Con la sent. 2773/2017 la Corte di Cassazione dà seguito ad un proprio, già consolidato, orientamento, alla luce del quale debbono qualificarsi quali “atti di frode”, compiuti a discapito dei creditori, (i) non soltanto quelli “scoperti”, poiché del tutto ignoti nella loro materialità, al momento del deposito della proposta, ma anche (ii) i fatti non adeguatamente e compiutamente esposti in sede di proposta concordataria che, pertanto, si siano “svelati” nella loro interezza, soltanto in un momento successivo (cfr. Cass.9050/2014; 17191/2014;24288/2016).
Nel caso in esame, il commissario giudiziale di un concordato preventivo, presentato da una società di capitali, faceva rilevare atti depauperativi compiuti dal debitore ante presentazione del ricorso ed individuabili a) nella riduzione del capitale sociale e b) nella cessione di un ramo di azienda.
Il Collegio osserva che l’onere del debitore non viene soddisfatto dalla mera rappresentazione dei suddetti fatti al ceto creditorio dovendosi, piuttosto, ritenere necessaria un’attività informativa precisa ed esaustiva con riferimento ai medesimi. Nel caso in esame il debitore avrebbe, pertanto, dovuto fornire maggiori informazioni circa a) l’atto in conseguenza del quale si era pervenuti alla riduzione della consistenza patrimoniale e b) le modalità di cessione di azienda, peraltro oggetto di scambio con un credito di rimborso in favore di un socio recedente.