Nel caso di specie, un imprenditore dietro minaccia di licenziamento o trasferimento in zone disagiate costringeva i lavoratori a percepire uno stipendio più basso di quello risultante in busta paga, a lavorare più ore e a rinunciare alla quattordicesima e utilizzava poi le somme così risparmiate per pagare provvigioni o altri benefit aziendali in nero.
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione afferma come l’impiego delle somme sottratte ai lavoratori per altri fini integra una condotta di reimmissione dei fondi illeciti nel circuito aziendale, concretamente ed efficacemente elusiva dell’identificazione della provenienza delittuosa della provvista e quindi idonea a configurare il reato di autoriciclaggio, delitto per il quale risponde anche la società in base al D. Lgs 231/2001.
Per il reato di auto riciclaggio risponde anche la società per cui è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
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