La pronuncia in rassegna riguarda il rigetto di un reclamo avverso la sentenza di fallimento, a sostegno del quale il fallito aveva dedotto che, prima della pubblicazione della sentenza di fallimento, aveva depositato in Cancelleria un ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo che rendeva improcedibile la pronuncia di fallimento. La Corte di Appello aveva, invece, motivato il rigetto del reclamo sostenendo che la sentenza di fallimento era stata depositata, con la firma del presidente e dell’estensore, prima della proposta concordataria, divenendo dunque immodificabile, a nulla rilevando che l’attestazione del cancellerie fosse intervenuta successivamente alla domanda di concordato preventivo.
A giudizio della Suprema Corte, il deposito della sentenza di primo grado, seppur completo nelle sue parti, non è stato certificato contestualmente dal cancelliere, il quale ha rilasciato solo successivamente, a richiesta del curatore, una postuma certificazione di deposito della sentenza in data anteriore rispetto alla domanda di concordato.
Ebbene, secondo gli ermellini, una simile certificazione non può ritenersi idonea ad attestare la pubblicazione della sentenza in una data diversa ed anteriore a quella ufficiale, coincidente con quella in cui è avvenuta l’attestazione del cancelliere.
La deliberazione della sentenza costituisce solo una fase del procedimento di formazione della decisione, mentre è la pubblicazione, ai sensi dell’art. 133 c.p.c., che rende ufficiale la consegna della sentenza, le attribuisce “giuridica esistenza nel mondo esterno” e la rende irretrattabile (in proposito, viene richiamata Cass. Civ., sez. I, 22.11.1991, n. 12573).
L’art. 133 c.p.c. deve essere dunque considerato nella sua interezza, non potendo tenere distinto il primo comma, che attribuisce al deposito l’efficacia di rendere pubblica la sentenza, dal secondo comma, che impone al cancelliere di dare atto del deposito, perché senza attestazione del cancelliere non può configurarsi la pubblicazione della sentenza (così anche Cass. Civ., sez. I, 22.03.2007, n. 6991).
Ne consegue che, prima della pubblicazione, il giudice deve applicare le norme sopravvenute alla deliberazione (cfr. anche Cass. Civ., sez. I, 10.12.2014, n. 26066;Cass. Civ., sez. I, 09.05.2000, n. 5855).