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Attualità

Conferimenti dell’intera stabile organizzazione italiana e tassazione dei plusvalori latenti sulle partecipazioni scambiate

5 Gennaio 2021

Riccardo Michelutti e Francesco Capitta, Facchini Rossi Michelutti Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

La disciplina fiscale dei conferimenti tra società residenti in Stati diversi dell’UE, prevista dalla Direttiva 2009/133/CE,[1] è recepita in Italia degli artt. 178-181 del TUIR. La finalità della disciplina armonizzata è di garantire alle operazioni straordinarie che interessano società di diversi Stati membri UE condizioni analoghe a quelle di un mercato interno.

La richiamata normativa interna di recepimento della disciplina UE distingue due fattispecie:

  1. i conferimenti di azienda o di rami d’azienda tra società residenti in Stati diversi della UE, sempre che uno dei due sia residente nel territorio dello Stato [art. 178, comma 1, lett. c), del TUIR];
  2. i conferimenti tra società residenti in Stati diversi della UE aventi ad oggetto una stabile organizzazione nel territorio dello Stato [art. 178, comma 1, lett. d), del TUIR].

Con la risposta n. 633 del 31 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate si è occupata del trattamento fiscale relativo ad un conferimento di una stabile organizzazione situata in Italia da parte di una società non residente in favore di una società residente in un altro paese UE, confermando l’interpretazione già fornita in merito al diverso caso del conferimento di una stabile organizzazione in Italia in favore di una società residente (risoluzione n. 63/E del 9 agosto 2018).[2]

Il caso esaminato, che rientra sotto il profilo soggettivo e oggettivo nell’ambito di applicazione del regime fiscale delle operazioni straordinarie intra-UE, va ricondotto tra le fattispecie di cui all’art. 178, comma 1, lett. d), del TUIR, ossia tra le “operazioni indicate nelle lettere precedenti (che comprendono i conferimenti d’azienda ai sensi della lett. c) dello stesso comma, n.d.r.) tra soggetti di cui alla lettera a) non residenti nel territorio dello Stato, con riguardo alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato oggetto delle operazioni stesse”.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, le operazioni di conferimento tra soggetti non residenti ricadono nel regime di neutralità fiscale di cui all’art. 176 del TUIR, richiamato dall’art. 179, comma 2, primo periodo con riguardo ai soli conferimenti di cui all’art. 178, comma 1, lett. c), cioè quelli in cui il conferente o il conferitario sono società residenti in Italia.

Inoltre, poiché lo stesso art. 179 non reca alcuna disciplina in merito alle partecipazioni ricevute dalla società conferente a fronte del conferimento, viene ritenuto applicabile nel caso di specie l’art. 176, comma 4, del TUIR (che richiama anche le operazioni di cui all’art. 178 del TUIR in regime di neutralità fiscale) – secondo cui le partecipazioni ricevute in esito ad un conferimento si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita – con la conseguente necessità che la conferente iscriva le partecipazioni nel proprio bilancio e che il valore fiscale sia il medesimo del ramo d’azienda conferito.

Nel caso di conferimento di una stabile organizzazione italiana, la neutralità fiscale del conferimento sarebbe quindi subordinata alla condizione che la partecipazione nella conferitaria confluisca nella contabilità della stabile organizzazione della società conferente. Qualora ciò non avvenga, perché le partecipazioni ricevute a fronte del conferimento sono attribuite direttamente alla casa madre estera, tali partecipazioni si considerano realizzate al valore normale quale ultimo atto della stabile organizzazione.

Tale conclusione è, secondo l’Agenzia delle Entrate, in linea con la qualificazione della stabile organizzazione come entità funzionalmente separata, recepita dall’art. 152, comma 2, del TUIR e con le indicazioni del Commentario OCSE all’art. 13 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni (cfr., sul punto, anche la risoluzione n. 63-2018). La tesi dell’Agenzia delle Entrate comporta che, in caso di conferimento dell’intera stabile organizzazione, poiché la stabile organizzazione italiana del conferente cessa la propria attività (dato che il conferimento ha ad oggetto la totalità dei beni della stabile) e la partecipazione ricevuta a fronte del conferimento non costituisce di per sé una stabile organizzazione, si verifica sempre il realizzo della partecipazione al valore normale.

Limitatamente ai conferimenti intracomunitari, tuttavia, l’affermazione secondo cui le partecipazioni ricevute a fronte del conferimento si considerano realizzate al valore normale dal conferente non residente salvo che confluiscano in una stabile organizzazione in Italia appare contraria alla finalità ed alla lettera della Direttiva 2009/133/CE. La finalità della direttiva è di consentire il conferimento intracomunitario in continuità di valori fiscali senza tassazione delle plusvalenze maturate, pur tutelando l’interesse degli Stati coinvolti a conservare inalterato il proprio diritto impositivo [cfr. il considerando n. 7) della direttiva][3].

Nella misura in cui gli elementi patrimoniali oggetto del conferimento confluiscono in una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, la potestà impositiva dell’Italia non viene affatto ridotta rispetto alla situazione preesistente, potendo essere esercitata sui beni confluiti nella stabile organizzazione della società conferitaria. Invece, la tassazione delle partecipazioni ricevute dal conferente a fronte del conferimento non può trovare giustificazione nel principio della salvaguardia della potestà impositiva dello Stato in cui si trova la stabile organizzazione, atteso che tali partecipazioni vengono in essere solo con il conferimento. Alla luce del combinato disposto dell’art. 10, comma 1, primo e terzo periodo, della Direttiva 2009/133/CE[4], lo Stato membro in cui si trova la stabile organizzazione deve astenersi da qualunque imposizione non espressamente consentita, non solo sui beni di primo grado, ma anche sulle partecipazioni.[5]

La conclusione cui perviene l’Agenzia delle Entrate, che fonda la propria tesi sul disposto dell’art. 176, comma 4, del TUIR – il quale attiene alla determinazione del valore fiscale da attribuire alle partecipazioni rivenienti dal conferimento e non già al regime fiscale da applicare alle partecipazioni stesse – finisce quindi per attribuire allo Stato della stabile organizzazione che costituisce l’oggetto del conferimento una potestà impositiva sulle partecipazioni, che nascono per effetto dell’operazione in capo al soggetto conferente non residente, che non appare compatibile con la Direttiva.[6]

A ben vedere, tale considerazione trova supporto anche nella sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 dicembre 2012, causa C-207/11, 3D I Srl, la quale, nel rilevare che la Direttiva 90/434/CEE non disciplina il valore fiscale che deve essere attribuito alle partecipazioni rivenienti dal conferimento secondo la legislazione degli Stati membri, ha statuito che “essa lascia a questi ultimi (…) un margine di manovra che consente loro di subordinare o meno la neutralità fiscale di cui beneficia la società conferente a determinate condizioni di valutazione dei titoli ricevuti in contropartita, come ad esempio la continuità dei valori fiscali, purché tali condizioni non portino al risultato che l’attribuzione di detti titoli in occasione del conferimento d’attivo generi di per sé stessa un’imposizione delle plusvalenze inerenti ai titoli stessi” (sottolineatura aggiunta).[7]

Alle medesime conclusioni, inoltre, deve pervenirsi qualora oggetto del conferimento sia un ramo d’azienda della stabile organizzazione e non l’intera stabile organizzazione e le partecipazioni rivenienti dal conferimento siano funzionalmente attribuite alla casa madre estera e non già alla stabile organizzazione italiana.[8]

Da ultimo, si ritiene che la tassazione dei plusvalori latenti sulle partecipazioni rivenienti dal conferimento non trovi invece ostacolo nei conferimenti della stabile organizzazione italiana non rientranti nella Direttiva 2009/133/CE, ma disciplinati dall’art. 176, comma 2, del TUIR[9], dato che tale norma presuppone il mantenimento della partecipazione nell’ambito dei beni di impresa in Italia.

 

[1] Con la Direttiva 2009/133/CE sono state codificate le disposizioni della Direttiva 90/434/CEE a seguito di diverse e sostanziali modifiche intervenute nel corso degli anni.

[2] A commento della risoluzione n. 63-2018, cfr. M. DIMONTE – M. GUSMEROLI, Piena neutralità solo per i conferimenti parziali, in Il Sole 24 ore, 25 agosto 2018; P. ARGINELLI – P. VALACCA, Brevi note in tema di conferimento d’azienda in società residente da parte di stabile organizzazione di società UE, in Riv. Dir. Trib., supplemento online, 1° ottobre 2018; M. PIAZZA, Conferimento di stabile organizzazione italiana in società residente, in Postilla, 5 novembre 2018; A. FUCCIO – R. VILLA, Spunti critici sul regime fiscale applicabile al conferimento di azienda effettuato da “stabile organizzazione” italiana, in Riv. Dir. Trib, supplemento online, 12 novembre 2018; G. ROLLE, Conferimento di stabile organizzazione e tassazione delle partecipazioni tra norme UE e interpretazione nazionale, in Fisc. e Comm. Int., 2019, n. 10, pagg. 47 e ss.; L. MIELE, Conferimento di stabile organizzazione italiana e fiscalità delle partecipazioni, in Corr. Trib., 2020, n. 5, pagg. 422 e ss.

[3] Ai sensi del considerando n. 7 della Direttiva 2009/133/CE: “Il sistema di riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti, fino alla loro effettiva realizzazione, applicato ai beni inerenti a detto stabilimento permanente, consente di evitare un’imposizione delle plusvalenze corrispondenti, pur garantendo la loro successiva imposizione da parte dello Stato membro della società conferente, all’atto della loro realizzazione”.

[4] Al riguardo, con la Direttiva 2005/19/CE – partendo dalla constatazione che “sussiste qualche dubbio circa l’applicazione della direttiva 90/434/CEE alla trasformazione di filiali in consociate. In queste circostanze, l’attivo collegato a una stabile organizzazione e che costituisce un «ramo di attività», ai sensi dell’articolo 2, lettera i), della direttiva 90/434/CEE, viene trasferito a una società appena costituita, che diventa una consociata della società conferente. Occorrerebbe quindi precisare che la direttiva copre il conferimento d’attivo da una società di uno Stato membro, sotto forma di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, a una società di quest’ultimo” (considerando n. 14) – è stato chiarito che il conferimento dell’intera stabile organizzazione o di un ramo di essa in favore di una società residente nel medesimo paese della stabile rientra nel regime di neutralità fiscale previsto dalla direttiva 90/434/CEE, aggiungendo a tal fine il quarto periodo all’art. 10 di tale ultima direttiva in base al quale “le presenti disposizioni si applicano anche qualora la stabile organizzazione si trovi nello Stato membro in cui è residente la società beneficiaria”.  Per completezza, si rileva che l’Italia ha ritenuto di non dover modificare le norme interne in quanto tale fattispecie “doveva ritenersi già implicitamente ricompresa nella lett. c) del comma 1, dell’art. 178 del TUIR” (relazione illustrativa del D.Lgs. n. 199/2007, che recepisce le modifiche della Direttiva 2005/19/CE).

[5] Sul punto, cfr. la circolare Assonime n. 51-2008.  In particolare, Assonime osserva che, per i conferimenti di aziende site in Italia da parte di soggetti UE, l’art. 2, comma 2, del previgente D.Lgs. n. 544/1992 sanciva una completa neutralità, anche laddove il conferente cessasse ogni attività di impresa in Italia per effetto del conferimento, (circolare n. 51-2008, pag. 22). Secondo Assonime, alle medesime conclusioni si addiviene, a seguito della riforma Tremonti, per effetto dell’applicazione del regime della participation exemption che originariamente prevedeva l’esenzione integrale, atteso che “era dunque possibile realizzare il conferimento dell’azienda in neutralità e trasferire le partecipazioni ricevute nella sfera privata del soggetto UE (per poi cederle eventualmente a terzi) nel regime di integrale esenzione allora previsto dall’art. 87 del TUIR” (circolare n. 51-2008, pag. 22).  Tuttavia, a seguito delle modifiche al regime della participation exemption, che in luogo della detassazione integrale prevedono ora un concorso alla formazione del reddito imponibile del 5% della plusvalenza, Assonime ritiene che la disciplina interna dei conferimenti intracomunitari non risulti del tutto allineata con la Direttiva 90/434/CEE, atteso che tale prelievo “potrebbe risultare in antitesi con il principio di totale detassazione dei disinvestimenti d’impresa effettuati da soggetti UE”, con possibili “ricadute di natura contenziosa che potrebbero scaturire dall’eventuale contrasto tra la disciplina interna e la Direttiva 90/434/CEE” (circolare n. 51-2008, pag. 23).  Si veda al riguardo anche M. LEO, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 2020, pag. 2722, secondo cui “la piena salvaguardia del principio di neutralità fiscale richiederebbe altresì che il non residente, il quale a seguito del conferimento interrompesse le proprie attività d‘impresa in Italia o non collocasse comunque la partecipazione ricevuta in una propria stabile organizzazione italiana, non abbia a subire imposizioni per tale sua decisione”.

[6] In tal senso, si veda la proposta della Commissione europea di modifica della Direttiva 90/434/CEE contenuta nel documento COM(2003) 613 definitivo del 17 ottobre 2003, da cui è originata la Direttiva 2005/19/CE del 17 febbraio 2005. In particolare, nel paragrafo 26 viene affermato che: “I conferimenti d’attivo possono comportare una duplice imposizione. La società che trasferisce un ramo di attività riceve in cambio titoli dalla società beneficiaria. La direttiva non prevede norme per la valutazione dei titoli acquisiti in questo modo. Alcune legislazioni nazionali obbligano la società conferente a calcolare le plusvalenze sul successivo trasferimento dei titoli ricevuti in base al valore contabile che l’attivo conferito aveva prima del conferimento. A norma dell’articolo 4, paragrafo 2, inoltre, la società beneficiaria del conferimento deve calcolare i nuovi ammortamenti e le plusvalenze o le perdite inerenti agli elementi d’attivo e di passivo trasferiti in base al valore di prima del trasferimento. In questi casi, lo stesso valore viene usato due volte per scopi fiscali, per cui la stessa plusvalenza derivante dall’attivo trasferito viene attribuita a due contribuenti diversi e tassata due volte. Questa duplice imposizione è quindi ascrivibile allo Stato membro della società conferente, il quale tassa il reddito e le plusvalenze ottenuti dalla stabile organizzazione beneficiaria del conferimento e può tassare anche le plusvalenze ottenute dalla società conferente al momento del successivo trasferimento dei titoli ricevuti in cambio dell’attivo conferito. Questa imposizione non è giustificata da alcun motivo obiettivo. In caso di frode fiscale, tuttavia, l’articolo 11, paragrafo 1 della direttiva consente agli Stati membri di rifiutarne il beneficio.” (sottolineatura aggiunta).

[7] Punto 30 della sentenza. Per alcune notazioni critiche alla richiamata sentenza, si veda R. MICHELUTTI, Note critiche sulla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012 relativa al previgente regime fiscale in Italia dei conferimenti di attivo intracomunitari, in Riv. Dir. Trib., n. 12-2012, p. 115. La sentenza è invece valorizzata a favore della tesi dell’Agenzia delle Entrate da P. ARGINELLI – P. VALACCA, op. cit., secondo i quali “l’integrale tassazione della plusvalenza non pare confliggere con la Direttiva 2009/133/CE del 19 ottobre 2009, la quale nulla dispone in merito a tale aspetto, lasciando agli Stati Membri la possibilità di precisare le condizioni alle quali subordinare il rinvio dell’imposizione, in capo alla conferente, sui titoli ricevuti per effetto del conferimento”. Tuttavia, si ritiene che la sentenza non intenda consentire tout court la tassazione dei plusvalori delle partecipazioni rivenienti dal conferimento, ma si limiti a sostenere che gli Stati membri possano prevedere determinate condizioni per la neutralità fiscale del conferimento (quale ad esempio la continuità dei valori), purché non ne derivi un’imposizione dei suddetti plusvalori.  Inoltre, non si condivide l’affermazione degli Autori secondo cui la tassazione della plusvalenza sulle partecipazioni rivenienti dal conferimento garantisce equivalenza tra il trattamento delle stabili organizzazioni e quello delle società residenti che assegnino ai propri soci le partecipazioni nel capitale della conferitaria ricevute per effetto del conferimento. In realtà, nel caso di conferimento dell’intera stabile organizzazione, la società non residente sconterebbe la tassazione automaticamente in esito al conferimento non potendo configurarsi una stabile organizzazione con la sola partecipazione riveniente dal conferimento, mentre la società residente che conferisce l’intera azienda differirebbe la tassazione delle plusvalenze latenti sulle partecipazioni fino al momento dell’effettivo realizzo (cfr. anche M. GUSMEROLI, The conversion of a branch into a subsidiary under the EC Merger Directive: still “rarely pure and never simple”, in European Taxation, December 2009, pag. 570 e, dello stesso autore, L’attuazione in Italia delle modifiche del 2005 della Direttiva Fusioni – Parte III, in Boll. Trib., 2009, 10, pag. 767; L. BELLUZZO – E. VIAL, La “trasformazione” della stabile organizzazione in società di capitali, in Fisc. Int., 2010, 5, pagg. 364 e segg.).

[8] Cfr. G. ROLLE, op. cit., pp. 47 e ss..

[9] Che così dispone: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato.”

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