretazione letterale del quarto e del quinto comma dell’art.19 CCII induce a ritenere che il limite massimo di 240 giorni – asimetrico rispetto alla massima durata annuale della composizione negoziata – sia applicabile alle sole misure protettive tipiche.

In base al quarto comma, infatti, la determinazione della loro durata da parte del giudice costituisce un requisito necessario delle sole “misure protettive”, mentre in riferimento ai provvedimenti cautelari è solo un’eventualità, palesata da “ove occorra”.

Il che rende plausibile circoscrivere alle sole misure protettive, non ai provvedimenti cautelari, il limite temporale dell’ultimo periodo del quinto comma, ove dispone che “La durata delle misure non può superare i duecentoquaranta giorni”.

Peraltro, secondo il Tribunale, a favore dell’ammissibilità di tali provvedimenti cautelari si pone altresì lo stesso assetto normativo della composizione negoziata della crisi, che disegna una sorta di percorso a formazione progressiva.

Un percorso, a cui partecipano a vario titolo svariati soggetti ed il cui grado di avanzamento può essere ad certo punto così elevato, anche per l’effettiva conclusione di un numero considerevole di accordi con i creditori, che, in vista del raggiungimento della finalità immanente del risanamento dell’impresa, risulti necessario, per condurle a termine, proteggere ulteriormente il patrimonio dell’impresa debitrice con iniziative mirate, anche oltre il limite dei 240 giorni previsto per le misure protettive tipiche.

Ciò, anche al fine di consentire di dare concreta attuazione a decisioni del Tribunale, come, nel caso di specie, ai tempi per l’effettiva erogazione delle garanzie di firma prededucibili autorizzate ex art.22 CCII, funzionali alla continuità aziendale e al miglior soddisfacimento dei creditori.

D’altro canto, se il Tribunale negasse la richiesta di misure cautelari formulata dal debitore, i creditori già muniti di un provvedimento monitorio ben potrebbero azionare in via esecutiva siffatti titoli e, per l’effetto, intaccare la garanzia patrimoniale societaria, e ciò a discapito degli altri creditori.

Ciò potrebbe quindi pregiudicare la prosecuzione delle trattative in corso con il ceto creditorio per la sottoscrizione degli accordi di ristrutturazione del debito, con presumibili ripercussioni negative sulla buona riuscita della manovra di risanamento, tenuto conto anche del rilevante importo portato dai decreti ingiuntivi notificati nel caso di specie e dello stato avanzato delle trattative.

Allo stesso modo la costituzione, poi, di cause di prelazione legali attraverso atti esecutivi e cautelari in un momento di negoziazione con i creditori di una manovra di ristrutturazione, potrebbe pregiudicare irrimediabilmente la continuità aziendale, che nel caso di specie costituisce verosimilmente la soluzione in grado di garantire il miglior soddisfacimento dei creditori, potendo anche minare l’attuazione del provvedimento ex art.22 lett. a) CCII adottato dal Tribunale proprio in funzione di tale continuità.

Pertanto, il Tribunale ha accolto le richieste cautelari avanzate, inibendo ai creditori muniti di decreto ingiuntivo, per un periodo di tempo almeno pari a 120 giorni, e così sino al termine di naturale scadenza della procedura di composizione negoziata della crisi di impresa:

  • l’avvio e/o la prosecuzione di azioni esecutive o cautelari sul patrimonio e sui beni e diritti attraverso i quali è esercitata l’attività di impresa
  • l’acquisizione di diritti di prelazione, se non concordati.
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