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Giurisprudenza

Concordato con continuità: inscindibilità dei presupposti giuridici ed economici nel sindacato giudiziale sulla fattibilità della proposta

16 Dicembre 2019

Sara Addamo, Dottoranda in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso l’Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 18 luglio 2019, n. 19467 – Pres. Genovese, Rel. Amatore

Di cosa si parla in questo articolo

Secondo la Suprema Corte, richiamando i principi di diritto espressi nella sentenza delle Sezioni Unite n. 1521 del 23/01/2013, il giudice fallimentare ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti.

In particolare, mentre il controllo di legittimità sulla fattibilità giuridica del piano, intesa come verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del medesimo, si attua nei limiti della verifica dell’effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato, da intendersi quest’ultima come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, come tale necessariamente finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.

L’esplicito riferimento alla causa concreta, che non ha un contenuto fisso e predeterminabile, comporta che la verifica di fattibilità sia posta in una prospettiva funzionale, comprendente necessariamente anche un giudizio di idoneità da svolgersi rispetto all’assetto di interessi ipotizzato dal proponente in rapporto ai fini pratici che il concordato persegue.

Pertanto, non può esser predicato il “controllo circa l’effettiva realizzabilità della causa concreta” se non attraverso l’estensione al di là del mero riscontro di legalità degli atti in cui la procedura si articola e al di là di quanto attestato da un generico riferimento all’attuabilità del programma. Da questo punto di vista non è, quindi, esatto porre a base del giudizio una summa divisio tra controllo di fattibilità giuridica astratta (sempre consentito) e un controllo di fattibilità economica (sempre vietato).

In definitiva, il giudice è tenuto a una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore al concordato e il controllo sulla fattibilità economica può essere svolto nei limiti nella verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi.

Tali principi vengono maggiormente in rilievo nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale ex art. 186-bis L.Fall., laddove la rigorosa verifica della fattibilità “in concreto” presuppone un’analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuità essere idoneo a dimostrare la sostenibilità finanziaria della continuità stessa, in un contesto in cui il “favor” per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale è accompagnato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione, tese ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività non può che essere funzionale (Cass., sentenza n. 9061 del 07/04/2017).

 

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