Con sentenza n. 9472 del 14 gennaio 2016, la Corte di Cassazione Penale ha confermato la condanna di un direttore di banca per concorso in riciclaggio, concretizzatosi nell’aver autorizzato operazioni sospette richieste dal cliente, omettendo viceversa di effettuare le segnalazione all’UIC.
Tali operazioni, sottolinea la Corte, costituivano indici sintomatici del dolo in quanto la situazione fattuale presentava “un significato inequivoco che imponeva all’agente una scelta consapevole: agire segnalando o, al contrario, omettere di intervenire consentendo così il perpetrarsi della condotta criminosa”.
Rispetto all’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio, la Corte ricorda come esso sia integrato dal dolo generico, che richiede la consapevolezza della provenienza delittuosa dell’oggetto del riciclaggio e la volontà di ostacolarne, con una condotta idonea, l’identificazione della provenienza e non richiede alcun riferimento a scopi di profitto o di lucro. Il reato può essere sorretto anche da un dolo eventuale che si configura in termini di rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza del denaro da delitto sicché, egli posto nell’alternativa se compiere o meno una determinata operazione, scelga consapevolmente di compierla.
Ciò detto, nel caso di specie la Corte ha riconosciuto quali indici sintomatici di tale componente volontaristica:
- l’anomalia delle operazioni connotate “da qualcosa di più del mero sospetto”,
- la posizione di direttore ricoperta dall’agente,
- le competenze in materia bancaria e
- la specificità della normativa violata, diretta ad evitare il riciclaggio di denaro.
Circostanze tutte che imponevano all’imputato, riconosciute le operazioni come anomale, di astenersi dal compierle, sicché la scelta attiva di autorizzarle, omettendo le segnalazioni, ha costituito l’esito di un processo decisionale autonomo con accettazione del rischio che si attuasse il riciclaggio.