Sommario: 1. Premessa – 2. Il recepimento della disciplina europea in materia di Comunità energetiche ed autoconsumo – 3. Cosa sono e come funzionano le Comunità energetiche e di autoconsumo – 3.1. Profili generali – 3.2. I flussi derivanti dalle attività delle Comunità energetiche e di autoconsumo – 4. Analisi dei profili tributari – 4.1. Profili Iva – 4.2. Imposte dirette – 4.3. Accise
1. Premessa
Le Comunità energetiche ed autoconsumo sono delle innovative forme di aggregazione di consumatori finali[1] di energia prodotta da fonti rinnovabili. In sostanza, i consumatori finali (siano essi cittadini, autorità locali o imprese) possono aggregarsi per produrre ed autoconsumare l’energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili.
In Italia, per i singoli cittadini o per le aziende, era già possibile aggregarsi per finanziare l’installazione di un impianto condiviso e alimentato da fonti rinnovabili, ma non era previsto che tale impianto potesse fornire energia a più utenze.
Scopo del nostro contributo è l’analisi dei regimi fiscali (imposte dirette, Iva e accise) dei flussi connessi alle Comunità energetiche e di autoconsumo, considerando, da un lato, i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, dall’altro, i punti non ancora oggetto di chiarimento e i temi che potranno sollevare dubbi interpretativi nel futuro (anche alla luce delle evoluzioni della disciplina normativa).
Non sono invece oggetto di questo contributo gli approfondimenti legati alle normative in tema di eco e superbonus 110%, con cui è possibile agevolare talune spese per la creazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
2. Il recepimento della disciplina europea in materia di Comunità energetiche ed autoconsumo
La disciplina vigente a livello nazionale in materia di Comunità energetiche ed autoconsumo trova il suo fondamento nella disciplina comunitaria.
In particolare, lo Stato italiano ha recepito la Direttiva 2018/2001 UE (cd “Direttiva Red II”) attraverso, in una prima fase, l’emanazione e conversione in legge del DL 162/19[2] (“Decreto milleproroghe”). La disciplina introdotta con l’art. 42-bis del Decreto milleproroghe aveva carattere transitorio e si poneva come obiettivo l’introduzione delle prime configurazioni di comunità energetiche ed autoconsumo collettivo, in vista del pieno recepimento della Direttiva Red II. La fase di “sperimentazione” riguardava impianti alimentati a fonti rinnovabili di potenza singolarmente non superiore a 200kW e un perimetro di aggregazione più ridotto.
Successivamente, è stato emanato il DLgs 199/2021[3], entrato in vigore in data 15 dicembre 2021, recante appunto l’attuazione della Direttiva Red II (“Decreto Red II”)[4]. Con gli art. 30 e 31 del Decreto Red II, l’Italia ha finalmente (quasi) concluso il percorso di recepimento della normativa comunitaria in materia di comunità energetiche ed autoconsumo. La nuova disciplina non è ancora del tutto completa in quanto, ad oggi, si è in attesa di taluni decreti attuativi, tra cui quelli relativi alla tariffazione.
Come illustreremo meglio nel seguito, rispetto alla fase iniziale di sperimentazione iniziata nel 2019, con il Decreto Red II è stato ampliato il perimetro d’aggregazione e rimosso il limite di 200 kW di potenza per gli impianti installati.
3. Cosa sono e come funzionano le Comunità energetiche e di autoconsumo
3.1 Profili generali
Sotto il profilo empirico, il cuore della disciplina consiste nella partecipazione attiva dei clienti finali d’energia alla produzione della stessa da fonti rinnovabili favorendo:
- la condivisione dell’energia prodotta tra tutti i soggetti che risiedono nello stesso edificio o condominio, includendo non solo i nuclei familiari, ma anche eventuali attività commerciali (purché non abbiano la produzione e vendita di energia elettrica come oggetto principale della propria attività); e
- la vendita dell’energia non autoconsumata.
La definizione di autoconsumo collettivo e di comunità energetiche è contenuta nella Direttiva Red II agli artt. 21 e 22, trasposte dal legislatore italiano nel Decreto Red II agli artt. 30 e 31. In particolare, sono previste due tipologie di configurazione:
- Gruppi di Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono Collettivamente (“GAC”);
- Comunità di Energia Rinnovabile (“CER”).
Il GAC è un gruppo di almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e si trovano nello stesso edificio o condominio. Per autoconsumatore collettivo si intende un cliente finale che, operando in propri siti entro confini definiti, produce energia elettrica rinnovabile da impianti ubicati nel medesimo edificio o condominio per il proprio consumo e può immagazzinare e vendere energia elettrica rinnovabile auto prodotta purché, per un autoconsumatore diverso dai nuclei familiari, tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale.
Per i GAC è prevista la nomina di un cd. “referente”, che può essere il legale rappresentante dell’edificio o del condominio ovvero del produttore di energia elettrica che gestisce uno o più impianti di produzione, e che agisce per conto degli autoconsumatori in base ad un mandato senza rappresentanza verso il GSE e può essere delegato anche alla gestione delle partite di incasso e di pagamento.
La CER, invece, è un soggetto giuridico:
- che ha come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari;
- i cui poteri di controllo fanno capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti;
- inoltre, vi può essere anche la partecipazione di imprese, sempreché la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale e industriale principale.
Nel rispetto delle finalità di cui sopra, la CER può produrre anche altre forme di energia oltre quella elettrica da fonti rinnovabili finalizzate all’utilizzo da parte dei membri.
Il Decreto Red II ha esteso inoltre in maniera significativa le potenzialità delle CER, prevedendo che esse possano anche promuovere interventi integrati di domotica, interventi di efficienza energetica, nonché offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici ai propri membri e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio, nonché offrire servizi ancillari e di flessibilità.
Nel caso delle CER, il cd. “referente” è la comunità stessa.
Come anticipato, con il Decreto Red II, rispetto alla fase sperimentale iniziata nel 2019, le potenzialità delle suddette configurazioni di autoconsumo sono state incrementate. In particolare:
- dai previgenti 200kW previsti come limite di potenza dei singoli impianti, la potenza degli impianti è stata aumentata fino ad 1 MW; e
- il perimetro di aggregazione è consentito facendo riferimento non più alla cabina elettrica secondaria, bensì alla cabina primaria[5]. In tal modo, viene estesa l’area in cui i consumatori finali potranno aggregarsi nelle sopra descritte configurazioni (ad esempio, potrebbe aggregarsi un quartiere cittadino o un piccolo Comune).
Da ultimo, rileviamo che gli impianti di produzione possono essere di proprietà di un cliente finale facente parte del gruppo, del Condominio o di un soggetto terzo e possono essere gestiti da un soggetto terzo purché questo rimanga soggetto alle istruzioni dell’autoconsumatore di energia rinnovabile. In tal modo, si rende possibile il coinvolgimento anche di operatori industriali e di maggiori dimensioni per la fornitura, installazione e detenzione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
3.2 I flussi derivanti dalle attività delle Comunità energetiche e di autoconsumo
Ad oggi, ancora non sono stati pubblicati i decreti e provvedimenti attuativi che indicheranno le forme di incentivazione per le Comunità energetiche e di autoconsumo in base alla nuova disciplina di cui al Decreto Red II.
In particolare, il Decreto Red II prevede che entro 180 giorni dall’entrata in vigore dello stesso siano aggiornati i meccanismi di incentivazione.
Tuttavia, nelle more dell’adozione dei decreti attuativi in questione, il Decreto Red II prevede esplicitamente che si continuino ad applicare i previgenti meccanismi di incentivazione.
Pertanto, nel presente contributo, ci riferiremo ai provvedimenti attuativi del Decreto milleproroghe, quali la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MISE, in virtù dei quali il Gestore dei servizi energetici (“GSE”) eroga a GAC e CER le seguenti somme:
- una tariffa incentivante in forma di tariffa premio in relazione ai kWh di energia condivisa (“tariffa Premio”); tale tariffa Premio ha quindi lo scopo di incentivare l’autoconsumo istantaneo da parte dei membri delle GAC e CER;
- il ristoro delle componenti tariffarie e di quelle connesse al costo dell’energia che non risultano tecnicamente applicabili all’energia condivisa in quanto energia istantaneamente autoconsumata (“Ristoro”); tale Ristoro ha funzione perequativa e incentiva l’autoconsumo dell’energia, riconoscendone i benefici legati ai minori transiti di energia sulla rete;
- il corrispettivo per la vendita dell’energia (“Corrispettivo”), nella misura in cui essa sia prodotta e immessa in rete (quindi non autoconsumata). Al riguardo, ricordiamo che il MISE ha previsto la possibilità di cedere tale energia al GSE con il cd. meccanismo del “ritiro dedicato”. Inoltre, il Decreto Red II ha sancito espressamente che l’energia in eccesso possa essere accumulata e venduta anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile (PPA-power purchase agreement), direttamente o tramite aggregazione.
4. Analisi dei profili tributari
La questione sotto i profili generali, è altresì importante capirne quali sono i riflessi tributari legati allo sviluppo di CER e GAC.
Nel seguito analizzeremo alcuni dei principali profili fiscali (Iva, dirette e accise), partendo dalle considerazioni che l’Agenzia delle entrate (anche “Ade”) ha espresso nell’ultimo anno[6].
Va da sé, che, l’implementazione del Decreto Red II potrà offrire ulteriori spunti di riflessione, in particolare per quanto riguarda le CER e le ampie e diverse attività che esse potranno compiere.
Inoltre, sia il Decreto milleproroghe quanto il Decreto Red II non disciplinano esplicitamente la forma giuridica che devono assumere tali configurazioni, bensì prevedono semplicemente le condizioni alle quali sono subordinate le predette CER e GAC. L’analisi dei profili fiscali non potrà, quindi, prescindere dalla varietà di situazioni soggettive dei soggetti percettori/referenti.
4.1 Profili Iva
Una prima tipologia di flusso che è possibile analizzare ai fini Iva è quella legata alla cd. tariffa Premio.
Come abbiamo avuto modo di anticipare, la funzione di tale tariffa è quella di incentivare l’autoconsumo dell’energia prodotta all’interno della configurazione, senza quindi che vi sia una cessione all’esterno dell’energia. Inoltre, tale tariffa ha anche lo scopo di agevolare gli investimenti in impianti produttivi che saranno adottati dalle configurazioni.
Pertanto, non può che essere accolta con favore la posizione dell’Agenzia delle entrate che assimila tale tariffa Premio a un contributo a fondo perduto, slegato dalla cessione dell’energia prodotta[7]. Del resto, già in passato l’Agenzia era giunta a medesime conclusioni analizzando le tariffe incentivanti (ex art. 7, co. 2, del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387) previste per taluni impianti fotovoltaici[8].
Ciò fa sì che, indipendentemente dalle caratteristiche soggettive del soggetto percettore (sia esso impresa, ente non commerciale, persona fisica non svolgente attività di impresa, arte e professione e quindi non soggetto ad Iva), la tariffa Premio sia un mero flusso finanziario, non soggetto agli obblighi Iva.
Altro elemento di incentivazione è costituito dal Ristoro. In particolare, esso viene erogato ai referenti delle configurazioni, contestualmente alla tariffa Premio, come perequazione a fronte delle componenti tariffarie e degli altri oneri legati alla materia prima che l’autoconsumo ha contribuito ad evitare. Da un lato, infatti, l’autoconsumo ha il pregio di ridurre i costi di connessione della rete elettrica e ridurre le necessità di potenziamento delle reti esistenti, dall’altro, il Ristoro permette di riconoscere tali effetti benefici e di incentivare l’autoconsumo stesso.
Anche in questo caso, l’Agenzia delle entrate ha ravvisato la natura di contributo fondo perduto, escludendone la rilevanza ai fini Iva[9].
Considerazioni diverse, invece, devono essere svolte per quel che riguarda il Corrispettivo. Esso, infatti, sia che derivi dal cd. “Ritiro dedicato” o meno, è connesso alla cessione dell’energia prodotta in eccesso rispetto a quella autoconsumata.
Pertanto, in linea generale, è da considerarsi come rilevante ai fini Iva.
Nella pratica, tuttavia, potrebbe non esservi comunque applicazione di Iva. Ciò, potrebbe essere determinato da talune caratteristiche soggettive e da alcune previsioni normative ad hoc. Entriamo meglio nella questione.
In vigenza del Decreto milleproroghe, il cd. Decreto Rilancio (DL 34/2020, art. 119, co. 16-bis), ha previsto esplicitamente che l’esercizio di impianti fino a 200kW da parte di CER costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomini che aderiscono alle configurazioni di CER o GAC non costituisca svolgimento di attività commerciale abituale[10]. In altre parole, nel presupposto che gli impianti delle configurazioni abbiano una potenza complessiva non superiore a 200 kW, l’attività di vendita di energia da parte di CER costituite in forma di enti non commerciali o condomini non configura lo svolgimento in via abituale di attività commerciale, ciò a dire che nel rispetto delle predette condizioni, detti soggetti non acquisiscono la soggettività passiva ai fini Iva.
Oltre a quanto previsto esplicitamente dalla norma, l’Agenzia delle entrate, invocando ragioni di ordine sistematico e di coerenza con la ratio della norma stessa, ha chiarito che la suddetta soluzione si applichi anche a GAC in cui il referente è una persona fisica non svolgente attività di impresa, arte o professione e proprietaria di un edificio, non in condominio[11].
Ora, nella diversa ipotesi in cui il “referente” del GAC sia, invece, un produttore di energia elettrica che svolge attività d’impresa o arte e professioni (non rientrando tale fattispecie nel perimetro di applicazione indicato dal co. 16-bis dell’articolo 119 cit.) l’energia ceduta, secondo l’Agenzia, si assume ceduta nell’ambito di un’attività commerciale e, conseguentemente, le somme erogate a titolo di corrispettivo per la vendita di energia saranno assoggettate ad IVA, comportando per il referente l’adempimento di tutti gli obblighi connessi (tra cui anche il regime del reverse charge)[12].
La prassi amministrativa, di converso, non ha analizzato il caso in cui il “referente” di un condominio in GAC sia un soggetto che svolge attività di impresa non attinente, però, alla produzione di energia elettrica e il caso in cui nei condomini non vi siano solo persone fisiche. Sarebbe utile chiare se anche per tali fattispecie possa pur sempre farsi riferimento alla formulazione dell’art. 119, co. 16-bis in commento.
Nelle more della completa implementazione del Decreto Red II, occorrerà verificare se e come la suddetta normativa, che esclude l’attività di impresa abituale sotto i 200kW, sarà applicabile considerando il nuovo limite previsto per le configurazioni CER e GAC di 1MW di potenza dei singoli impianti. Inoltre, anche le numerose attività che possono svolgere le CER in base al Decreto Red II (come promuovere interventi integrati di domotica, interventi di efficienza energetica, nonché offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici ai propri membri e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio, nonché offrire servizi ancillari e di flessibilità) andranno analizzate circa la sussistenza di commercialità o meno rispetto all’attività svolta.
4.2 Imposte dirette
Per le riflessioni in materia di imposte dirette, assume rilevanza in primo luogo la forma giuridica assunta dalle configurazioni e la qualificazione del soggetto percettore/referente.
Non sussistono particolari dubbi che tariffa Premio, Ristoro e Corrispettivo siano rilevanti ai fini reddituali per i soggetti che “naturalmente” generano reddito d’impresa (ad esempio, società di capitali).
Di converso, se i flussi sono ricevuti da enti non commerciali o condomini o persone fisiche non svolgenti attività di impresa, il trattamento tributario sarà differente.
Ad esempio, in base a quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate, nel caso di referente persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione, (sia in caso di condominio – composto tutto da persone fisiche non imprenditori – sia di edificio non in condominio):
- la tariffa Premio e il Ristoro non assumono rilevanza reddituale; difatti, tali componenti non sarebbero riconducibili a nessuna categoria reddituale prevista per le persone fisiche;
- il Corrispettivo per la vendita dell’energia è, invece, fiscalmente rilevante, configurando il provento di una attività commerciale non abituale. Vale a dire, è tassato come “reddito diverso” (art. 67, co. 1, lett. i), del TUIR).
Ricordiamo che l’Agenzia delle entrate, nei suoi documenti di prassi, ha trattato solo il caso di condomini interamente composti da persone fisiche non svolgenti attività di impresa.
Potrebbe verificarsi, tuttavia, il caso di GAC in cui il condominio sia composto anche da soggetti svolgenti attività di impresa. A nostro avviso, sul punto, si rende quantomai necessario un chiarimento da parte dell’Agenzia, tenedo anche in consideranzine il più volte citato co. 16-bis dell art. 119 secondo cui, sotto i 200 KW, l’attività esercitata dai condomini è da assumersi come avente carattere commerciale non abituale.
Per l’Agenzia, peraltro, laddove le configurazioni utilizzino uno o più impianti aventi una potenza cumulata complessiva superiore al suddetto limite di 200 kW, tutta l’attività energetica dovrebbe considerarsi quale attività commerciale abituale con la conseguenza che tali somme concorrerebbero a formare reddito d’impresa[13].
Infine, anche nel caso delle imposte dirette, occorrerà verificare come il legislatore coordinerà l’innalzamento del limite di potenza degli impianti a 1MW con le disposizioni sulla non commercialità abituale contenute nell’art. 119 co. 16-bis del DL 34/2020.
4.3 Accise
Altro profilo che occorre analizzare in relazione alle CER e GAC è quello inerente le accise.
Difatti, in linea generale, l’energia elettrica è sottoposta ad accisa, al momento della fornitura ai consumatori finali, ovvero al momento del consumo per l’energia elettrica prodotta per uso proprio (cfr. art. 52, co 1, Testo unico del 26/10/1995 n. 504, cd. TUA).
Senza entrare nei tecnicismi sottesi alle modalità di applicazione dell’imposta, obblighi dichiarativi, aliquote, licenze di esercizio, vale la pena soffermarsi su eventuali agevolazioni per CER e GAC in relazione all’energia autoconsumata. In assenza di esclusioni o esenzioni, infatti, l’autoconsumo di energia elettrica è considerato il momento che fa sorgere l’assoggettamento ad accisa.
La Direttiva Red II non menziona espressamente le accise ma fornisce alcune indicazioni generali che possono essere utili per svolgere alcune riflessioni.
In particolare, tra i vari “considerando” della Direttiva Red II, si legge che gli Stati Membri dovrebbero garantire un quadro normativo tale da consentire agli autoconsumatori di energia rinnovabile di produrre, utilizzare, immagazzinare e vendere energia elettrica senza incorrere in oneri sproporzionati rispetto a quelli previsti per fattispecie similari (considerando 66). Viene inoltre ricordato che tra gli obiettivi di GAC e CER vi è il contrasto alla povertà energetica mediante la riduzione dei consumi e tariffe di fornitura (considerando 67). Si evidenzia anche il contributo positivo che CER e GAC possono dare al conseguimento degli obiettivi climatici ed energetici, nonché i benefici e risparmi di costi che apportano al sistema energetico generale. Di talché, gli Stati membri non dovrebbero applicare oneri sull’energia elettrica prodotta e consumata nei medesimi siti dagli autoconsumatori di energia rinnovabile (considerando 68 e 69).
Alla luce di queste premesse, la legislazione vigente in materia di energia da fonti rinnovabili ed energia autoconsumata prevede quanto segue.
In primo luogo, ricordiamo che il legislatore europeo, con riferimento specifico all’energia elettrica prodotta da impianti rinnovabili, ha previsto la possibilità per gli Stati membri di applicare esenzioni o riduzioni totali o parziali del livello di tassazione dell’elettricità di origine solare, eolica, ondosa, maremotrice o geotermica ecc. (cfr. art. 15 della direttiva 2003/96/CE[14]).
Di conseguenza, il legislatore nazionale, recependo i principi della suddetta direttiva, ha introdotto a livello domestico talune favorevoli disposizioni fiscali per l’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili.
In particolare, non è sottoposta ad accisa l’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili, con potenza non superiore a 20 kW (cfr. art. 52, co. 2, lett. a) TUA).
Inoltre, è esente dall’accisa l’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni (cfr. art. 52, co. 3, lett. b) TUA).
Secondo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per ottenere il riconoscimento dell’agevolazione di cui sopra (i.e. art. 52, co. 3, lett. b) TUA), devono essere strettamente correlate l’attività di produzione dell’energia elettrica e l’utilizzo della stessa ai fini del soddisfacimento del fabbisogno nella propria attività.
Non rientrano nell’esenzione, invece, le cessioni dell’energia elettrica a terzi consumatori finali, ancorché legati al produttore sulla base di liberi rapporti associativi o per l’appartenenza al medesimo gruppo societario[15].
In altre parole, l’agevolazione può essere riconosciuta solo a quel soggetto che, oltre ad essere autoproduttore, è anche autoconsumatore dell’energia rinnovabile.
Per le ragioni sopra esposte l’Amministrazione finiva per negare l’esenzione, ad esempio, ai consorzi tra imprese che, utilizzando fonti rinnovabili, producono energia elettrica e la destinano al consumo dei consorziati. Ciò, in ragione della diversità soggettiva fra produttore (consorzio) e consumatore (imprese consorziate).
In tale contesto, il legislatore è intervenuto nel 2015 (cfr. art. 1, co. 911 L. 208/2015) con una disposizione ad hoc per esplicitare che l’esenzione da accisa poteva applicarsi anche all’energia consumata da soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’art. 4 co. 1 n. 8 (i.e. società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica che non sono state assoggettate a trasferimento all’ENEL) in locali e in luoghi diversi dalle abitazioni[16].
Tornando al nostro ambito di analisi, tenendo a mente i vari “considerando” della Direttiva Red II, non possiamo che auspicare un intervento volto ad estendere il regime di esenzione da accisa anche per l’energia elettrica autoconsumata da CER e GAC.
[1] I cd. “clienti finali” sono i consumatori, sia industriali sia domestici, che acquistano energia elettrica e/o gas naturale per uso proprio e sono connessi ad una rete di distribuzione con accesso a terzi.
[2] Il DL 162/2019 è stato convertito con L 8/2020.
[3] Il DLgs 199/2021 è stato pubblicato nella GU n. 285 del 30 novembre 2021.
[4] Il Decreto Red II è stato predisposto in linea con il cd “Green New Deal” e rientra nel quadro degli strumenti delineati dal PNIEC (“Piano Nazionale Integrato per l’energia e il Clima”) trasmesso alla Commissione europea il 31 dicembre 2019 e il PNRR (“Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”) approvato il 13 luglio 2021.
[5] Le cabine primarie sono l’interconnessione tra alta tensione e media tensione, mentre le cabine secondarie sono l’interconnessione tra la media e la bassa tensione.
[6] Ci riferiamo in particolare alla ris. n. 18 del 12 marzo 2021 e la ris. n. 37 del 20 gennaio 2022 dell’Agenzia delle entrate. Come anticipato, non tratteremo nel presente contributo gli aspetti legati al cd. Superbonus 110% e altre detrazioni legate a interventi edilizi e di efficientamento.
[7] Cfr. Agenzia delle entrate risposta n. 37/2022.
[8] Cfr. Agenzia delle entrate circolare n. 46/2007 in relazione agli incentivi per gli impianti fotovoltaici previsti dall’art. 7, co. 2, del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387. Per gli impianti fotovoltaici, la tariffa costituisce un contributo a fondo perduto per la costruzione di impianti idonei alla produzione di energia rinnovabile, risultando indipendente dalla produzione e/o immissione dell’energia sul mercato. L’Ade ha qualificato detta tariffa come fuori dal campo di applicazione dell’IVA, non rilevando alcun rapporto sinallagmatico tra le prestazioni poste in essere dal soggetto che eroga il contributo e quelle poste in essere dal soggetto che lo riceve, che, infatti, non è tenuto a prestare alcun servizio o a cedere alcun bene in contropartita. Tale esclusione da Iva opera anche nel caso in cui il soggetto realizzi l’impianto fotovoltaico nell’esercizio di attività di impresa, arte o professione.
[9] Il Ristoro, infatti, rappresenta il risparmio dell’utilizzo della rete e dei costi di distribuzione e trasmissione dell’energia. Il GSE, come illustrato all’art 8 dell’Allegato A della delibera Arera 318/2020, quantifica tale contributo mensilmente e lo stesso viene sommato alla tariffa incentivante. Si tratta quindi di un contributo pubblico a fondo perduto dovuto per legge.
[10] Più precisamente, l’art. l’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 19/05/2020, al comma 16-bis ha previsto che «L’esercizio di impianti fino a 200 kW da parte di comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomini che aderiscono alle configurazioni di cui all’articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n.8, non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale (…)».
[11] Cfr. Agenzia delle entrate, risposta 37/2022.
[12] Le predette indicazioni sono in linea con le soluzioni individuate dalla circolare n. 46 del 2007, per il trattamento dei ricavi derivanti dalla cessione alla rete dell’energia prodotta da un impianto fotovoltaico, ai sensi dell’art. 7, co. 2, del DLgs n. 387 del 2003.
[13] Cfr. Agenzia delle entrate, risposta 37/2022.
[14] Direttiva del Consiglio 27.10.2003 n. 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, pubblicato in G.U.CE 31.10.2003 n. L 283.
[15] Cfr. Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nota 13/12/2013 prot. n.130439.
[16] Il legislatore, allo scopo di ridurre l’impatto ambientale delle attività industriali, ha inteso favorire l’auto-produzione e l’auto-consumo di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili e per fare ciò ha gravato tale fattispecie di oneri tributari minori rispetto all’auto-produzione ed all’auto-consumo di energia elettrica derivante da fonti tradizionali, non rinnovabili.