Nella sentenza in esame la Cassazione si è pronunciata in tema di concordato con transazione fiscale ex art. 182 ter l.f., affrontando – in particolare – la questione se la posizione contraria assunta dall’amministrazione finanziaria abbia valore provvedimentale ovvero di semplice manifestazione di volontà.
Anzitutto, la Suprema Corte ha ricordato che della transazione fiscale ex art. 182 ter l.f. ha natura meramente facoltativa, con la conseguenza che «l’eventuale voto contrario dell’Amministrazione finanziaria non impedisce l’approvazione della relativa proposta da parte della maggioranza dei creditori».
Una volta omologato, il concordato è dunque obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura, ivi inclusi i creditori fiscali, «indipendentemente dal loro voto favorevole o contrario, e finanche dalla stessa loro partecipazione al procedimento».
Se «la votazione contraria (…) dell’amministrazione non impedisce l’omologazione del concordato se è comunque raggiunta la prescritta maggioranza», ciò tuttavia «non consente affatto di relegare il voto [della stessa] nel novero dei provvedimenti amministrativi», così che il giudice possa «disapplicarlo (ove decisivo) in base a un sindacato sostanziale di convenienza».
La tesi del valore provvedimentale del voto dell’amministrazione finanziaria – osserva la Corte – non trova alcun supporto normativo; per contro, è orientamento della Suprema Corte quello secondo cui «l’amministrazione finanziaria, che esprima, nell’adunanza dei creditori, un voto contrario alla proposta di concordato, ben può in data successiva, ma anteriore al giudizio di omologazione, manifestare la propria adesione alla transazione fiscale stessa».
«Tale insegnamento implica che la posizione assunta dall’amministrazione abbia valore (non provvedimentale ma) di semplice manifestazione di volontà, qual è quella che si esprime comunemente nel voto del creditore».