La Suprema Corte (Pres. Magda, Rel. Abete), con sentenza n. 20059 del 22 luglio 2024, si è pronunciata in ordine ai requisiti di indipendenza e terzietà dell’attestatore, accogliendo il ricorso proposto da una società per azioni, creditrice dissenziente, che si era opposta all’omologazione di un concordato preventivo, e che si era vista – dapprima – negare l’opposizione dal Tribunale competente e – successivamente – respingere il reclamo dalla Corte d’Appello di Roma.
Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione ha stabilito che “il combinato disposto dell’art. 67, 3 co., lett. d), L. Fall. e dell’art. 2399 cod. civ., debitamente inteso nella sua strutturazione “cumulativa” nonché in chiave logica e teleologica, depone nel senso che costituisce ipotesi ex lege sintomatica di insussistenza di indipendenza quella integrata da un qualsivoglia rapporto, sia di durata, sia destinato a definirsi nel tempo di compimento della prestazione d’opera autonoma (art. 2230 cod. civ.), intrattenuto con l’imprenditore, che insta per l’ammissione al concordato”.
La Suprema Corte ha poi precisato che ciò vale sia se il rapporto è in essere alla data della proposizione della domanda di concordato, sia se esso si è esaurito in epoca precedente “purché, in tal ultima evenienza, il rapporto di durata ovvero di prestazione d’opera autonoma si sia svolto nel quinquennio antecedente alla data in cui il professionista sia stato officiato per la redazione della relazione di cui al 3 co. dell’art. 161 L. Fall.”.
Nel caso in esame, in particolare, la società creditrice sosteneva l’insussistenza dei requisiti di indipendenza e terzietà in capo all’attestatore che aveva redatto la relazione ex art. 161, 3 co., L. Fall., siccome il medesimo professionista aveva espletato – per la società ammessa a concordato – l’incarico “di redigere e giurare perizia relativa alla valutazione dei crediti commerciali vantati dalla società stessa, (…) oggetto di conferimento in una costituenda società di capitali”.