Con sentenza del 8 agosto 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in tema di concordato in continuità aziendale ex art. 186-bis L. Fall., il surplus finanziario realizzato dalla prosecuzione dell’attività di impresa rientra pacificamente nel paradigma di “bene futuro” che, secondo i principi generali della responsabilità patrimoniale fissati dall’art. 2740 cod. civ., non può essere sottratto al rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione ex art. 160, co. 2, L.Fall.
Del tema delle cause legittime di prelazione nella ripartizione dell’attivo se ne discuterà altresì, nell’ambito del Codice della Crisi aggiornato dal terzo correttivo, nel prossimo webinar organizzato dalla nostra rivista il 14 novembre 2024 “Il correttivo al Codice della Crisi: novità per i creditori bancari – Decreto Legislativo 13 settembre 2024 n. 227“.
In particolare, la Corte ha ritenuto che il cd. surplus finanziario, determinato dalla continuità aziendale, non possa essere ricondotto nella categoria concettuale della finanza esterna apportata dal terzo finanziatore del piano concordatario, posto che nel primo caso il flusso finanziario “eccedentario”, rispetto al programmato pagamento dei creditori previsto nel piano stesso, risulta pur sempre riconducibile ai fattori produttivi aziendali e, dunque, al patrimonio del debitore, dovendo sottostare alle stringenti regole della responsabilità patrimoniale.
La Corte ha altresì verificato che una diversa opzione ermeneutica non potesse dedursi dall’art. 182-quinquies, quinto comma, L. Fall., trattandosi di una norma eccezionale che consente il pagamento di alcuni specifici creditori antecedenti, dalla quale non può trarsi un principio generale di libera allocabilità dei flussi generati dalla prosecuzione dell’attività imprenditoriale nel concordato in continuità.
Né una diversa ricostruzione può essere tratta dalla norma di cui all’art. 84 comma 6, CCII, la quale rappresenta una novità rispetto alla pregressa disciplina, non potendo dunque la stessa rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare.
Nel caso di specie, pertanto, la Prima Sezione Civile ha confermato l’operato della Corte d’Appello che aveva ritenuto che il concordato proposto violasse l’ordine delle cause di prelazione, in quanto, nonostante l’ insufficienza dell’attivo a soddisfare i creditori muniti di privilegio generale, prevedeva un certo soddisfacimento dei creditori chirografari mediante i flussi generati dalla continuità aziendale.