La Cassazione (sentenza n. 16294 del 25 settembre 2012) ha riaffermato il principio secondo cui il danno cagionato dal compimento di atti di concorrenza sleale non deve ritenersi in re ipsa ma, essendo conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, richiede di essere autonomamente provato secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito.
Ne consegue che solo la dimostrazione dell’esistenza del danno consente il ricorso al criterio equitativo ai fini della liquidazione.