Con la nota di Banca d’Italia n. 15 del 4 ottobre 2021, si è data attuazione agli Orientamenti dell’Autorità bancaria europea, sui fattori di rischio per l’adeguata verifica della clientela del 1° marzo 2021 (EBA/GL/2021/02)[1]. Gli stessi rappresentano la posizione dell’Europa in merito alle prassi di vigilanza a fini antiriciclaggio[2].
Per espressa previsione contenuta nella nota n. 15, si applicano a partire dal 26 ottobre 2021 a tutti i soggetti che risultano essere destinatari delle Disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela del 30 luglio 2019, tra i quali figurano certamente i Confidi ex art. 106 del T.U.B., integrando il quadro normativo nazionale contro il fenomeno di riciclaggio di denaro sporco e di finanziamento del terrorismo[3].
Gli Orientamenti –soprattutto quelli di cui al Titolo II– realizzano quanto contenuto nelle Disposizioni in materia di organizzazione, procedure e controlli interni antiriciclaggio del 26 marzo 2019. Infatti, la Parte VII, Sezione I, ultimo periodo, delle Disposizioni in parola, poneva in campo alla Banca d’Italia il compito di fornire indicazioni più dettagliate per l’esercizio di autovalutazione dei rischi di riciclaggio, in relazione a singole tipologie di intermediario. Compito dichiarato come espletato dall’Authority, attraverso il recepimento degli Orientamenti in discorso[4].
Il documento in esame risulta strutturato in tre parti: la prima è una sorta di preambolo su natura e applicazione; la seconda, costituita dal Titolo I “Orientamenti generali” (da numeri 1 a 7), è di portata generale, applicandosi a tutti gli enti creditizi e/o finanziari; la terza, formata dal Titolo II “Orientamenti settoriali specifici” (da numeri 8 a 20), è di portata particolare ma necessita di essere analizzata congiuntamente con la precedente[5].
Con riferimento al Titolo I, essendo ad ampio spettro, sarebbe da verificare la possibilità di estrarre alcuni criteri e casistiche utili ai Confidi ex art. 106 del T.U.B.
Invero, per l’Orientamento 1, sui principi fondamentali di valutazione del rischio, rileverebbe, prima facie, il concetto di coscienza dei propri rischi ML/TF e di aggiornamento della valutazione complessiva degli stessi; infatti, viene richiesto di definire, per ogni anno civile, la data in cui avrà luogo il successivo aggiornamento della valutazione del rischio che dovrebbe essere connesso alla propria area di attività (cfr. da 1.6 a 1.15) ovvero di poter effettuare la revisione, all’occorrenza, prima di tale data (es.: comparsa di un nuovo fattore). Il tutto considerando che tale attività non deve essere “preconfezionata” ma adattata al business model dell’intermediario.
Viene, altresì, ribadito il principio di proporzionalità (cfr. 1.16), ai sensi del quale chi non offre prodotti o servizi di natura complessa ed è caratterizzato da un’esposizione limitata o puramente nazionale, potrebbe non necessitare di una valutazione del rischio troppo sofisticata. Tale esplicazione pare attanagliarsi particolarmente al caso dei Confidi ex art. 106 del T.U.B. e alla loro attività prevalente (rectius la garanzia collettiva dei fidi)[6].
L’Orientamento 2, rubricato “Individuazione dei fattori di rischio di ML/TF” –che tocca rischi connessi principalmente al cliente e al suo comportamento, a paesi e aree geografiche, a prodotti/servizi/operazioni, canali di distribuzione– non mostrerebbe, invece, particolari elementi innovativi.
Circa l’Orientamento 3, che prende in considerazione la valutazione del rischio, appare interessante il concetto dello sviluppo di una visione complessiva con ponderazione che deve essere “bilanciata” dei fattori di rischio[7] e quello della categorizzazione dei rischi, con possibilità di classificazioni aggiuntive a quelle tipiche (alto, medio, basso).
Ai sensi dell’Orientamento 4, sulle misure di adeguata verifica della clientela da applicare, bisognerebbe compiere uno sforzo per stabilire più adeguatamente chi sia da considerare cliente e, se del caso, titolare effettivo per ogni tipologia di cliente e categoria di prodotti e servizi. Andrebbe, altresì, stabilito cosa concretamente si intenda per operazione occasionale nel contesto delle attività prestate e in quali circostanze una serie di operazioni equivalga a un rapporto continuativo anziché ad un’operazione occasionale. Peraltro, sarebbe da valutare un allargamento, ai fini dell’individuazione del titolare effettivo, del concetto di controllo, intendendosi anche quello eventualmente esercitato attraverso strette relazioni familiari o legami storici ovvero, in taluni casi, giungere a individuare quali titolari effettivi i dirigenti di alto livello del cliente. Andrebbe, infine, considerata la messa in atto di politiche e procedure appropriate e in funzione del rischio per evitare che una sterile applicazione delle misure di adeguata verifica si traduca nel rifiutare ingiustamente a clienti, che ne avrebbero diritto, l’accesso a servizi finanziari (c.d. de-risking[8]).
L’Orientamento 5, sulla tenuta della documentazione, non pare aggiungere innovazioni, preoccupandosi sostanzialmente del fatto che gli intermediari siano in grado di dimostrare l’adeguatezza delle misure adottate per presidiare il rischio ML/TF.
Per l’Orientamento 6, sono di fondamentale pregnanza gli aspetti informativi e formativi e di reale comprensione del personale coinvolto negli adempimenti antiriciclaggio[9].
Avendo riguardo all’Orientamento 7, sulla revisione dell’efficacia delle metodologie di contrasto al fenomeno ML/TF, rileva il valutare regolarmente l’efficacia del proprio approccio a presidio di tale rischio con eventuale pronta revisione dello stesso.
L’aspetto parrebbe risolto tramite la conduzione dell’esercizio di autovalutazione già prevista dalla Parte VII, delle Disposizioni in materia di organizzazione, procedure e controlli interni antiriciclaggio del 26 marzo 2019.
Passando all’esame degli Orientamenti settoriali specifici individuati dal Titolo II, non essendo espressamente presente uno sui rapporti di garanzia, tipici dei Confidi ex art. 106 del T.U.B.[10], andrebbe valutato quale tra quelli sussistenti possa applicarsi analogicamente all’attività di quest’ultimo[11].
Va vagliato, ad esempio, l’Orientamento 9, sulle attività di retail banking, atteso che con tale espressione si intende l’erogazione di servizi bancari a persone fisiche e alle imprese di piccole e medie dimensioni. I Confidi ex art. 106 del T.U.B. hanno come bacino naturale di utenza le PMI.
Tra gli esempi di prodotti e servizi di retail banking si annoverano conti correnti, mutui, conti di risparmio, crediti al consumo e prestiti a scadenza, nonché linee di credito[12].
Alcuni concetti contenuti in tale Orientamento sembrano, prima facie, utili soprattutto come contributo alla riduzione del rischio con i seguenti casi: un prodotto le cui prestazioni non possono essere erogate a favore di un terzo oppure quello che può essere detenuto solo da alcune categorie di clienti o ancora operazioni che devono essere svolte per mezzo di un conto intestato al cliente presso un ente creditizio o un istituto finanziario soggetto a obblighi di antiriciclaggio di livello analogo a quelli previsti dalla direttiva (UE) 2015/849, etc. Aspetti questi pertinenti con le attività dei Confidi.
Inoltre, va considerato l’Orientamento 20, sui servizi di corporate finance, atteso che si riferisce all’attività di consulenza diretta all’analisi della situazione e delle strategie di un’impresa, all’individuazione delle fonti di reddito e di possibili finanziatori e alla corretta gestione dei finanziamenti ottenuti. Attività che, in qualche modo e di fatto, la maggior parte dei Confidi ex art. 106 del T.U.B. effettua in favore delle PMI associate.
Al riguardo, interessanti spunti sono forniti sulle misure rafforzate di adeguata verifica della clientela (cfr. 20.7) come il valutare l’integrità di amministratori, azionisti e altri soggetti significativamente coinvolti nell’attività del cliente e nell’operazione ovvero effettuare verifiche aggiuntive sulla situazione finanziaria del cliente. Sarebbe, a tale scopo, possibile ricorrere anche a prove non documentali, quali incontri con soggetti affidabili che conoscono il cliente (es.: banchieri, revisori o consulenti legali). Ovviamente, si dovrà poi considerare se e in che modo siano utili a comprovare la correttezza delle dichiarazioni rese su situazioni personali e finanziarie[13].
Ciò posto, i ragionamenti sopra esposti, senza pretesa di esaustività, dovrebbero tradursi in eventuali modifiche di Manuale e Policy antiriciclaggio, soprattutto nella direzione dell’integrazione ovvero della specificazione di aspetti probabilmente già presenti in tali fonti normative interne all’intermediario.
[1]) Gli Orientamenti dell’EBA rappresentano una revisione di quelli emanati congiuntamente dalle Autorità di vigilanza europee nel 2017, recepiti in Italia con le Disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela del 30 luglio 2019.
[2]) L’Autorità –ex art. 26 del Regolamento UE n. 1093/2010– contribuisce a creare una cultura comune e prassi uniformi in materia di vigilanza all’interno dell’Unione Europea, assicurando, altresì, l’uniformità delle procedure e la coerenza di approcci metodologici.
[3]) Gli intermediari devono, perciò, compiere il massimo sforzo di adeguamento agli Orientamenti EBA, ex art. 16 Regolamento UE n. 1093/2010.
[4]) Posto che è possibile affermare che i Confidi 106 siano una peculiare tipologia di intermediario, è auspicabile –attesa la mancanza di un Orientamento specifico ex Titolo II– che gli stessi siano destinatari di indicazioni ulteriori e particolareggiate, al fine di condurre in modo corretto, efficiente ed efficace l’esercizio di autovalutazione. Ciò anche in virtù della scelta normativa –le cui motivazioni non parrebbero del tutto chiare– di dispensare il Confidi c.d. minore da tale obbligo che, con riferimento all’attività istituzionale, rilascia, al sistema bancario e analogamente al Confidi 106, la garanzia collettiva dei fidi.
[5]) Sul tema si veda anche G. Estrafallaces, Gli Orientamenti EBA sull’adeguata verifica e sui fattori di rischio: i profili generali, in dirittobancario.it, 1° aprile 2021, https://www.dirittobancario.it/art/gli-orientamenti-eba-sull-adeguata-verifica-e-sui-fattori-di-rischio-i-profili-generali/.
[6]) Probabilmente anche in considerazione del fatto che non sussiste un Orientamento settoriale specifico.
[7]) La ponderazione non deve essere influenzata da un unico fattore ovvero essere tale per cui risulti impossibile classificare un rapporto a rischio alto ovvero prevalere su disposizioni normative che considerano alcune situazioni sempre a rischio alto (es. il caso del cliente “Persona Politicamente Esposta”).
[8]) Di fatto, è un fenomeno consistente nella limitazione o nell’interruzione di rapporti finanziari con intere categorie di clienti, allo scopo di eliminare totalmente, anziché gestire, i connessi rischi di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo.
[9]) Parrebbe adeguato il prevedere corsi di formazione, su base periodica almeno annuale, con programmi finalizzati alla corretta applicazione della legge antiriciclaggio, al riconoscimento di operazioni sospette e alla conoscenza delle procedure interne antiriciclaggio. Per garantire l’effettiva consapevolezza del personale, sembrerebbe utile prevedere corsi formativi con prova finale.
[10]) Al riguardo va osservato e valorizzato che i medesi obblighi antiriciclaggio dei Confidi, sono in parallelo svolti dalle Banche, realizzando un presidio “a doppia lente di ingrandimento” sul rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Un controllo che, ad avviso di chi scrive, sarebbe di fatto definibile come “oggettivamente rafforzato” o “rafforzato per natura”, investendo un medesimo soggetto cliente, al fine di instaurare due rapporti tra loro indissolubilmente legati: principale (fido) e accessorio (garanzia).
[11]) Ciò anche in considerazione del fatto che stanno ampliando sempre più il loro raggio d’azione, occupandosi, in aggiunta alla garanzia collettiva fidi, di attività accessorie, garanzie fideiussorie nei confronti del pubblico e finanziamenti alle PMI.
[12]) Anche come sottocategoria di linea di credito di firma, tra cui rientrerebbero le garanzie.
[13]) Quando si utilizzano prove non documentali di questa tipologia, è opportuno redigere un verbale dell’incontro e tenere un “registro” nel quale annotare le motivazioni alla base delle decisioni prese.